In viaggio con le ninfee da Lucca a casa di Monet |
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Tappeti Volanti e Ninfee

3 agosto 2020 | 20:15
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Tappeti Volanti e Ninfee
Tappeti Volanti e Ninfee
Tappeti Volanti e Ninfee

Come fare due passi all’Orto Botanico di Lucca e finire a contemplare una ninfea di Monet a Genova, passando per Giverny. Perché la bellezza è universale e non conosce confini.

Da oggi ci ritroveremo per viaggiare assieme con una nuova rubrica, si chiama Tappeti Volanti, e mescola in vario modo immagini, parole e idee. Le prime sono mie (di solito), le seconde pure (quasi sempre), le idee invece sono il patrimonio comune più importante che abbiamo; facciamole girare, ne abbiamo bisogno.

Mi chiamo Filippo Brancoli Pantera, sono un fotografo e un giornalista, mi sono laureato in Beni Culturali all’Università di Firenze e diplomato in Fotografia Documentaria presso l’International Center of Photography di New York. Ma non occorre andar lontani per trovare qualcosa di bello, basta solo guardarsi attorno e provare a raccontarlo.

Tappeto Volante Ninfee

Si dice che l’estate sia tempo di viaggi, avventure e nuovi incontri. Io però non ci ho mai voluto credere, mi è sempre sembrato di fare un torto agli altri nove mesi dell’anno, e così ogni inverno aspetto ancora che qualche amico passi a prendermi per affrontare un lunghissimo viaggio attorno al mondo. Forse anche i miei amici si aspettano lo stesso da me, fatto sta che gli inverni passano veloci e la maggior parte delle volte, un po’ come tutti, mi ritrovo a pensare ai viaggi che è tempo d’estate.

Quest’anno però è particolare e per adesso di bagagli nemmeno l’ombra, ma non è poi così grave, anzi, ne approfitto per star qui buono buono e guardarmi attorno.

Se per adesso non potrò misurare le mie esplorazioni in chilometri potrò comunque sempre farlo in metri. Quelli di oggi in particolare sono 550 e separano casa mia dall’Orto Botanico di Lucca.

Pare che sia stato Talete il primo a pronunciare la famosa frase conosci te stesso. Si riferiva ai limiti della nostra condizione umana, ma perché non applicare il solito approccio anche al territorio che abbiamo attorno; per essere interessante un pezzetto di mondo non deve per forza anche essere lontano. E poi l’idea di aggirarmi in un giardino ricco di piante, storia e leggende non mi sembra male per niente, a prescindere da dove si trovi.

Nel frattempo inizio la visita e appena entrato vengo attirato da molte cose diverse; i fiori, le fronde, le cortecce, il terreno, in pratica qualsiasi elemento rapisce la mia attenzione. Mi ero fatto una sola raccomandazione, «non essere banale, evita il laghetto delle ninfee», mi ero detto. Ho così proseguito l’esplorazione preliminare tenendomi a distanza di sicurezza dal piccolo stagno. Ecco quindi la montagnola con le sempreverdi locali, seguono le gigantesche conifere e le pregiate caducifoglie; e poi ancora le piante medicinali, la serra calda, il sentiero con i rododendri e le camelie. Ogni pianta ha una propria bellezza, difficile accordare una preferenza per adesso.

In fondo al vialetto però si intravede lo specchio d’acqua, due cipressi calvi (taxodium distichum, dice che in autunno siano bellissimi, me lo appunto) ne anticipano la presenza; solo uno sguardo – mi son detto – per convincermi di far bene a ignorarlo; solo uno sguardo per capire che con dimensioni tutto sommato così contenute, la fama del laghetto è sicuramente eccessiva; solo uno sguardo, e poi potrò proseguire altrove.

Tappeto Volante Ninfee

La storia è piena di sguardi pericolosi, da quello di Medusa che pietrificava chiunque lo incrociasse a quello dei basilischi – sostanzialmente analogo – fino a uno dei più antichi tramandati dalla nostra cultura: lo sguardo che la moglie di Lot (potevan darglielo almeno il nome però) dette alla città di Sodoma in fiamme; uno sguardo rapido, che pagò caro, fu trasformata infatti in una statua di sale.

