1986, esce The Dark Knight Returns: tramonta la figura dell’eroe buono e sempre dalla parte giusta

Frank Miller ci guida, vignetta dopo vignetta, dentro l’anima di Bruce Wayne. E il fumetto americano entra nell’età adulta
Inizia oggi (1 aprile) una nuova rubrica di Lucca in Diretta. L’autore è Francesco Palmieri, noto esperto di fumetti e collezionista, che affronterà sulle colonne della nostra testata un percorso nel mondo della nona arte e dei suoi interpreti più e meno noti. Un modo per rendere, anche sul nostro giornale, la città di Lucca, che già ospita la manifestazione di settore più importante e che in questi giorni alza il sipario su Collezionando, capitale del fumetto. Buon viaggio e buona lettura a tutti (Enrico Pace)
Testi e disegni: FRANK MILLER
Colori: LYNN VARLEY
Data di uscita USA: settembre 1986
Batman, creato da BOB KANE e BILL FINGER
Prima pubblicazione: Detective Comics n. 27, maggio 1939
Fino al 1986, il mondo dei fumetti si divideva in buoni e cattivi, era tutto ben distinto, separato, riconoscibile.
Sapevamo da che parte stava il Bene e da quale stava il Male, non avevamo alcuna difficoltà a tifare per i buoni.
Certo, da 1961 gli eroi erano più complessi e sfaccettati (alla Marvel Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko avevano creato i “super-eroi con super-problemi”), ma erano sempre eroi.
Nel 1986, arrivano nelle mani dei lettori due opere della DC Comics che avrebbero messo in discussione, seriamente e per sempre, la figura dell’eroe come eravamo abituati a considerarla fino ad allora.
Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons e The Dark Kight Returns fanno tabula rasa della figura dell’eroe innocente, buono e sempre dalla parte giusta. Il 1986, con queste due opere archetipiche, segna l’entrata nell’età adulta per il fumetto americano.
Sono passati decenni da allora, un’intera generazione, eppure… date un’occhiata. È vero, mancano gli smartphone, internet e i social, ma il tempo non è realmente passato. C’è lo strapotere dei media, l’incompetenza, l’incapacità e la superficialità elette a sistema. La sete di potere e la paura della responsabilità. Le cose stanno ancora così, i demoni che infestano questo mondo distopico sono ancora i nostri demoni.
Scoprirete che c’è ancora bisogno di Batman e che, per fortuna, “non può morire”.
Batman, dal Dark al Camp e ritorno
Batman nasce nel 1939 sulla scia di eroi oscuri, duri, violenti che all’epoca popolavano pulp magazine, fumetti e programmi radiofonici. Personaggi come Doc Savage e The Shadow, tanto per citarne due, ma prende alcune caratteristiche anche da Zorro e perfino da Sherlock Holmes (in fondo, nasce su una testata che si chiama Detective Comics).
Negli anni, Batman ha subito molti cambiamenti: ha smesso di uccidere e di usare armi da fuoco, ha imparato a sorridere, ha stretto rapporti con altri eroi e si è perfino trovato un partner nell’azione contro la malavita. Robin, il ragazzo meraviglia, che tanto ha fatto per “alleggerire” la figura troppo “dark” dell’uomo pipistrello.
Addirittura, è diventato protagonista di una celeberrima serie televisiva che, se da un lato gli ha dato notorietà planetaria, dall’altro ne ha alterato la natura oscura trasformandolo in un eroe “camp”, da fumetto comico. Una macchietta, più che un giustiziere vendicativo.
Nel 1986, però, il mondo era diviso in due e la guerra atomica incombeva sull’umanità come una coltre spessa e soffocante. Per Miller e altri autori come lui, non era più tempo di colori vivaci e distinzioni nette.
Il Batman che vediamo in questa storia è un signore più che cinquantenne, ritiratosi a vita privata più di 10 anni prima, in seguito alla morte di Jason Todd, il secondo Robin, ucciso dal Joker.
Bruce Wayne, l’uomo dietro la maschera, non riesce a sopportare il peso di quella morte. Si toglie la maschera e smette di dare la caccia al Male.
Gotham City, senza il suo giustiziere, precipita ancora di più in un’oscurità avviluppante, in una stagione di crimini senza freni. Sullo sfondo, un mondo che scivola verso la terza guerra mondiale.
In questo clima distopico, l’assenza di Batman non è l’unica nota stonata: tutti i super-eroi hanno dovuto ritirarsi a seguito di un editto del governo che ne proibiva l’attività. Batman rise del divieto e continuò l’attività di vigilante fino al già citato lutto.
Sul mondo dominava il grigio nella sua versione più scura. Il Bene sfumava i suoi contorni fino a confondersi e a legarsi inestricabilmente col Male, simmetricamente uniti.
Due facce della stessa medaglia.
Una storia di ossessioni e tremende simmetrie
Frank Miller fa tornare Batman alle sue origini. Esso è il lato oscuro della giustizia, quello che agisce con violenza e rapidità dove la legge è lenta e inefficace. In lui i concetti di Bene e Male sono molto relativi e un solo imperativo morale ne frena la violenza: non uccidere. Mai. Nessuno e per nessun motivo.
Miller ama questo personaggio, gli è fedele e, come tutti i grandi autori, lo fa soffrire, lo mette alla prova, lo tormenta fino alle estreme conseguenze. Fino a fargli riconsiderare i propri imperativi.
Non è un caso (in questa storia niente lo è) che The Dark Knight Returns inizi con Due-Facce, uno degli avversari più emblematici di Batman, l’albergo incarnato del Bene e del Male.

