Stop aborto, polemica per i manifesti della campagna di Pro vita e famiglia

1 febbraio 2021 | 16:55
Share0
Stop aborto, polemica per i manifesti della campagna di Pro vita e famiglia

Il movimento Non una di meno: “Spazio pubblico invaso da messaggi colpevolizzanti e liberticidi”

Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è la mia scelta“. È questo il messaggio apparso su un furgoncino in sosta in località Arancio che subito ha sollevato perplessità e polemiche da parte di alcuni cittadini.

Il manifesto, dallo slogan #stopaborto, fa parte dalla campagna antiabortista promossa dall’associazione Pro Vita e Famiglia che in questi giorni è tornata a rivendicare le proprie idee su tutto il territorio nazionale con messaggi e immagini forti. Messaggi che subito hanno sollevato le polemiche del movimento Non una di meno che ha definito quei manifesti ” colpevolizzanti e liberticidi”.

“A pochi giorni dalla nostra azione di protesta contro la farmacia che si rifiuta illegalmente e immoralmente di vendere la pillola del giorno dopo, i manifesti antiscelta arrivano a Lucca, a colpire il traballante diritto all’interruzione volontaria della gravidanza – scrive il gruppo lucchese – In un contesto che vede le donne sotto attacco su tutti i fronti questo spregevole pezzo di umanità non pensa ad altro che a promuovere la cultura del disprezzo dei nostri diritti. La stessa cultura che si materializza quando il personale obiettore (al 70 per cento in Italia) ci costringe a girare la provincia in cerca di un ospedale sicuro dove abortire, nella tortura della settimana di riflessione sulla nostra decisione, nelle conseguenze drammatiche di un’operazione eseguita con poche risorse e poca sensibilità. Nella paura di non riuscire a prendere in tempo una pillola del giorno dopo”.

Ma l’associazione Pro vita e famiglia è decisa a portare avanti la sua battaglia. “Sono le stesse persone sul territorio che ci stanno chiamando e vogliono aderire alla nostra battaglia, nonostante i nostri camion vela ed autisti vengano talvolta fisicamente attaccati da militanti abortisti – spiega il presidente della onlus -. Vogliamo far riflettere e far capire alle persone che abortire è sempre la soppressione di una persona umana. Troppe vite vengono eliminate, anche a causa di uno stupro. Ma che ha fatto di male quel bambino? Si merita forse quella condanna a morte che nemmeno lo stupratore riceve? Anche in una situazione così atroce e devastante per la donna, vittima di una violenza inaudita e bestiale, si può concepire una seconda orribile violenza come l’eliminazione di un essere innocente? Seguendo questa logica, persone come Jesse Jackson, attivista per i diritti umani, la cantante Eartha Kitt e la pittrice Ethel Waters, tutte concepite dopo uno stupro, non sarebbero state degne di vivere?”.