Funziona così, la bellezza si serve spesso della curiosità per rapire la nostra attenzione e allora diventa inevitabile anche per me osservare un attimo il laghetto che mi trovo di fronte e guardare quelle prime foglie a filo d’acqua; come sono belle, che forma armoniosa, sembrano le picche delle carte ma sono di un verde cangiante che rimane sempre corposo, spesso è uniforme, a volte striato oppure a puntini chiari, ricordano il colore delle zuppiere che andavano di moda nei ristoranti qualche anno fa, erano gialle e avevano tante piccole macchie verdi e i ravioli al pomodoro dentro ci stavano benissimo, così come bene stanno queste foglie che galleggiano e si distendono piene sull’acqua, senza peso, appoggiate delicatamente sul colore liscio come se il laghetto fosse di cristallo per poter riflettere la luce in modo uniforme.

Qui, in primo piano, in effetti è tutta una brillantezza azzurro metallizzata, sullo sfondo invece, soprattutto al passare delle nuvole, lo specchio si tinge di viola e magenta, sembra di vedere insieme la luce della mattina e quella della sera, ci sono anche due stelle meravigliose, sono il simbolo della purezza e della castità.

Proprio per il suo valore simbolico – oltre che per la bellezza – il fiore della Nymphea alba ha lasciato da parecchio tempo ormai il ristretto spazio dei laghetti per andare a conquistare le decorazioni delle facciate delle chiese, dei capitelli e dei fonti battesimali per rappresentare così al meglio il simbolo della purezza incontaminata; questo fiore non si sporca nemmeno di terra o di polvere, cresce così, sull’immagine che il cielo regala all’acqua sottostante.

Tappeto Volante Ninfee

A vederle queste foglie verrebbe voglia di metterci un piede sopra per saltare da una all’altra, si ha la sensazione che possano sostenere tutto il peso del mondo, invece basta un attimo perché l’equilibrio si rompa.

Al vento in effetti occorre un soffio per increspare la superficie dell’acqua, ma soprattutto sono le tartarughe a crear confusione; qui in realtà non dovrebbero proprio trovarsi ma di fatto hanno colonizzato il laghetto grazie a chi le ha portate da casa per sbarazzarsene. Un problema non da poco per il nostro piccolo ecosistema e per chi deve gestirlo.

Mi viene in mente a questo proposito  il proverbio toscano poggio e buca fa pari, la cui tesi – che implica la capacità di annullamento degli opposti – presupporrebbe in questo caso una seconda azione uguale e contraria per ripristinare lo status quo; ovvero rapire – per amore ovviamente – queste creature preistoriche e riportare così la pace nel piccolo specchio d’acqua. Credo tuttavia che suggerire un’azione del genere sia considerato da incivili, per cui mi limito a dire che si tratta di un pensiero fugace.

Tappeto Volante Ninfee

La nymphea alba non è solo uno straordinario inno alla bellezza ma nel corso dei secoli è stata anche utilizzata con due intenti pratici e totalmente diversi; dai petali e dalle radici è possibile estrarre una gran quantità di alcaloidi (nufarina e ninfeina), tanto che ne veniva ricavata una sostanza utilizzata dai monaci – assieme al vino, ben s’intende – con effetti sedativi e anafrodisiaci.

C’è però chi sostiene che gli effetti possano anche essere di natura opposta, ovvero afrodisiaci; non so quale delle due versioni sia vera, bisognerebbe provare, può darsi che i fattori più determinanti siano le rispettive voglie che ciascuno di noi si porta dentro.

Voglie che secondo una leggenda provava in gran quantità la signora Lucida Mansi, una nobile lucchese del ‘600 rimasta vedova in giovane età, la quale strinse un patto col diavolo; allo scadere dei suoi primi trent’anni le furono offerti altrettanti anni di giovinezza in cui dedicarsi ai piaceri della carne per poi, allo scadere della cambiale, perderli tutti assieme. La leggenda prosegue raccontando che la signora in effetti utilizzò senza risparmiarsi affatto il suo bonus giovinezza, per poi disperarsi al momento in cui il diavolo tornò a batter cassa. Fu allora trascinata sul viale delle mura urbane affinché le sue grida di disperazione fossero ascoltate come un monito da tutta la popolazione prima che la carrozza si immergesse nelle acque dello stagno.

