In forte calo l’utile netto delle società di capitali toscane. In crescita i fallimenti

L’ingresso nella seconda recessione degli ultimi cinque anni ha inciso negativamente sugli equilibri economico-finanziari delle società di capitali toscane, che nel 2013 registrano un aumento delle cessazioni (+4,4%) e, soprattutto, un incremento delle procedure concorsuali, con 741 imprese entrate in fallimento (+29,1% rispetto al 2012) e 217 in concordato (+42,8%). Si tratta di una tendenza che sta tuttora proseguendo: nei primi tre mesi del 2014, le società di capitale entrate fallimento sono state 227 (+14,6% sull’analogo trimestre dello scorso anno) e quelle in concordato 81 (+47,3%). Tale situazione riflette il forte peggioramento dei risultati economici realizzati, come evidenziano i dati degli ultimi bilanci depositati presso le Camere di Commercio dalle società di capitali toscane, con più di un’impresa su quattro che ha chiuso il bilancio 2012 con una perdita di esercizio. Alla nuova decisa inversione nell’andamento del fatturato (-2,1% rispetto al 2011) si è infatti accompagnata una ulteriore riduzione del valore aggiunto (-3,1%) e, soprattutto, dei margini operativi lordi (-10,9%), determinata da un elevato e crescente peso del costo del lavoro per unità di prodotto. Il brusco arresto nello sviluppo dei ricavi e del valore aggiunto ha colpito duramente soprattutto le micro e le piccole imprese (valore della produzione inferiore a 10 milioni di Euro), che insieme rappresentano il 97% delle società di capitali prese in esame. Lo rende noto Unioncamere Toscana, presentando i dati dell’Osservatorio sui Bilanci relativamente agli andamenti economici e patrimoniali delle società di capitali toscane.
“Fra i vari elementi evidenziati dall’analisi svolta – dice Vasco Galgani, Presidente di Unioncamere Toscana – è opportuno sottolineare come la crisi degli ultimi anni stia rendendo sempre più difficoltosa per le imprese la copertura degli oneri finanziari. La sostenibilità del credito ricevuto è, infatti, peggiorata non soltanto per il costo del debito in sé, ma anche perché la compressione dei margini riduce le risorse con cui le imprese riescono ad onorare i propri impegni. Ora più che mai le istituzioni e il sistema bancario, come anche le Camere di Commercio e le associazioni di categoria, devono lavorare insieme per trovare strumenti e soluzioni in grado di assistere gli imprenditori in una fase estremamente delicata come l’attuale. La possibilità di agganciare la ripresa dipende, infatti, anche dalla possibilità di accedere alle risorse necessarie per avviare progetti di investimento e mettere in atto scelte di riposizionamento strategico, e dalla possibilità che tale accesso possa avvenire a condizioni accettabili.”
Redditività operativa in peggioramento strutturale: il sistema genera sempre meno liquidità
Per effetto della crisi le società di capitali lasciano sul terreno nel 2012 un punto percentuale di redditività operativa. Il rapporto tra margini operativi netti e capitale operativo investito netto (Roi operativo) scende infatti dal 2% all’1%. A fronte di una sostanziale stabilità degli investimenti in struttura (+0,2% tra il 2011 e il 2012) tale peggioramento di redditività operativa può dirsi del tutto legato alla perdita di marginalità sulle vendite. Per effetto del crollo dei ricavi e dell’incremento dell’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto, a fronte di un tasso di ammortamento sostanzialmente invariato, il Ros passa infatti dal 2,1% del 2011 all’1,1% del 2012, mentre il turnover del capitale investito resta pressoché invariato rispetto al 2011. La forte riduzione nei ricavi delle vendite e la brusca contrazione dei margini sono dunque gli effetti immediati dell’impatto che la svolta nel ciclo economico verificatasi nella seconda parte del 2011, con la seconda recessione in cinque anni, ha determinato sull’efficienza della gestione delle imprese.
Anche se nel periodo si osserva una riduzione della liquidità ferma in circolante (-1%) legata essenzialmente ad una complessiva riduzione del valore delle rimanenze, gli indicatori riferiti alla liquidità generata dalla gestione operativa evidenziano una situazione di grave peggioramento.
La capacità di autofinanziamento operativo lordo subisce infatti una riduzione di ben due punti percentuali nell’arco del triennio 2010-2012 e, con esso, peggiora anche la capacità di coverage degli oneri finanziari. Ci si trova davanti a un circolo vizioso in cui, a struttura ferma, la redditività degli investimenti peggiora notevolmente e, complice l’elevata incertezza nella ripresa della domanda, non rende conveniente programmare nuovi investimenti in prospettiva di una ripresa dei ricavi.
