Successo per il concerto della filarmonica Luporini alla pieve di San Gennaro






Brani inediti e della tradizione per l’ensemble diretto da Giampaolo Lazzeri
È stato un gran successo, dopo mesi di sospensione delle attività, il concerto di domenica (30 agosto) della Filarmonica Gaetano Luporini alla Pieve di San Gennaro.
Salutata in apertura dal sindaco Luca Menesini, la Filarmonica ha incantato per un paio di ore il numeroso pubblico riunito nel rispetto delle normative di sicurezza anticovid nel piazzale della Chiesa. Un susseguirsi di brani, presentati dal presidente della Filarmonica Fabrizio Michelini, iniziato con la celebre marcia sinfonica Nostalgia di Orsomando, uno degli autori storici toccati dalle esplorazioni di repertorio inaugurate sin dal suo insediamento da Giampaolo Lazzeri, il direttore della banda.
“Un doveroso omaggio – commenta il critico musicale Stefano Ragni dell’università per stranieri di Perugia – è stato dedicato alla memoria di Ennio Morricone, il cui nome ha fatto scattare uno spontaneo applauso del pubblico. Tema di Gabriel, nella trascrizione di Lazzeri e oboe svettante della giovane Camilla Iannice. Già dal terzo numero della scaletta è apparso chiaro cosa sia diventata oggi la filarmonica sotto la direzione di Lazzeri”.
Michelini ha tenuto a precisare quale sarebbe stato il profilo di un incontro che voleva essere anche un atto di omaggio ai venti anni di guida del maestro. Il quale non si è risparmiato nel prodigare ai musicisti di San Gennaro una formazione esecutiva che ha trasformato una banda in una vera e propria “agenzia culturale”. Repertorio ampliato, scelta di musiche originali, commissioni ad artisti dei nostri giorni, operazioni di recupero storico come la poderosa revisione bandistica degli oratori di Perosi realizzata nella chiesa di San Francesco a Lucca lo scorso anno.
La serata è continuata nel segno della novità con una prima esecuzione di Rinascita di Davide Boario. Il musicista torinese, che porta l’impronta di una grande tradizione editoriale del settore bandistico, ha confezionato una musica pensata e scritta durante la clausura imposta agli italiani. Una musica piena di voglia di vivere, immersa nello spirito della natura con un canto di uccelli realizzato con strumenti di terracotta, verosimile richiamo al mondo delle creature celesti che mentre tutti erano chiusi in casa scorrazzavano libere nei cieli. Un flauto e un’arpa concertanti, quelle di Rossana Pansani e Francesca Nardi che hanno sottolineato i momenti più magici di una partitura che si è aperta come uno scrigno prezioso, fino all’accordo finale, le poche note sbriciolate dallo strumento a corde, arcana sospensione nel mondo delle cose belle.
Una parte consistente della serata era affidata alla voce duttile e vellutata di Caterina Ferri una giovane cantante e attrice che ha studiato alla West University di Londra. A lei una consistente parte del programma con una iniziale Over the raimbow del 1939, uno dei successi di Judy Garland. Come il successivo Moon river di Mercer e Mancini, pensato per la Audrey Hepburn di Colazione da Tiffany nella trascrizione di Michele Mangani. E poi la rievocazione di una Mina tutta tenerezza e fragilità con Vorrei che fosse amore, testo di Amurri, 1968, novantunesimo disco della indimenticabile protagonista.
A chiudere la prima parte della sua presenza la brava Ferri ha interpretato Don’t cry for my, Argentina da Evita di Lloyd Weber.
È tornato Lloyd Weber nel programma come autore della suite da Jesus Christ superstar, ma nel frattempo Lazzeri ha fatto apprezzare un altro pupillo: il giovanissimo Samuele Busso, solista di xilofono di Happy mallets di Evers. Dopo la significativa passerella dei motivi dei film di Alberto Sordi con il Ciao Albertone di Marzi, solista al sax Christian Pepe, si è ripresentata la dolcissima Caterina Ferri con altre canzoni come Halleluja di Cohen, You rase my up di Graham Lowland e il finale La voce del silenzio di Paolo Limiti-Mogol.