È una leggenda ovviamente, ma presenta degli aspetti interessanti; il primo è legare una storia di lussuria (o presunta tale) alla sua letterale immersione nell’acqua, come a voler lavar via i peccati della carne con questi fiori simbolo di purezza. Tuttavia all’epoca dei fatti, non esisteva l’Orto Botanico né tantomeno il laghetto, anzi, nel ‘600 pare che qui si trovasse il cimitero degli appestati; adesso ci ricolleghiamo alla realtà dei fatti, perché la signora Mansi – della quale ignoriamo la condotta morale – trovò una morte prematura proprio a causa della peste.

E qui incontriamo il secondo elemento interessante della leggenda, perché a ben vedere, se la signora avesse davvero potuto accettare un’offerta come quella appena descritta, avrebbe fatto un gran bene e si sarebbe divertita vivendo tra l’altro assai più di quanto fece nella vita reale.

Da tutto ciò se ne deduce la necessità di un processo di revisione storica relativo alle offerte proposte nel corso dei secoli dal demonio, ma tutto ciò esula dalle capacità di questa rubrica, e anche da quelle del suo autore che per paura di finir sul rogo fin da adesso si dichiara dispiaciuto per aver anche solo pensato una cosa del genere: resta tuttavia il fatto che la proposta “30+30+sesso illimitato” risulta essere una delle più allettanti e convenienti che si siano mai viste; dovesse capitarvi, il mio consiglio sarebbe di accettarla al volo.

Tappeto Volante Ninfee

Forse è proprio per tener a bada i bollenti spiriti che nel laghetto oltre alla Nymphea alba si trova anche la Nuphar lutea, il nannufero, comunemente chiamato anche ninfea gialla. Le foglie sono molto simili a quelle della ninfea bianca, così come anche la presenza di alcaloidi. Qui l’associazione con l’alcol è talmente evidente – pare che annusandola se ne capisca bene il motivo – che la pianta in lingua anglosassone viene volgarmente chiamata brandy bottle; tuttavia i destinatari di tali messaggi olfattivi non sono da ricercare nella fauna dei pub inglesi bensì tra gli insetti che ne favoriscono così l’impollinazione.

Tappeto Volante Ninfee

L’antica medicina europea sosteneva che la Nuphar lutea potesse togliere qualsiasi appetito sessuale, non sorprende quindi che nel linguaggio dei fiori i suoi siano passati a rappresentar l’impotenza. Questa interpretazione piacque molto al clero medioevale che forse per paura di accettare le offerte eccezionali proposte dal diavolo si premurò di esporre questo bel fiore a mo’ di simbolo del celibato in due dei luoghi di maggior importanza per la cristianità insulare; l’Abbazia di Westminster a Londra e i cornicioni della Cattedrale di Bristol. Non è un caso che proprio nei secoli XI e XII, ovvero quando vennero erette quelle due straordinarie architetture, il celibato ecclesiastico fosse un tema al centro di forti pressioni, sia contrarie che a favore.

Il che ci dimostra come negli elementi vegetali – veri o scolpiti – si possano trovare alcune delle più importanti tracce della nostra storia culturale.

Tappeto Volante Ninfee

Il proposito di passare rapidamente dal laghetto per poi proseguire altrove è ormai evidentemente naufragato; confesso di essere particolarmente sensibile nei confronti di questo tipo di seduzione visiva.

Ma c’è una seconda cosa dalla quale mi ero ripromesso di star lontano e che invece si sta avvicinando di gran carriera; è impossibile guardare le ninfee senza pensare a Monet che le ha dipinte per così tanti anni.

Tra tutti, lui è quello che le ha omaggiate di più, in qualche modo facendone il suo soggetto preferito. Da appassionato e devoto ammiratore dell’arte giapponese quale era, Monet prese il modus operandi della serie come forma di lavoro e di disciplina (è una cosa importante, ne riparleremo). Non fu l’unico ovviamente, ma fu uno dei più rigorosi praticanti di questa modalità. Non si tratta di ripetere senza variazioni il solito tema ma di un vero e proprio metodo di lavoro che ha nella sua iterazione la chiave visiva con cui indagare il mondo esteriore. È solo all’interno di questa apparente somiglianza che possono emergere le differenze e le sfumature più delicate del nostro soggetto.

