
“Ancora una volta si pensa di far ripartire l’economia con provvedimenti che sulla carta possono produrre risultati positivi, ma nei fatti vanno a colpire le solite piccole e medie imprese commerciali che stentano a rialzare la testa. Il provvedimento, inserito nella legge di stabilità 2016, che abbassa a 5 euro la soglia – precedentemente fissata a 30 – per la quale il consumatore può chiedere al commerciante di pagare con la banconota elettronica è un esempio lampante”. E’ la Confesercenti con il suo presidente di Lucca Alessio Lucarotti a lanciare un allarme, rivolto ai parlamentari del nostro territorio, sugli effetti di questa apertura totale alla moneta elettronica il cui obbligo sarà sancito da un successivo decreto attuativo chiamato a regolare gli aspetti e le sanzioni per chi non adempie.
“Abbiamo scritto ai nostri parlamentari affinché si attivino. Se da un lato è condivisibile in termini di principio favorire l’utilizzo della moneta elettronica, dall’altro occorre aprire gli occhi sui costi reali che essa comporta per determinate categorie – incalza Lucarotti. Già oggi, con il livello attuale di diffusione del pagamento elettronico, le imprese del commercio sopportano costi prossimi ai 2mila euro annui: il costo medio ad operazione è 0,7 per cento per i bancomat, e 1,5 per cento per le carte di credito. A questi si devono aggiungere quelli relativi al canone del lettore, fino a 30 euro mensili, e il costo di accredito nel conto, che se giornaliero arriva anche 1,5 euro al giorno. Certo, per alcune categorie di operatori come ad esempio gestori di pompe carburanti e tabaccai – dice ancora il presidente lucchese – l’utilizzo della moneta elettronica ha il pregio di rendere più sicuro il loro lavoro, trovandosi a maneggiare minori quantità di contante. Ma proprio queste categorie sono quelle che più soffrirebbero per l’introduzione del pagamento elettronico senza una regolazione, dato che il costo delle transazioni arriva ad incidere fino al 60% del margine percepito”. Ecco due esempi presentati da Confesercenti: un gestore di benzina che incassa 10 euro di carburante con una carta subisce la decurtazione del proprio guadagno del 20 per cento in caso di bancomat e addirittura del 40 per cento in caso di carta di credito. Un tabaccaio per una ricarica telefonica da 5 euro deve togliere dal suo guadagno il 35 per cento se viene pagato con il bancomat ed il 60 per cento con la carta di credito. La conclusione di Lucarotti: “La somma dei costi rende antieconomico per le imprese che lavorano a bassa marginalità compiere la vendita con pagamento elettronico; per tutte le altre comunque costosa, certamente di più della grande distribuzione. Ai parlamentari chiediamo la rapida applicazione della direttiva europea che prevede la riduzione delle commissioni: 0,2 per cento per i bancomat e 0,3 per cento per le carte di credito; la norma dovrebbe riguardare inoltre tutti le carte, non solo alcune. Inoltre abbiamo chiesto di intervenire sui canoni dei Pos, ritenendo che 30 euro mensili sia un costo decisamente alto. Siamo sicuri che un governo che fa della riduzione dei costi per le imprese un vero e proprio cavallo di battaglia – come nel caso della riduzione del diritto camerale che ha in realtà determinato un risparmio di poche decine di euro all’anno per le piccole imprese – non si faccia portatore di una riforma che non è esagerato definire capestro per moltissime aziende”.