Tappeti Volanti e Castagni

7 settembre 2020 | 08:15
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Tappeti Volanti e Castagni

Il castagno è un albero poco celebrato ma la sua storia è perfettamente sovrapponibile a quella dello sviluppo della nostra civiltà

Benvenuti alla nuova puntata della rubricaTappeti Volanti; qui si mescolano in vario modo immagini, parole e idee. Le prime sono mie (di solito), le seconde pure (quasi sempre), le idee invece sono il patrimonio comune più importante che abbiamo; facciamole girare, ne abbiamo bisogno.

Mi chiamo Filippo Brancoli Pantera, sono un fotografo e un giornalista, mi sono laureato in Beni Culturali all’Università di Firenze e diplomato in Fotografia Documentaria presso l’International Center of Photography di New York. Ma non occorre andar lontani per trovare qualcosa di bello, basta solo guardarsi attorno e provare a raccontarlo.

Tappeti Volanti e Castagni

Castanea sativa

Si dice che i tappeti volanti non si scelgano, ma siano loro a scegliere noi.

Nel settore dell’etologia troviamo considerazioni simili, per esempio a proposito dei lupi, dei quali non si parla più di domesticazione: è vero che abbiamo addomesticato alcuni di loro trasformandoli nei cani attuali, ma è altrettanto vero che loro abbiano sfruttato la nostra presenza per esser sicuri di aver sempre una ciotola piena. Quindi ci siamo noi all’origine di questo processo evolutivo o ci sono loro? Probabilmente entrambi; questa dinamica si chiama co-evoluzione, ed è una cosa bella, oltre che forse inevitabile.

Ma è possibile ipotizzare uno scenario del genere anche per le piante? Attribuire loro una sorta di volontà che le abbia permesso di sfruttare la nostra presenza – o di altri animali – per evolversi con maggiore successo? Nonostante questa idea suoni magari interessante, ai più sembrerà tuttavia assai fantasiosa, eppure le sorprese non mancano.

Questo tappeto volante è dedicato al castagno (Castanea sativa), e a prescindere da quanto ognuno di noi si sia evoluto, lo abbiamo fatto anche grazie a questo albero.

Tappeti Volanti e Castagni

Castanea sativa

Tra i vari sostenitori della co-evoluzione ci siamo già anche noi, e chiunque pensi a come le piante sfruttano gli insetti creando apposta per loro una sostanza zuccherina – il nettare, inutile alla pianta stessa – per attirarli e garantirsi così l’impollinazione.

In termini umani si chiamerebbe raggiro, ma le nostre categorie morali sono inadeguate a descrivere le dinamiche biologiche. L’obbiettivo principale di ogni pianta è quello di svilupparsi e riprodursi, pertanto qualsiasi abilità in suo possesso verrà messa in pratica.

Tra tutte le orchidee, ne esiste una (Ophrys apifera) i cui fiori assomigliano così tanto – nell’aspetto, nell’odore e nel tatto – alle femmine di alcuni imenotteri, che i maschi preferiscono “accoppiarsi” con questi fiori piuttosto che con le rispettive e reali partner in attesa. Così la pianta si assicura la riproduzione, mentre agli insetti non tocca niente in cambio. In casi come questi è difficile non vedere con chiarezza la strategia messa in atto dalle piante.

Michael Pollan – giornalista e saggista americano – si chiede in modo provocatorio se il soave profumo che caratterizza alcune rose non abbia proprio noi come target; la bellezza dei colori, la delicatezza dei petali e la dolce fragranza da cui siamo attratti ha di fatto garantito loro un successo mondiale.

Da quest’altro lato dell’oceano gli fa eco lo scienziato Stefano Mancuso, e non lo fa sulla base di suggestioni ovviamente, ma portando numerosi argomenti a conferma di questa ipotesi; l’esempio dell’orchidea è suo e si trova leggendo “Verde Brillante”, un libro meraviglioso.