Batman e Due-Facce
Harvey Dent, questo il vero nome del criminale, decide le sue azioni in base al lancio di una moneta che ha una faccia deturpata (esattamente come il viso del personaggio, sfigurato per metà da un incidente). Se la moneta, dopo il lancio, mostra il lato integro, Dent rinuncia ai suoi piani delittuosi. Se mostra la parte danneggiata, però, non c’è limite al male che Due-Facce può fare.
Il bene e il male che convivono in ognuno di noi, in modi sfumati e a seconda delle circostanze, in Due-Facce hanno contorni netti, e solo il caso fa sì che prevalga uno o l’altro. È questo il mondo di Batman, un caos dominato da un fato cieco e sordo alle grida dei disperati.
È a questo mondo che Miller riporta il personaggio, ma non è proprio uguale a come lo aveva lasciato: durante l’assenza dell’uomo pipistrello, il mondo è peggiorato.
Il crimine, senza l’argine del vigilante, spadroneggia in una città governata da uomini deboli, giovani senza scrupoli e commissari saggi ma ormai anziani e alle porte della pensione.
La voglia di Bene è talmente forte che crea illusioni pericolose, avallate da studiosi ed esperti che pretendono di cambiare la natura delle persone con poche parole e qualche tecnica medica.
È così che Due-Facce, imprigionato nel manicomio Arkham, viene “curato” e presentato al mondo come “guarito”. Rimesso in libertà, non ha più bisogno di tirare la moneta per decidere: la sua nuova faccia, la cura che l’ha reso integro, ha cancellato una metà di sé, ma è quella sbagliata.
Solo il Male adesso domina quest’uomo, vittima della propria pazzia e della pazza speranza altrui.

All’imperversare della violenza di Due-Facce, in Bruce Wayne si riaffaccia prepotente un fantasma che pensava di aver rimosso. Una forza antica si muove in lui; l’aveva incontrata da bambino, in una caverna, ben prima che la morte violenta dei genitori lo trasformasse. Aveva le fattezze di un pipistrello, ma era ben di più.
Batman: “Plana con grazia antica, […] occhi brillanti, senza amore o gioia o dolore. Alito caldo, che sa di nemici uccisi […] il sopravvissuto più feroce, il guerriero più puro. Guardandomi, odiandomi… mi pretende per sé”.
La morte dei coniugi Wayne, in uno squallido e lurido vicolo di Gotham, non è stata la causa della crociata intrapresa dal giovane Bruce, era solo la sveglia al demone che albergava in lui.
In questo, Bruce Wayne e Harvey Dent sono identici, spinti non da una missione, ma da un’ossessione.
In loro vivono demoni che premono per uscire, che muovono i loro corpi, che governano le loro emozioni, prendendo il sopravvento senza che le parti “umane” possano opporsi.
Entrambi ci hanno provato, Bruce abbandonando il costume, facendosi crescere i baffi e perfino imparando a bere alcolici, nella speranza di ottundere il richiamo che sentiva dentro; Harvey facendosi curare la faccia e la psiche da due luminari nei rispettivi campi. L’umanità di entrambi ne è uscita sconfitta.
Il fatto che uno lotti dalla parte del Bene e l’altro dalla parte del Male, li rende solo parte della stessa medaglia. Una medaglia con entrambi i lati incisi da segni spessi e profondi.
Batman e Joker
In quella che molti definiscono “la storia definitiva” dell’uomo pipistrello, non poteva certo mancare il suo vero alter-ego. Dove il Bene si veste di grigio e penombra, il Male si maschera con colori accesi e caricaturali, inondando di luce sé e il circostante. Colori malati, velenosi, mortali; luce prodotta da spari ed esplosioni.
Tutti i nemici di Batman sono pazzi e assassini, ma nessuno è più ossessionato di Joker dallo sterminio.
Se Due-Facce ha riportato in vita l’uomo pipistrello, è il ritorno di Batman che sveglia Joker dall’apatia e lo spinge a evadere da Arkham (sì, sempre lo stesso manicomio). Fugge grazie all’aiuto involontario dello scellerato psicologo che aveva già “curato” Due-Facce.
Joker ama Batman tanto quanto è odiato da lui. La loro danza dura da decenni, al ritmo di centinaia di morti.

