Parigi in 20 anni d’altri tempo. Per gli auguri da viaggiatore a viaggiatori (Seconda parte)

11 gennaio 2020 | 16:28
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Parigi in 20 anni d’altri tempo. Per gli auguri da viaggiatore a viaggiatori (Seconda parte)

Un altro excursus nel gusto fra il 1980 e il 1993 con il Funa

…segue

Parigi in 20 anni d’altri tempi. Per gli auguri da viaggiatore a viaggiatori (Prima parte)

1980 da febbraio a maggio, 100 giorni a Parigi

Come Napoleone, senza Waterloo ma anche senza servitori. Studio francese all’Alliance Française in Boulevard Raspail, classi miste con migranti di tutti i colori; alloggio in subaffitto una stanzina all’Ecole Normale in Rue d’Ulm da Danilo che studia russo con me a Pisa, ha vinto una borsa di studio qui, ma ne ha vinta anche un’altra in Bulgaria, dove ha anche una liason… buon per lui e buon per me.

Funa il viaggiatore romantico 1 gennaio rubrica

Posso fare con cautela colazione (son pur sempre un imbucato) e questo mi serve per levarmi un po’ di fame e portarmi via con non chalance (sempre francese) una demi-baguette che sarà la mia cena con una delle mille scatolette di tonno Maruzzella che sono la mia dieta con fagioli De Rica in lattina. Indispensabile il coltellino svizzero (cantone francese?) che dal ’76 è nella mia tasca ancora oggi per aprire cene e bottiglie.

Unici ristoranti abbordabili, ogni tanto, sono quelli cinesi. Il più abbordabile di tutti è in Rue Monsieur le Prince 7ème arr, 150 fr, 3000 lire, 1,5 euro. Atmosfera freddina (per quel prezzo non accendono certo il riscaldamento) e una serie di combinazioni a base di erbe, soia e maiale in pezzettini piccoli per le bacchette, filologicamente corretto per dire “sono andato al ristorante”. Point final.

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Passo il tempo a leggere i menu a prezzo fisso fuori da tutti i ristoranti, alcuni li so quasi a memoria, ancora un po’ è come se li avessi mangiati… Buonissimo quello dell’Escargot Montorgueil, bellissimo monumento gastro-storico vicino alle Halles. Indovinate cosa ci si mangia?

Il resto del budget è per le telefonate ogni tre giorni a lei… che verrà e starà con me più di un mese. Si fiderà di nuovo ad arrivare con il Palatino alla Gare de Lyon contando che io sia lì.

Merde! (Cambronne, non plurale italiano, ndr) Arrivo in ritardo. O stronzino! È il primo saluto fra il disperato e il liberatorio, meritato.

1986 novembre

Sono grande ormai, ora sono a Parigi per fiere di moto, otto ore al giorno con la musica di The final countdown degli Europe, luci psichedeliche, caschi e poi ancora caschi. Oppure visito clienti, negozi di moto con l’odore di ferro e olio come certe mani che stringo (eau de moto) e con la gente che guarda le moto e sogna come davanti a menu a prezzo fisso.

Fuori la solita meravigliosa grandiosa Parigi, la differenza è nei ristoranti. Chissà se esiste ancora il ristorantino cinese in Rue Monsieur le prince, ora mi rimborsano vitto e alloggio, non vado certo al Ritz (sinceramente il fascino decadente della singola stella è quasi irresistibile per me) ma per mangiare posso scegliere e vado da Androuet in Rue d’Amsterdam.

È il confine naturale fra l’8ème e il 9ème arrondissment, di sera atmosfera un po’ negligée, in giro molte prostitute… ma non ho dubbi: sotto, il negozio di uno dei più famosi maitres fromagers di Francia, forse più di 600 tipi di formaggi in un paradiso di profumi (eau de pied…) e sopra il suo ristorante, atmosfera vintage e camerieri in uniforme un po’ consunta ma in bianco nero come te li aspetti, drappeggi crema-oro alle finestre e ai tavoli, posate un po’ appannate ma quello che riluce è la scelta che cercavo: i due menu dégustation: 25 o 50 formaggi. Anche se sono modesto e scelgo quello da 25, il cameriere con un impercettibile rialzo del sopracciglio annuisce ma domanda: Vous attendez encore quelcun, Monsieur? 

No, sono solo, però alla tornata finale dei muffati (la quinta, si parte dai formaggi d’alpeggio e si scende fino alle complicazioni) avrò un colesterolo a 4 cifre, come se fossi molte persone.