E così via, dall’Università di Berkeley a quella di Firenze, passando per la maggior parte degli atenei del mondo come quello di Tel Aviv dove si trova Daniel Chamovitz, autore di “Quel che una pianta sa” (e se lo leggete capirete che sia lui, che le piante, ne sanno davvero un sacco); insomma gli studiosi di tutto il mondo stanno trovando sempre nuove conferme che vedono nelle piante tutt’altro che dei soggetti passivi.

Tappeti Volanti e Castagni

Castanea sativa

Tutto ciò premesso è in qualche modo connesso alla storia, allo sviluppo e al successo di un albero al quale siamo legati in modo assai stretto da tantissimi anni: del castagno è stato scritto di tutto, detto di tutto e specialmente fatto di tutto; legno per l’edilizia, per gli attrezzi, per gli arredi, combustibile per il fuoco, carbone per la stufa e le fonderie, castagne e farina per l’alimentazione umana, frasche e scarti per gli animali.

Se c’è un albero che dona tutto se stesso questo è proprio il castagno. Invecchiando, e può arrivare ad età millenaria, il suo tronco piano piano si svuota restando cavo. Il marciume e il legno interno forniscono un ottimo concime.

Pur di assicurarsi la nostra compagnia ha sopportato per secoli qualsiasi tipo di potatura e capitozzatura estrema che ne favorisse la produzione dei frutti. In cambio ha sempre chiesto poche cose, giuste anche: che venisse sistemato e ripulito ogni tanto il terreno e che lo stesso, se in pendenza, fosse eventualmente rinforzato per evitare cedimenti; cose semplici ma importanti, fanno bene alla pianta e al mondo che ci circonda.
Se pensiamo alla forza, alla pazienza e alla propensione al lavoro, il castagno ricorda il mulo, un animale in qualche modo voluto dall’uomo ibridando un asino con una cavalla. Così come il mulo anche il castagno da frutto è voluto dall’uomo, e anche questo è sterile; nei castagneti, ogni 50 o 60 piante, ne veniva messa una di castagno selvatico per render possibile la riproduzione.

Tappeti Volanti e Castagni

Castagneto da frutto con esemplari monumentali 

Nonostante non sia l’albero numericamente più presente in Italia è tuttavia quello che copre un’estensione geografica maggiore.

Nessun altro ha un areale così ampio; l’ottimo lo si ritrova tra il mare e i monti, in quella fascia di collina medio alta (tra i 400 e i 900 metri) così caratteristica del territorio italiano; ma il castagno ha fatto dell’adattamento il suo stile di vita. Passando da destra a sinistra dell’arco alpino e poi curvando in basso lungo la dorsale appenninica, si può ritrovare in tutte le regioni – isole comprese – dalla costa fino ai 1500 metri.

A ben vedere, le sue radici sembra davvero che tengano assieme tutta la nostra penisola, chissà dove scivolerebbe se non ci fossero i castagni.

Questi alberi ovviamente si trovano anche oltre confine, l’areale complessivo comprende un’ampia zona che dalla Turchia procede inglobando tutta l’Europa meridionale toccando Gran Bretagna e Maghreb. La specie risulta essere indigena per il nostro continente (le analisi polliniche lo confermano) però la diffusione della sua coltura a partire dal I millennio a.C. è di origine orientale; è il percorso classico, quello comune a tante altre specie e culture che dalla regione caucasica sono passate per l’Anatolia, da qui in Grecia per poi arrivare in Italia e diffondersi nel resto d’Europa.

Non dovrebbe stupire quindi la perfetta sovrapposizione tra l’itinerario seguito dai castagni e quello compiuto dall’evoluzione della nostra civiltà.

Fernand Braudel, uno dei principali storici del XX secolo, giustamente attribuisce alla triade grano – olivo – vite il simbolo del paesaggio rurale del Mediterraneo. A completare questa immagine bisognerebbe però aggiungere anche il castagno, sopratutto per l’Italia, dove il paesaggio collinare rappresenta il 41,6% del territorio nazionale; a conferma che questo albero ha fatto di tutto pur di essere presente nella nostra storia, anche rinunciare alla fama che giustamente gli spetterebbe. Il castagno è un gran lavoratore e un amico fedele, ma è forse l’albero meno celebrato tra tutti quelli che abbiamo attorno.