Dal 1905 – salvo poche eccezioni come le impressioni di Venezia – Monet dedicherà tutte le sue forze all’analisi del mutevole mondo del suo giardino. Le grandi imprese non hanno bisogno di grandi mezzi ma di grande volontà e ne serviva parecchia per dedicare alle ninfee 250 opere, tutte simili ma sempre diverse, tanto che dalla prima all’ultima i cambiamenti sono in realtà enormi.

Tappeto Volante Ninfee

Proseguo, passeggio, mi guardo attorno, osservo ancora le ninfee di fronte a me, tuttavia adesso sono decisamente distratto, sto pensando infatti a Giverny, dove a partire dal 1890 il celebre pittore era andato ad abitare. Lì aveva comprato un’abitazione con un po’ di terreno e dopo vari tentativi era riuscito a ottenere il permesso per la costruzione di un laghetto; aveva scelto di attorniarlo dall’eleganza dei salici piangenti e affiancarlo dai colori degli iris, dei tulipani e delle campanule. Era al centro però che Monet indirizzava più spesso lo sguardo, allo specchio d’acqua su cui nuotavano le ninfee. Sarà lui stesso, nel 1919,  a dichiarare al critico Francois Thiébault-Sisson:

[…] i fiori acquatici sono ben lungi dall’essere l’intero spettacolo; in realtà sono soltanto il suo accompagnamento. L’elemento base è lo specchio d’acqua il cui aspetto muta ogni istante per come brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento […]

Non servono le parole per capire queste cose, basta guardarle: le pennellate dedicate all’acqua e ai suoi riflessi ricordano la leggerezza e l’eleganza con cui una pattinatrice danza sul ghiaccio.

Tappeto Volante Ninfee

Il padre dell’impressionismo, attraverso la paziente osservazione di una superficie di pochi metri quadrati, riuscirà a traghettare la sua pittura – e quella del resto del mondo – dall’originario impressionismo all’astrattismo. Forse è per questo che fece costruire anche un piccolo ponte giapponese sopra lo stagno, in qualche modo quel ponte rappresenta il pittore stesso che è stato il collegamento culturale tra l’arte dei due secoli in cui ha vissuto.

A questo punto però la voglia e la curiosità di vedere meglio come il maestro francese abbia trattato il tema delle ninfee è enorme. Potremmo planare sopra il famoso giardino di Giverny e ammirare i colori e le forme di cui si compone, oppure potremmo volare a Parigi, dove tra i musei d’Orsay e Marmottan troveremo ad attenderci la maggior parte delle ninfee dipinte dal pittore; ci sarebbero tutte, o quasi, perché una di queste in realtà è scappata e adesso si trova a Genova.

Allora ci dirigiamo verso questa città bellissima; è vero, raggiungerla via terra è sempre un po’ complicato, ma non è certo una novità, d’altronde la città era famosa per la sua flotta, non certo per la sua cavalleria. Forse le città di mare andrebbero raggiunte navigando, oppure con la fantasia. Ci aveva avvertiti anche Paolo Conte in “Genova per noi”, a passare via terra c’è d’aver paura di restare bloccati:

E ogni volta ci chiediamo
Se quel posto dove andiamo
Non c’inghiotte, e non torniamo più

Un bravo cantautore però riesce sempre a offrire punti di vista diversi, è lo stesso Conte, poche strofe dopo, a indicare la via giusta per riconciliarci con il capoluogo ligure, ed è un’esplosione di luce, odori e sapori:

Macaia, scimmia di luce e di follia
Foschia, pesci, Africa, sonno, nausea, fantasia

Non so perché, ma la foto qui sotto in qualche modo mi ricorda questo passaggio, forse perché anche lei viene da Genova, e punta alta verso il cielo dove l’aria del Mediterraneo si incontra con quella dell’Europa.

Tappeto Volante Ninfee

Per capire come siamo finiti a cercare le ninfee di Monet in Liguria dobbiamo però svelare una storia particolare e molto bella, merita proprio di esser raccontata.