Luce e ombra, colori e nero, gioia e rabbia… La realtà è sovvertita da questo maniaco omicida, che usa i giocattoli per seminare morte come Batman usa i suoi Batarang per dispensare giustizia.
Joker ha un’unica missione: rendere Batman uguale a lui, un assassino. Sarebbe disposto a sacrificare se stesso per riuscirci. Perché egli sa di essere l’altra faccia del Cavaliere Oscuro e lo sa anche Miller: i baloon dei pensieri di Batman e della voce di Joker, hanno lo stesso colore, una similitudine netta e inequivocabile.
Due facce della stessa medaglia che danzano un’ultima volta tra le rovine di un mondo che cade.
Batman e Superman
La National (antesignana dell’odierna DC Comics), pubblicò Batman perché era un personaggio agli antipodi con quello che, dall’anno precedente, aveva inaugurato, sempre per la stessa casa editrice, l’epoca d’oro dei super-eroi: Superman.
In effetti, i due personaggi sembrano davvero opposti: Superman è solare, buono, protettivo, pieno di super-poteri e alieno; Batman è oscuro, spaventoso, violento, con un cervello portentoso, un sacco di bat-aggeggi e fin troppo umano. Agli inizi aveva perfino una pistola e non esitava a usarla.
Anche gli ambienti in cui i due vivono sono opposti: il mondo di Superman è pulito, ordinato, c’è sempre il sole e la notte è illuminata dalla luna e da bei lampioni moderni; Gotham, invece, è lurida, caotica, buia anche di giorno, male illuminata di notte.
Il mondo descritto da Miller, però, non è mai rassicurante, anche dove ci si aspetta che lo sia. Superman, unico super-eroe ancora in servizio (seppur in assoluta segretezza), è uno strumento nelle mani del governo USA. Un’arma segreta che, nel tentativo di sconfiggere i nemici della “cortina di ferro”, li spinge a lanciare un arma letale quanto l’atomica.
Batman: “Clark, idiota. Gliel’hai lasciato fare. Lo sapevo […] Io le seguo queste cose, Clark. Uno di noi deve farlo”.
Superman: “[…] Quando siamo stati convocati dalla Commissione Parlamentare, solo tu gli hai riso in faccia. Quella tua risata inquietante”.
Superman è un alieno che si è conformato ai dettami degli umani, un Gulliver al servizio dei lillipuziani. Batman è un umano che si erge sopra alle bassezze umane e le giudica con un ghigno e una perseveranza mai rassegnata.
Lo scontro tra le due facce dell’eroismo è epico (e come poteva essere, altrimenti?), violento e senza quartiere.
La determinazione umana contro la potenza della natura. La forza delle legge contro la speranza della giustizia. La luce contro l’oscurità.
Poteva finire solo con la morte.

Il ritorno del Cavaliere Oscuro
Bruce Wayne, scopriamo con questa storia, non è un eroe tormentato, in cerca di giustizia per l’omicidio dei suoi genitori. È un uomo preda di uno spirito oscuro, ossessionante, violento, predatore.
L’uomo ha cercato di esorcizzare il demone, ma la liberazione di Due-Facce scatena in città un crescendo di violenza. Due-Facce e i mutanti causano una violenza tale da spezzare le già fragili catene con cui il vecchio e stanco Bruce, aveva imprigionato il suo demone interno, sempre feroce e vigoroso.
In una manciata di pagine si consuma la lotta interiore tra l’umano e il demone, inutile dire che l’umano ne esce sconfitto.

Queste sono tra le pagine più dense ed emozionanti dell’intera storia, il lettore riesce a vedere, a sentire, a vivere il tormento di un uomo la sua battaglia con se stesso, la passione che lo anima.
Miller ci guida, vignetta dopo vignetta, dentro l’anima di Bruce Wayne, vi affondiamo dentro e ne usciamo confusi, frastornati.
Quando torniamo a posare lo sguardo, Bruce Wayne è scomparso. Al suo posto solo tuoni che si confondono con le urla e il rumore delle ossa che si spezzano.
Qualche pagina dopo (sette, per l’esattezza), capiamo… Una splash page magistrale certifica che Batman è tornato.