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Corteccia di pianta secolare – Castanea Sativa

Un grande impulso alla castanicoltura si è avuto durante l’Impero Romano; a partire da quel momento i nostri rapporti con questa pianta si sono fatti sempre più stretti per proseguire insieme attraverso medioevo ed età moderna.

L’utilizzo della farina di castagne si diffonde a partire dal XV secolo, favorito dalla disponibilità del prodotto e dall’esenzione della tassa sul macinato; toccava a tutto ciò che passava dal mulino ma, accontentandosi di una farina un po’ più grossolana, quella di castagne si poteva ottenere anche in casa, evitando quindi di pagare la tassa. A partire dalla coltivazione sempre maggiore dei cereali – e sopratutto dopo l’invasione del mais arrivato dalle Americhe – il castagno ha iniziato lentamente a perdere consensi: per buona parte della collina medio alta è rimasto tuttavia l’albero del pane, almeno fino al tramonto della civiltà rurale nel secolo scorso.

Abbiamo sempre associato il castagno a un mondo povero e dal quale prendere le distanze, ma temo che questo sguardo sia poco obbiettivo e principalmente sostenuto dai molti pregiudizi della società in cui viviamo; ogni società tende infatti a mantenere se stessa e i pregiudizi le sono utili per certificare la propria validità rispetto a quella precedente. È innegabile che nel nostro passato ci siano state tante situazioni di povertà e sofferenza, ma non è che nelle città le cose fossero diverse, anzi, erano peggiori mancando i mezzi di produzione agricola e animale. Confrontare società ed epoche diverse è sempre difficile, ma farlo tra la nostra di oggi e quella rurale di ieri è scorretto, il paragone va piuttosto fatto con la società urbana dell’epoca. Così sarà più facile vedere dove erano le condizioni di vita peggiori e più misere, come quelle in cui era presente una cultura di gestione del territorio. Inutile dire quale sia la strada su cui abbiamo puntato, additando l’altra come ignorante e povera; ecco perché il castagno non va troppo di moda.

Tappeti Volanti e Castagni

Corteccia di pianta secolare – Castanea Sativa

Prima ancora che i pittori si accorgessero dell’importanza dei castagni – o quantomeno prima che fosse permesso loro dipingere questi temi – altre arti avevano sporadicamente messo nella meritata luce i frutti del castagno.

Ovidio ci regala un esempio particolare; le parole che egli usa nell’ “Ars amatoria” – un poema in cui offre consigli in questioni d’amore – evidenziano un approccio strategico alla materia amorosa molto più simile al cinismo dei trattati di caccia o di guerra che a uno di nobili sentimenti; per Ovidio il raggiungimento del fine giustifica qualsiasi mezzo, ben vengano quindi l’inganno e la simulazione se utili a mantenere vivo il rapporto d’amore. Pur avendo un punto di vista diverso da Ovidio, qui ci interessa che tra i piccoli doni da fare alla donna amata figurino le castagne:

[…] Non ti consiglio di fare alla tua donna doni preziosi:

fagliene di piccoli, ma tra i piccoli sceglili astutamente.

Quando la campagna è ricca, e i rami oscillano per il peso,

uno schiavo le porti in un canestro i doni rustici

– potrai dire che te li hanno mandati dal tuo podere

suburbano, anche se li hai comprati sulla via Sacra –

porti le uve o le castagne […]

Publio Ovidio Nasone, Ars amatoria, Libro II, vv. 261-267

Da tutt’altro approccio è invece caratterizzata la poesia “Il castagno” scritta da Giovanni Pascoli e inserita nella raccolta “Myricae”. Rileggerla adesso ha avuto un effetto tutto diverso dai tempi della scuola, non ricordavo affatto la dolcezza di questo ringraziamento offerto al castagno.

