





Geografia e geometria (solida e liquida) per le strade della capitale spagnola
Stavolta sarò geometrico.
Immaginate un quadrilatero con 3 lati e mezzo di mare e 1/2 di montagne. Ora zoomate al centro, equidistanti da ogni mare; una città al centro del centro del quadrato e isolate un quadro di lettere con alle spalle il museo del Prado e il Parco del Retiro. Lasciateli pure alle vostre spalle mentre vi dirigete più o meno a dritto verso la “piazza maggiore” della città, a pianta Rettangolare. Fatto?
Benvenuti nel Barrio de las Letras a Madrid.
E fine delle forme squadrate. Sarà forse merito delle lettere, ma ogni angolo da ora si smusserà e il vostro umore migliorerà. Vediamo come.
C’è gente in giro perennemente affamata e assetata, sembra di cibo e birra e vino ma anche di compagnia: di persone sole ne vedrete assai poche da qui fino alla Puerta del Sol, a metà strada fra i Bastioni di Orione e i cancelli di Minas Tirith…

Se proprio siete sole/i andate in uno dei molti bar dove si consuma alla barra (non è la sorella del bar, vuol dire al bancone) e consumerete accanto a sconosciuti amici fami popolari e ordinate (mai viste folle così ordinate e rispettose dei turni) ma loquaci (quel delizioso parlare tutti insieme insieme agli odori di cibo cucinato…). E via con forme anarchiche, con i bocadillos de calamares (il mio preferito) portafogli ovaloidi che strabordano di dorate (e fritte) monete: i detti calamari, così dorati da potersi dire calamOri. Ok non dico più freddure così stupide per tutto il pezzo.
La sete si spenge in un cilindro di colore di poco più abbronzato e tracimante di bianca spuma: tomatevi una caña (tradotto: birra, dimensioni circa un dito in altezza per un dito di schiuma). Tutto questo godimento per poco più di 4 eurini. Siamo a Casa Rua, giusto all’opposto di Plaza mayor da dove siete entrati.
Che sia in calle de las Huertas o in Plaza Mayor o al Mercado di San Miguel il panorama è deliziosamente ossessivo: tapas dappertutto. Ecco l’adorato jamon, tagliato a mano e mangiato con le mani, sia esso un povero serrano o un ricchissimo pata negra 5 jotas con bellota accompagnato o da pane grigliato con olio e pomodoro alla catalana o da picos croccanti per chi catalano non è.

E le acciughe del Cantabrico le vogliamo snobbare? Mari e monti in un flamenco di gusti.

Gente seduta su sedie alte, basse, in piedi, sugli scalini, mangia spilluzzica e si stuzzica bevendo birra, albarinho o Rioja, alla fine se trovate un cacio Cabrales molle e saporitissimo allora meritate un Oloroso da Jerez. In piatti (quelli tondi) o in conos (coni, lo spagnolo è muy claro…).
Nei conos ci trovate di tutto, sembra che mago Zurlì o la fatina azzurra (un trans della quota rosa??) vi avessero letto nel pensiero. Dico cono e pensate al gelato e invece ci sono micro salcicce e formaggetti. Non ci sono più i coni di una volta…
E perché non un bel pulpo alla gallega, con i tondini delle ventose che occhieggiano, o se il quinto quarto è il vostro numero preferito allora callos a la madrileña o zarajos de Cuenca ma attenzione: niente conca per il lardo, Cuenca una città dove si cucinano strani gomitoli di interiora di agnello.

Se avete una fame più complessa entrate in qualche locale, quasi 3 su 4 sono onusti di storia e oberati di ricordi di affamati-assetati entrati tali e usciti contenti. In vetrina pesci morti con l’aria truce (in effetti deve essere irritante essere morti in mezzo a tanta vita…) e bistecche (senza faccia) per par condicio de flamenco; dentro stuoli di camerieri e prosciutti pendenti.
Jamones e paletas: gamba posteriore, più grosso e complesso nel sapore e più invecchiabile il jamòn, più piccola la paleta fatta con la zampa anteriore, di solito meno grasso e sapore più intenso…ma beati voi a decidere la differenza!.
Queste 4 zampe vi aspettano accompagnati da pareti di bottiglie da scalare. Fuori tanti idiomi che si intrecciano su tanti tavoli: tutti a tavola anche se per fusi alimentari diversi: alle 16 quei biondoni scandinavi si siedono per cenare, accanto a spagnoli che stanno pranzando…
In ogni caso alla fine ci vorrà un dolcetto, e allora lo stop inevitabile di questa storia ripetitiva (morsi e rimorsi) è la Pasteleria Plaza Mayor dove in un’atmosfera rarefatta baciata da un incantesimo del tempo, meringhe perfette come i cornicioni dei palazzi intorno vi attraggono nei loro gorghi. Paura? allora lasciatevi andare nelle spire concentriche di una Anguila de Toledo. Tranquilli, tutta marzapane e perline dolci. Mai fatto male a nessuno.
Per brindare allo scampato pericolo… un bicchiere di Montilla-Moriles? Olé!
Il Funa viaggiatore romantico