All’aereoporto compro un vassoio di midollino intrecciato, pieno di formaggi. Arrivo a casa e dico: indovina cosa ho portato? e Monica non mi guarda neanche ed esclama guardando Marco mentre gattona: Ma… l’hai fatta un’altra volta!!??.

1988 Aprile

Stasera invece sono con tre clienti e andiamo a St Germain des Près, al Petit Zinc, tutto art nouveau, a mangiare il grand plateau de fruits de mer, piramidale, imperiale, ostriche, baguette, burro, burro con aglio, coquillage a volontà come il Muscadet che scorre a fiumi. Dopocena tutti così allegri che ci rincorriamo montando sui tetti delle auto parcheggiate facendo l’imitazione delle moto da cross.

Il mio casco “da pilota” la mattina  dopo mi starà come due taglie sotto la mia e da allora non posso più avvicinare un piatto di ostriche. Meno male non mi è mai successo con la rosticciana!

1993 Ottobre

10, Avenue des Champs Elysées, il posto si chiama Pavillon Elysée, casa di Gaston Lenotre, un maitre patissier e uno dei guru de la nouvelle cuisine. Sono con un padrone e il nostro agente per la Francia, Jc Parot, il migliore che abbia mai conosciuto, festeggiamo un affare importante e il ristorante è adeguato al successo.

Come nei film di James Bond i camerieri si affollano ma sono pronti a dileguarsi e a riapparire appena la tua testa fa un movimento che assomiglia ad una richiesta di servizio.

Il menu non era fuori alla porta, i prezzi sono un po’ diversi da Wimpy ma si sa… i tempi cambiano, le mamme invecchiano, l’inflazione..

Prendiamo piatti con descrizioni particolareggiate da far invidia a Proust e un vino che dal tono di descrizione fra suadente e perentorio e il rotear degli occhi con seguito di sorrisi di intesa del cameriere inamidato credo sia molto buono, anche migliore di quello che con papà andiamo a prendere in damigiane a Coselli.

Breve attesa e a un certo punto si materializzano alle nostre spalle tre camerieri tre, con tre vassoi coperti, li posano davanti a noi e ad un cenno militare del maitre di sala tolgono fulmineamente e in perfetta sincronia il coperchio alzandolo sopra la testa come quando in formula uno i meccanici hanno finito il cambio gomme: Voila!; risposta: Oh la la!! seguono brevi frasi di contorno (sempre a tavola siamo) di ripetizione dei particolari come se non avessimo capito il menu (vero…). Avremo ancora un paio di cambi gomme e un dessert indimenticabile.

Quando esco faccio un respiro profondo e guardo le stelle, le stesse di quando si parlava con Nanni del futuro e delle uova sulla mia camicia. Mi sto incrociando e posso fare i conti certo con una fortuna generosa. E un penchant senza ritorno verso le stelle lontane, quelle da raggiungere.

Ecco quello che volevo dire: guardare meglio se stessi deve servire per guardare meglio gli altri, che hanno gli stessi diritti a fortune generose. La fortuna dipende dalla volontà ma anche dal caso, e spesso il caso dipende anche da noi.

Questo vale quando pensiamo agli altri, di cui possiamo “aiutare” il caso, poi vale anche per noi. Noi, gli altri e la fortuna: un tutt’uno.

Talvolta non ci aiutiamo o dimentichiamo di farlo. Ci fermiamo. Basterebbe aprire il forziere dei ricordi e attingere. Non ci sono momenti brutti che tengano: basta crederci.

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Un ricordo ci salverà anche dalla paura più disperata, come la fragola della storia Zen: un uomo stava camminando nella foresta quando s’imbatté in una tigre. Fatto dietro-front precipitosamente, si mise a correre inseguito dalla belva. Giunse sull’orlo di un precipizio, ma per fortuna trovò da aggrapparsi al ramo sporgente di un albero.

Guardò in basso, e stava per lasciarsi cadere, quando vide sotto di sé un’altra tigre. Come se non bastasse, arrivarono due grossi topi, l’uno bianco e l’altro nero, che incominciarono a rodere il ramo. Ancora poco e il ramo sarebbe precipitato.

Fu allora che l’uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Tenendosi con una sola mano, con l’altra spiccò la fragola e la mangiò.

Com’era dolce!

Auguri di andare presto a Parigi o nella Parigi che desiderate! Per ricordarla quando servirà.

Funa il Viaggiatore romantico