[…]
tu, pio castagno, solo tu, l’assai
doni al villano che non ha che il sole;
tu solo il chicco, il buon di più, tu dài
alla sua prole;

ha da te la sua bruna vaccherella
tiepido il letto e non desìa la stoppia;
ha da te l’avo tremulo la bella
fiamma che scoppia. […]

Giovanni Pascoli, Il castagno, III vv. 45-52

Tappeti Volanti e Castagni

Corteccia di pianta secolare – Castanea Sativa

Nell’arte visiva, una delle prime rappresentazioni – prima che si parlasse di natura morta – risale a Giotto. Nel meraviglioso ciclo di affreschi presenti nella Cappella degli Scrovegni (1303-05) il pittore fiorentino dedica il registro più basso, quello monocromo ad altezza umana, alla rappresentazione dei Vizi e delle Virtù; tra queste ultime compare la Carità, in mano porta un cesto pieno di fiori e frutta, dove spiccano delle castagne ancora nel loro riccio.

Per alcuni si tratta del primo esempio di natura morta inserita all’interno di un dipinto a tema religioso. Onestamente non so se sia proprio così, però ho impiegato tre giorni per identificare quel riccio con le castagne, così adesso posso garantirvi che esiste davvero.

Tappeti Volanti e Castagni

La carità
ca. 1306
Giotto
Cappella degli Scrovegni – Padova (©wikipedia creative commons)

A questo punto l’articolo avrebbe dovuto proseguire portando altri casi interessanti provenienti dalla pittura.

Uno lo ricordavo dai tempi del liceo, il quadro di Van Gogh Strada con castagni in fiore realizzato nel periodo arlesiano. Si tratta di uno scorcio in cui il pittore riproduce la serenità della vita di provincia della cittadina francese; è una calda giornata di primavera del 1889, una signora passeggia lungo un vialetto di alberi fioriti proteggendosi dal sole con un ombrellino rosso mentre due bambini, probabilmente suoi figli, le camminano affianco; altre persone invece stanno sedute sulle panchine a guardare il tempo che passa, l’ombra degli alberi offre sollievo e rinfresca.

Conosco bene quella zona, il selciato della strada, gli alberi, i giardinetti, le panchine, tutto colloca la scena tra Boulevard des Lices e l’Anfiteatro; mi sono seduto tante volte su quelle panchine mentre passeggiavo per Arles, ma non avevo mai realizzato di trovarmi all’interno di un quadro di Van Gogh. Allo stesso tempo, è solo adesso che realizzo un’altra cosa; questo quadro – Strada con castagni in fiore – è tutto fuorché ciò che il titolo dice di essere; non sono castagni, bensì ippocastani. Lo dimostrano la forma e il colore dei fiori, il poco senso nell’aver eventualmente scelto una pianta come il castagno per una strada cittadina e da ultimo anche il clima della città sicuramente poco favorevole al nostro amico.

Tappeti Volanti e Castagni

Avenue with flowering Chestnut* Trees at Arles
1889
Vincent Van Gogh
Collezione Privata
(*in realtà sono ippocastani) © creative commons

Quindi questo esempio che volevo portarvi per parlare dei castagni non si può usare, o meglio, lo si può fare ma per testimoniare come la poca attenzione che ricevono ormai queste piante abbia portato a una errata traduzione del titolo del quadro. Non sarebbe mai successa una cosa del genere se si fosse trattato di una quercia.
Ho dovuto allora controllare se gli altri esempi che avrei voluto offrirvi sarebbero stati corretti. Ci saremmo spostati solo di pochi chilometri infatti, da Arles ad Aix-en-Provence, a casa di Paul Cézanne.

Un’abitazione particolare la sua – il Jas de Bouffan, un maniero più che una casa – che il padre del celebre pittore acquistò nel 1859. Qui Paul installò a partire dal 1880 un atelier nell’attico dell’edificio e si dedicò a dipingere sia il giardino che i dintorni. Numerose opere sono dedicate al parco, al viale e ai castagni che lo fiancheggiano.

Tappeti Volanti e Castagni

The Pool at Jas de Bouffan
ca.1885-86
Paul Cézanne
Metropolitan Museum of Art
New York

© creative commons

Ma sono davvero castagni questi o non si tratta ancora una volta di un equivoco con una pianta ornamentale apparentemente simile ma in realtà nemmeno parente dei nostri umili amici?