L’utile netto diventa negativo per una parte rilevante delle società di capitale toscane
Il triennio 2010-2012 segna un grave peggioramento nella redditività netta delle società di capitali toscane. Il rapporto tra utile netto e fatturato scende per la prima volta in terreno negativo (-0,36%) come esito della brusca contrazione dei ricavi delle vendite e della contemporanea forte crescita del peso degli oneri finanziari.
Parallelamente al nuovo rallentamento dei prestiti bancari concessi alle imprese (-1,4%), il costo del credito bancario a breve termine è infatti cresciuto di 1,1 punti percentuali nel 2011 rispetto al 2010 come effetto dell’incremento degli spread e del peggioramento dei profili di rischio delle imprese, ed ha subìto un ulteriore incremento 0,4 punti nel 2012, a causa del progressivo peggioramento nella qualità del credito bancario (ingressi in sofferenze, 4,3% a dicembre 2012). I dati di bilancio delle società di capitali toscane evidenziano nel triennio una consistente crescita del peso degli oneri finanziari sul fatturato, che passano da 1,71 euro del 2010 a 2,02 euro nel 2012. Tale fenomeno colpisce ancora una volta micro e piccole imprese, con un’incidenza rispettiva di 4,3 euro e di 2,21 euro ogni 100 di fatturato per oneri finanziari. In un contesto di sostanziale stabilità se non di lieve riduzione del peso delle imposte sul fatturato è proprio il peso degli oneri finanziari a determinare la perdita netta (-4,5 Euro ogni 100 di fatturato le micro imprese, -1,6 Euro ogni 100 di fatturato le piccole imprese); resistono le medie e le grandi imprese, con livelli di redditività netta positivi ma in peggioramento (0,4% il rapporto utile/fatturato per la media impresa, 1,3% per la grande).
Autonomia patrimoniale e finanziaria
I livelli di capitalizzazione delle imprese toscane si attestano nel 2012 su un valore medio del 31,1%, da giudicarsi sicuramente basso in periodi di così acuta crisi economica, anche se in lieve crescita rispetto all’anno prima. Tale crescita, comunque, non appare generalizzata e sembra trainata dalle imprese di più grande dimensione, con fatturati cioè oltre i 10 milioni di euro. Se i livelli di patrimonializzazione, in media, crescono, il peso dei debiti finanziari sulla stabilità delle imprese si fa sempre più sentire sui bilanci delle società di capitale toscane. Infatti, mentre nel 2010 i flussi di cassa lordi prodotti dal core-business aziendale superavano di oltre 4 volte il carico degli oneri finanziari, questo gap si riduce repentinamente nel giro di due anni: il coverage degli oneri finanziari si attesta a 2,9 nel 2012. In questo contesto, la situazione più critica è, comunque, quella delle micro imprese, il cui valore medio di coverage degli oneri finanziari è sceso all’1,8. In queste condizioni, far ripartire gli investimenti, dopo aver regolarmente pagato le imposte, è compito assai arduo.
Andamenti settoriali
Industria in senso stretto e commercio-turismo sono i settori con il maggiore divario tra andamento dei ricavi e andamento dei margini nel 2012. Nelle imprese industriali l’incremento del fatturato (+7,8%) si accompagna ad una riduzione delle scorte di magazzino e ad un peso crescente di costi esterni incomprimibili, portando a zero lo sviluppo del valore aggiunto (0,4%). Una forte riduzione delle scorte è stata operata nel 2012 dalle imprese del commercio, in un contesto in cui pur di sostenere il fatturato (+3,4%) la crescita delle vendite è avvenuta a prezzi sempre più bassi. L’effetto è stato quello di una riduzione nel valore aggiunto (-4,5%) che a cascata ha determinato un deciso peggioramento della redditività delle vendite (-0,4% il livello 2012). Gli altri servizi evidenziano andamenti diversificati nella componente market e non market: a fronte di incrementi di fatturato per entrambi i settori i servizi non market peggiorano ulteriormente l’indicatore di redditività delle vendite, rimasto negativo per tutto il triennio. A pesare sui margini un costo del lavoro a livelli talmente elevati da assorbire quasi interamente i margini di valore aggiunto. L’edilizia conferma invece la situazione di grave crisi che caratterizza il settore dal 2009 (-11,6% il fatturato complessivo nel 2012, -3,5% il rapporto tra utile netto e fatturato), le cui società di capitali risultano schiacciate dal peso, e dal relativo costo, del debito. Il rapporto tra oneri finanziari e fatturato, infatti, sfora la fatidica soglia del 5%, attestandosi al 5,4%.