Inizia a Gennaio scorso, quando il dilagare della pandemia in Cina fa naufragare il progetto di una grande mostra di quadri impressionisti organizzata a Shanghai. Era la prima volta che il museo Marmottan – Monet di Parigi acconsentiva al prestito di 57 delle sue tele, un’operazione non da poco. In Cina però son costretti a chiuder le frontiere, inevitabilmente la mostra salta, i quadri in Oriente non arriveranno mai. Allora ci prova Bologna, bisogna approfittare di questa occasione; è già tutto riorganizzato, trovata la sede – Palazzo degli Albergati, in via Saragozza – e pure le date, dal 13 Marzo al 12 Luglio 2020. Nel frattempo però inizia il lockdown anche per l’Italia; tutto piano piano si blocca, gli orizzonti si accorciano, la nuova frontiera è la soglia di casa.

A Bologna quindi fanno due conti, non conviene nemmeno riaprire con gli ingressi contingentati, una mostra con capolavori del genere ha costi altissimi, solo di assicurazione si rischia la bancarotta, viene deciso di annullare tutto. Resta un problema solo, non piccolo: i quadri. Ormai sono arrivati in Italia ma restano bloccati nei caveaux, il Covid non li riguarda personalmente, ma da soli non si spostano, impossibile quindi per i corrieri d’arte riportarli in Francia.

È a questo punto che da Genova parte una telefonata sostenuta da un’idea apparentemente un po’ folle ma molto, molto sensata, una roba del tipo: «scusa, visto che hai tanti quadri che non usi, me ne presteresti mica uno?». Bingo.

Tappeto Volante Ninfee

Sono parafrasate, ma potrebbero essere state quelle davvero le parole con cui Serena Bertolucci dal Palazzo Ducale di Genova ha fatto partire l’insolita richiesta.

Le hanno detto di sì, e ne è nata una nuova e singolare mostra, dal titolo “5 minuti con Monet. A tu per tu con le Ninfee“.

La particolarità non sta solo nella unicità dell’opera d’arte, ma anche nella sua fruizione – a tu per tu – come recita il sottotitolo della mostra. Si entra e si esce da soli, un po’ come nella vita in fondo, ma qui possiamo restare solo cinque minuti; possono sembrar pochi, ma non lo sono, anzi, troverete anche il modo di chiedervi «e ora che faccio?». «Niente» è la risposta, guardate e basta, sarà Monet stesso a prendervi per mano.

La bellezza della ninfea in mostra è tale che ogni parola risulta inadeguata; la sua visione infatti regala emozioni che non si possono tradurre in altri linguaggi, va vista, anche solo anticiparla qui con uno scatto d’insieme rovinerebbe la sorpresa qualora vi ci doveste trovare a tu per tu; a garanzia delle mie parole ci metto la firma. Di Monet.

Tappeto Volante Ninfee

Si tratta di un modo nuovo di presentare un’opera d’arte, ma è anche un modo giusto, per apprezzare certe cose infatti c’è bisogno di un po’ di silenzio, un po’ di concentrazione e un po’ di solitudine; sono qualità importanti, che vi potrebbero permettere di contemplare una ninfea a Lucca e pensare di essere a Giverny oppure a Genova, senza in realtà mai uscire dall’Orto Botanico. I veri viaggi alla fine non si misurano in chilometri, e nemmeno in metri, ma in emozioni.

A questo punto proseguo la visita, immaginavo che il laghetto delle ninfee sarebbe stato un pericolo, ma non certo che dalla sua osservazione ne sarebbe nato un viaggio per mezza Europa; aveva proprio ragione Monet, i fiori sono bellissimi ma  alla fine è l’acqua, con le sue infinite sfumature e tonalità, la vera protagonista.

Tappeto Volante Ninfee

Se vi incuriosisce l’Orto Botanico di Lucca questo è il link; hanno fatto il sito nuovo, è bello. E si sono dotati di una curatrice, è brava.

Maggiori informazioni sulla “ninfea” di Monet in mostra a Genova le trovate qui.

Un po’ incasinato invece è il sito del Museo dell’Orangerie (che fa parte del Museo d’Orsay). Se però ci andrete, resterete a bocca aperta vedendo le pitture monumentali delle ninfee.

Bellissimo è invece il sito del Museo Marmottan – Monet, come d’altronde lo è anche il museo; tra tutti, questo contiene il maggior numero di opere di Monet e proprio adesso è in corso una mostra dedicata a Cezanne. E allora ditelo che vi piace vincere facile.

A presto,

F.