Se per il quadro di Van Gogh bastava un esame visivo, in questo caso le cose sono meno immediate e dobbiamo andare per deduzione: l’altimetria, il clima, il luogo e la funzione di questi alberi (ombreggiare il viale che porta alla casa), indicano tutti nella solita direzione; questi non possono essere castagni ma deve trattarsi di altri alberi.

Sono rimasto bloccato con questo dubbio per più giorni, soprattutto dopo aver trovato sul sito del Metropolitan Museum di New York l’indicazione chestnut (castagni) nella scheda di descrizione dell’opera. Sembrava un vicolo cieco, insomma se il quarto museo più visitato al mondo – e che oltretutto possiede il quadro di cui riporta il nome – dice che questi sono castagni mi dovrò arrendere, ho pensato.

E invece no; ho trovato il nome del quadro in lingua originale, ovvero in francese, lingua magnifica non solo per la sonorità ma anche per come distingue con chiarezza tra il chataignier (castagno) e il marronier (ippocastano); difficile far confusione e Cézanne aveva usato il termine marronier: Les Marronniers du Jas de Bouffan. In inglese la differenza tra castagno e ippocastano è più leggera, chestnut rispetto a horse-chestnut, forse è lì che è nato l’errore.

Comunque sia, adesso sappiamo con certezza che tutti i quadri di Cézanne chiamati con nomi tipo “castagni al Jas de Bouffan” o simili non sono affatto castagni bensì ippocastani.

Stessa sorte anche per il famoso “Rami di castagno in fiore” di Van Gogh, ancora una volta si tratta di un ippocastano spacciato per castagno.

Tappeti Volanti e Castagni

Blossoming Chestnut* Branches
1890
Vincent Van Gogh

(*si tratta di horse-chestnut, ippocastano)

© creative commons

Tra i grandi musei il Metropolitan non è l’unico a incorrere in questa disattenzione, la Tate Modern nella descrizione di un quadro simile di Cézanne ripropone il solito errore. E così praticamente tutte le traduzioni di questi quadri in italiano.

Come sia possibile che vengano fatti errori del genere è una domanda che non trova altra risposta se non nell’atteggiamento sempre più snob e superficiale con cui ci relazioniamo ai castagni.

Tre millenni di collaborazione sono un po’ troppi per far confusione con altri alberi, e io penso che almeno un grazie e la corretta attribuzione quando lo si nomina siano il minimo che possiamo fare per una pianta con cui abbiamo convissuto fino a pochi momenti fa.

A meno che non sia il castagno stesso ad essersi stufato della nostra presenza e abbia deciso di allontanarci da sé nascondendosi sempre di più; su questo ancora non esistono studi.

Quello che è certo è che parlare di castagni, almeno per me è difficile, perché ho la sensazione di parlare di me stesso, della mia storia, della mia cultura e della mia identità, e parlare di queste cose non è mai facile. Ho provato delle sensazioni simili recentemente, in una situazione assai diversa; fotografare casa mia per dare le immagini all’agenzia immobiliare così che potesse disporre l’annuncio per la vendita.

Ho fotografato molte case per lavoro, e tutte – dalle più piccole alle più grandi – mi hanno offerto un’esperienza piacevole; ma fotografare casa propria è tutt’altra cosa e quando ti ci metti la differenza si sente tutta.

Un saluto, a presto, e ricordate: le macchine prima o poi si fermano, i tappeti volanti no, come si capisce da questa fotografia di backstage scattata durante la sessione fotografica dedicata ai castagni.

Tappeti Volanti e Castagni

Infine una breve bibliografia riassuntiva

AA.VV., Linee Guida per la gestione selvicolturale dei castagneti da frutto. Crea

Mauro Agnoletti, Storia del bosco. Editori Laterza

Giovanni Bernetti Le piante del bosco, forme, vita e gestione. Compagnia delle Foreste

Daniel Chamovitz, Quel che una pianta sa. Scienza e Idee

Stefano Mancuso, Alessandra Viola, Verde brillante. Giunti

Michael Pollan, La Botanica del desiderio. ilSaggiatore

Publio Ovidio Nasone, Ars amatoria (click ita, click lat)

Giovanni Pascoli, Il castagno (click per leggere, è bellissima)