Un eroe oscuro e (non più) solitario
Il mondo dipinto da Frank Miller, l’abbiamo già scritto, è buio, violento, pericoloso… angosciante.
In un mondo del genere, la giustizia è una chimera e un eroe, per quanto potente, ben poco potrebbe contro le orde del crimine. Sì, perché durante l’assenza di Batman, nuove figure sono apparse per aumentare il caos: i mutanti.
Una categoria di persone diverse, dai tratti mostruosi, emarginate, ma fisicamente forti e determinate a prendere il potere.
Sono mostri, ma non più di un’umanità che sembra aver rinunciato al pensiero, all’approfondimento, all’aiuto reciproco.
Un’umanità che accoglie una guerra tra uno spot e l’altro, senza preoccuparsi perché imbonita dalla TV. Senza coscienza di essere protetta da esseri banditi, clandestini, pariah.
Superman: “[…] La cretina della televisione ha detto che la bomba sarebbe esplosa senza far danni. […] Fiamme senza fine. E tu, Bruce, ridevi di loro. Possono fate questo e tu ridi di loro. Possono cambiare il tessuto della realtà… scagliare tonnellate di terra nel cielo… […]”.
I mutanti sono giovani, sono motivati, hanno un leader. L’anziano eroe capisce presto che il suo corpo non è più adatto a seguire il suo demone come un tempo. Ha bisogno di supporto, ha bisogno di eredi.

Questi ragazzi sono come lui, ossessionati, violenti, decisi. Devono solo essere indirizzati, educati a far del male a fin di bene.
Un esercito di combattenti per l’oscura giustizia di Gotham, un drappello di guerrieri che agirà nell’ombra, protetto dal labirinto di sotterranei che attraversa il territorio.
Batman: “Abbiamo anni… tutti gli anni che ci servono… per studiare, allenarci, organizzarci […]”.

Saranno educati, saranno addestrati, saranno pronti alla bisogna. Eroi nascosti nell’ombra, orribili come il male che combattono e altrettanto malati.
Nella concezione distopica che permea l’opera, tutto ciò è perfettamente sensato. È l’altra faccia della medaglia.
Così com’è sensato che una ragazzina di buona famiglia lasci la sua casa per unirsi alla crociata col nuovo nome di Robin.
Batman e Robin
Il dinamico duo, così era appellata la coppia nella serie televisiva.

Robin è arrivato abbastanza presto nella serie a fumetti, meno di un anno dopo la nascita di Batman. Dick Graison, questo il suo nome, era un ragazzo che, insieme alla famiglia, lavorava in un circo, come trapezista. La famiglia fu uccisa e Bruce Wayne raccolse il ragazzo sotto la sua ala. Lo addestrò, gli diede un costume e, così facendo, indirizzò la rabbia del ragazzo verso un fine di giustizia.
Carrie Kelley è, a suo modo, orfana anch’essa: la sua è una famiglia borghese, non sembra che manchi nulla alla ragazza, salvo la presenza dei genitori. Sono talmente assenti che non li vede nemmeno il lettore, li sente parlare sempre fuori campo.
La ragazza è coraggiosa, ansiosa di trovare il suo posto nel mondo e, quando Batman ritorna ufficialmente, decide di diventare il nuovo Robin.
Compra un costume e si lancia all’avventura, grazie al suo apprendistato nelle girl scout, alla ginnastica artistica e alla sua abilità con i computer. Ah, dimenticavo: ha anche una fionda.
Ha tutto per sostituire Dick e Jason nella lotta di Batman contro il Male.

Batman: “Non dimenticherò mai Jason, era un buon soldato. Ma la guerra continua”.
Batman e Gordon
Il viso accigliato, lo sguardo limpido, la voce ferma, Jim Gordon è, da sempre, il volto della Giustizia a Gotham City. Nonostante sia ormai anziano, a cui pochi giorni dalla pensione, rimane determinato, coraggioso e lucido, anche nelle circostanze estreme.
L’attitudine al comando, la determinazione, la fede nella Giustizia e anche l’essere burbero e scostante, sono le caratteristiche che lo accomunano al Pipistrello.
Entrambi sono soli, ma con almeno una figura centrale nelle loro vite. Per Jim si tratta della moglie, Sarah. Per Bruce c’è Alfred, il fedele maggiordomo che si prende cura di lui da tutta la vita.

Gordon è l’unico che capisce Bruce Wayne, che ne comprende la natura, la accetta, ma non se ne fa risucchiare. È forse l’unico amico che il miliardario-eroe avrà mai.
Jim Gordon è la sintesi tra Bene e Male, tra Luce e Oscurità, tra Legge e Giustizia.
In breve, è il rappresentante di quell’umanità che solo a tratti appare in questa storia. Un’umanità solidale, che sa fare del bene, che collabora e affronta la vita insieme.
Quell’umanità che ci dà speranza anche a Gotham City. Anche senza Batman. Anche nel mondo in cui viviamo.