Crisi del libro, Baldocchi: “A Lucca serve ricostruire una comunità culturale”

L’ex insegnante di storia e filosofia al liceo Vallisneri: “Senza un’attenzione alle plurime identità del territorio altre librerie chiuderanno, è inevitabile”
Crisi del libro e chiusura delle librerie, la riflessione di Umberto Baldocchi, già insegnante di storia e filosofia al liceo Vallisneri.
“Perché è un fatto molto preoccupante – e non solo una sfida – la chiusura delle librerie, a Lucca o altrove? Credo che bisogni considerare due piani diversi, quello generale e quello locale – spiega -. Sul piano generale. Le persone, grazie anche ai condizionamenti dei social, oggi scrivono molto, ma leggono sempre meno, e ancor meno comprano libri. Leggere un libro significa dare corpo alle parole, dialogare, con gli altri o con se stesso, confrontarsi, cercare di capire le cose nuove. A questo soprattutto serve o serviva la parola, parlata o scritta. Ma per molti oggi, nell’epoca della parola disincarnata, la parola diventata freddo numero o algoritmo, leggere significa oggi qualcosa di molto diverso rispetto al passato, anche recente”.
“Facciamo un esempio, credo emblematico. Chi oggi legge il noto libro del generale Vannacci vuole in realtà soprattutto trovare conferma a idee che già possiede. Non ha alcuna intenzione di dialogare o di aprirsi al confronto – prosegue -. La lettura finisce per essere una operazione narcisistica. La cosa credo non vada molto diversamente per posizioni politiche diverse. Ognuno, a prescindere dalla collocazione politica, legge ormai prevalentemente per trovare conferme e identificazioni. Leggere libri e comprarli allora che senso ha? Diviene una operazione intercambiabile, da sostituire con altro, magari molto più economico, la chat in primo luogo. Non può esser diversamente se neppure la scuola è più una comunità di discussone e di vita, un ‘convivio’, ma spesso si riduce a una comunità di addestramento e di costruzione di competenze da spendere nel futuro lavoro”.
“Ma fuori della scuola? Le altre istituzioni possono fare qualcosa? E qui veniamo al problema locale. Leggere libri ha ancora un senso laddove esiste una comunità che si incontra, che scopre di avere problemi in comune e così via – va avanti -. Se non è la scuola potrebbe essere allora la politica culturale che incentiva la comunità, che la fa esistere come tale e che crea occasioni di vero confronto. Nella lucchesia ci sono piccole o piccolissime comunità vivacissime che, nel piccolo, riescono a costruire voglia di dialogo e di confronto, valorizzando tematiche locali che accomunano e interessano le persone o riscoprendo tradizioni locali, e aprendo addirittura biblioteche o librerie in piccoli paesini di montagna. È questa comunità ideale e materiale dà senso al confronto e quindi alla lettura ed al libro”.
“A Lucca, è noto, esistono importanti e anche spettacolari iniziative culturali che assorbono investimenti e ovviamente producono reddito. Purtroppo esse non costruiscono comunità culturale – prosegue -. Né il Summer Festival, né la kermesse ormai internazionalmente rinomata e frequentatissima, vale a dire Lucca comics and games, ed anche la pur benemerita e più recente iniziativa Pianeta Terra Festival. Iniziative importanti, sicuramente utili, ma non capaci di creare comunità di confronto culturale permanente entro la comunità cittadina. La cosa incomprensibile o difficile da comprendere è che gli elementi su cui costruire comunità, cioè gli elementi di una identità culturale locale ( e potenzialmente aperta al globale) a Lucca sarebbero numerosissimi. Ma, a parte qualche eccezione marginale, la politica culturale non li valorizza e li trascura. Se si esclude Puccini (tardivamente riscoperto), ma sarebbe più utile parlare della tradizione musicale lucchese da Boccherini a Catalani, non sembra che questi elementi abbiano dato occasione per produrre mostre, musei permanenti organizzati con dovizia di mezzi e con strutture adeguate, festival a cadenza annuale, settimane di studio o proposte culturali ai cittadini lucchesi o alle scuole”.
“Mi riferisco ai grandi temi dell’identità lucchese e cioè alla grande tradizione migratoria dalle radici medioevali e dalla incredibile continuità storica e dai grandi valori culturali, al tema della campagna e della agricoltura contadina, strutturata sulla piccola proprietà familiare, caso anomalo nella Toscana, tema locale e globale quanti altri mai oggi, anche solo per le implicazioni ecologiche che esso contiene, alle tradizioni industriali in origine legate alla campagna, al tema della Chiesa e delle peculiarità del cristianesimo lucchese e delle sue figure straordinarie, nonché delle sue ‘ricadute’ sociali (società di beneficenza, assistenza agli orfani, educazione dei giovani ecc.) e infine alla complessiva plurisecolare vicenda della Lucca repubblicana che tanti secoli ha attraversato e le cui implicazioni civili dovrebbero essere parte di una memoria storica oggi, per esigenze pur comprensibili, centrata sugli eventi più recenti (soprattutto resistenziali) col rischio di dimenticare le radici profonde di una lunga e tormentata modernizzazione civile (potremmo citare le figure di Mons. Giovanni Guidiccioni con la sua coraggiosa denuncia della ‘oscura notte della repubblica’ nel XVI secolo, come quelle di Francesco Burlamacchi, Francesco Carrara o tanti altri ancora) – conclude -. Senza un’attenzione a queste plurime identità non si ricostruisce una comunità responsabile che ama leggere e che legge perché ama capire. Altre librerie chiuderanno, è inevitabile. Ci dovremo affidare forse a una intelligenza artificiale che leggerà per noi”.