Camera di Commercio, scatta stato di agitazione

29 gennaio 2016 | 09:36
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Camera di Commercio, scatta stato di agitazione

Stato di agitazione tra i dipendenti delle Camere di Commercio, per il rischio di esuberi e tagli al personale. Alla protesta aderiscono anche le Rsu dell’ente lucchese, come il resto delle istituzioni locali. I motivi sono da ricercare, spiegano Cgil, Cisl e Uil nella bozza di decreto delegato attuativo della riforma della pubblica amministrazione relativo alle Camere, circolata in queste ultime settimane. Secondo i sindacati l’atto costituirebbe “un grave tentativo di ridimensionare il sistema camerale” per “portarlo ad un progressivo smantellamento, considerato che le Camere hanno già dovuto subire un taglio della propria principale fonte di finanziamento, il diritto annuale, in una misura che nel 2017 toccherà il 50%”.

“Le principali criticità individuabili nella bozza – spiegano i sindacati – sono relative alla riduzione delle funzioni svolte, lasciando alle Camere soltanto il registro imprese, gli albi e registri, la tutela del consumatore, la vigilanza sui prodotti, la metrologia legale ed alcune funzioni di assistenza e supporto alle imprese. In questo modo non sarebbero più forniti, fra gli altri: servizi di arbitrato, conciliazione e mediazione; contributi e finanziamenti alle imprese; sostegno all’internazionalizzazione; sostegno ai consorzi di garanzia fidi; deposito di marchi e brevetti; servizi di statistica e studi economici; supporto alle imprese per l’innovazione e la digitalizzazione; rilevazione prezzi; corsi di formazione; alternanza scuola/lavoro”.
“Questo svuotamento di funzioni – prosegue la Rsu – appare difficilmente comprensibile alla luce dei livelli di efficienza, qualità e professionalità con le quali vengono svolte, che anzi dovrebbero condurre il Governo a prendere le camere di commercio come modello per la riorganizzazione della pubblica amministrazione”. Un altro motivo dell’agitazione è il rischio di taglio del personale, “nella misura – si spiega – del 15% su base nazionale per arrivare al 25% del personale addetto alle funzioni di supporto nelle camere accorpate: considerato che il sistema camerale impiega circa 10.000 lavoratori, si tratterebbe di circa 1.500 dipendenti che rischierebbero di andare in esubero nelle Camere, per giungere fino a 3.500-4.000 nel sistema camerale nel suo complesso. Tutto ciò appare particolarmente grave per due motivi: attualmente i dipendenti camerali non sono a carico dello Stato, mentre con un simile provvedimento andrebbero ad aumentare la spesa pubblica. Mancherebbe nel provvedimento una clausola di salvaguardia, sul modello di quella prevista per le Province, che accompagni l’eventuale personale collocato in esubero verso il ricollocamento”.
Non da ultimo c’è la questione degli accorpamenti. “Nella legge delega 124/2015 – spiegano i sindacati – si prevede che con il riordino del sistema le camere passino dalle attuali 105 ad un massimo di 60, con le conseguenti preoccupazioni relative alle ricadute sul territorio in termini di servizi per la collettività locale e di posti di lavoro a rischio. A tutto ciò la bozza in esame aggiunge il taglio delle sedi secondarie, misura che non farebbe che aumentare l’impatto delle ricadute descritte”.
Sulle unioni regionali ed aziende speciali i sindacati sono ugualmente scettici: “Quanto delineato – spiegano – fa pensare ad una neanche velata volontà di cancellarle. Mentre le aziende speciali potrebbero trovare la propria disciplina nel decreto sulle partecipate recentemente varato, con clausole di salvaguardia del personale di natura privatistica, abbastanza gravi appaiono i provvedimenti previsti nella bozza per le unioni regionali, per le quali, mancando la volontà di mantenerne una a livello regionale, sarebbe contemplata una sorta di progressivo accorpamento a livello interregionale, con possibile ricollocazione in tale ambito del personale in esubero: a tale proposito giova ricordare che le unioni regionali delle Cciaa sono inquadrate nella pubblica amministrazione e sono sempre state destinatarie di funzioni pubbliche, a norma del decreto legislativo 165/2001 e come recentemente riconosciuto da un autorevole parere del Consiglio di Stato. La bozza di decreto di cui stiamo parlando ha quindi un contenuto fortemente discutibile da tutti i punti di vista, e nella fattispecie andrebbe a danneggiare: le piccole e medie imprese, che sarebbero private di servizi svolti gratuitamente o con un costo molto inferiore a quello di mercato; l’intero sistema delle imprese, poiché quei servizi sarebbero da ora in avanti reperibili soltanto presso professionisti o associazioni di categoria a prezzi di mercato; in generale l’economia del paese, poiché l’adozione di provvedimenti legislativi volti solo a tagliare servizi (senza peraltro comportare riduzioni della spesa pubblica!) provoca inevitabilmente nei consumatori aspettative negative, con conseguente ulteriore compressione della domanda interna; i dipendenti del sistema, lasciati in una situazione di incertezza, con la prospettiva di una mobilità di due anni con possibilità di licenziamento in caso di mancato ricollocamento2.
Per tutte queste motivazioni, le Rsu delle Camere di Commercio toscane e di Unioncamere Toscana chiedono con forza che “sia mantenuto il ruolo pubblico delle Camere di Commercio e delle loro Unioni, quali enti che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese e del territorio senza gravare sul bilancio dello Stato, anzi versando ad esso parecchi milioni di euro sotto forma di risparmi conseguenti alla spending review e alla propria attività sanzionatoria” e “siano aumentate, e non ridotte, le funzioni svolte dalle Camere e dalle Unioni, visto che hanno sempre dimostrato di gestirle in modo efficiente ed economico, in cambio di una minima partecipazione economica per le imprese sotto forma di diritto annuale”. Da ultimo chiedono anche che “come previsto dalla legge delega 124/2015, siano mantenuti gli attuali livelli occupazionali in tutti gli organismi del sistema camerale: questo consentirebbe anche di evitare una assurda dispersione di competenze e professionalità maturate negli anni dal personale camerale”.
Venerdì 5 febbraio presso l’auditorium di Santa Apollonia a Firenze si terrà un’assemblea regionale di tutti i dipendenti delle Camere di Commercio toscane, alla quale sono stati invitati anche i vertici politici della Regione Toscana e i parlamentari eletti sul territorio.