L’educatore e il conflitto tra genitori e figli adolescenti

L’educatore professionale opera all’interno di vari contesti ponendosi come agente di cambiamento cercando, ove sia possibile, una ristrutturazione della situazione socio-ambientale e delle relazioni interpersonali che la connotano. Uno di questi contesti è quello familiare, in cui sono presenti figli adolescenti. Qui l’educatore può intervenire nel rapporto tra genitori e figli, laddove il conflitto arriva a livelli insostenibili per entrambi. Steinberg (1987) definisce il conflitto come quelle discussioni che superano la soglia di animosità prestabilita. Il conflitto tra le persone è inevitabile e quello tra genitori e figli spesso testimonia la difficoltà che i genitori incontrano nel riconoscere i reali bisogni dei figli e nel gestire le proprie reazioni di fronte alle loro richieste.
La particolarità dell’età in cui si trovano i figli adolescenti aumenta il rischio di conflitto, soprattutto quando i genitori si irrigidiscono e non sanno come reagire alle continue contestazioni, opposizioni e in alcuni casi, provocazioni dei figli. Il genitore spesso tende a reagire senza una tattica pedagogica e senza obiettivi, peggiorando ulteriormente la situazione e aumentando la distanza comunicativa con i propri figli. In età adolescenziale sovente i conflitti nascono perché i figli mettono in discussione i valori familiari(rispetto, onestà, fiducia), e non è sempre semplice e immediato capire se ciò accade per un processo di sviluppo di separazione/individuazione, fase fondamentale in adolescenza per il raggiungimento dell’autonomia, o più per un disagio individuale, familiare o sociale. Nella maggior parte dei casi i genitori non sono a conoscenza di quanto il conflitto sia importante per i propri figli, perché permette loro di confrontarsi ed acquisire abilità sociali quali la capacità di ascolto, la comunicazione, la negoziazione, che potranno condurli a conquiste individuali e relazionali significative ed indispensabili per la futura vita sociale. Ed è proprio in questi casi di conflitto che risulta importante la figura dell’educatore professionale, il quale cerca di costruire un’alleanza con i ragazzi/e al fine di condurli a rivedere l’effetto dei propri comportamenti, fungendo da specchio di modalità comunicative funzionali e disfunzionali, aiutandoli a riconoscere e utilizzare al meglio le proprie capacità di negoziazione con gli adulti. L’alleanza da parte dell’educatore deve essere costruita anche con i genitori, non nel senso di tradimento nei confronti dei figli, ma per aiutarli a comprendere le loro esigenze e richieste. In questo senso l’educatore aiuta i genitori a crearsi degli obiettivi ed una strategia educativa pensata, basata su interventi funzionali al rapporto con i propri figli; infatti una delle maggiori difficoltà dei genitori è quella di modificare le proprie azioni disfunzionali per paura di perdere potere o affetto. L’educatore guarda la situazione dal di fuori e media nel rapporto genitori-figli attraverso consigli pratici e interventi che facciano diminuire la tensione conflittuale e ridare equilibrio al rapporto; aiutando i figli a comunicare in maniera più fluida e comprensibile al genitore le proprie esigenze e i propri bisogni, e il genitore ad accogliere tale comunicazione senza preconcetti e ansie. L’educatore aiuta il genitore nella gestione del conflitto, lo porta fuori dalla visione dei metodi, come afferma Gordon, basati sul potere e sulla logica del vinci e perdi (io vinco – tu perdi, io perdo – tu vinci), portandolo a conoscenza di un terzo metodo basato sulla cooperazione, sul prendere decisioni democratiche, sulla logica del vincere insieme (io vinco – tu vinci), un metodo che parte dall’ipotesi di rinunciare alle lotte di potere. Le parti coinvolte devono collaborare per trovare una soluzione al conflitto che sia accettabile per tutti, senza costringere nessuno a subire il potere dell’altro.
dottor Omar Bonanni
educatore professionale e counselor