
In Italia a gennaio 2016 sono state autorizzate 56.933.097 ore di cassa integrazione, con un aumento del 12,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo il dato che emerge da uno studio della Uil Toscana. In Toscana, sempre nel gennaio 2016, le ore autorizzate sono state 4.029.189, in aumento del 28,2 per cento in confronto a gennaio 2015 (-48,3 per cento dell’ordinaria, 51,4 straordinaria, 45,6 per cento della cassa in deroga). Rispetto al mese precedente, però, si rileva un aumento della Cig in Toscana del 140,2 per cento a gennaio 2016 rispetto a dicembre 2015 (+5,6 per cento ordinaria, +227,9 straordinaria, +29,1 per cento deroga).
In Toscana la cassa integrazione a gennaio 2016 ha interessato 23.701 lavoratori, in aumento di 13.832 unità rispetto a dicembre 2015. Le ore richieste per settori produttivi evidenziano queste variazioni: +19,3 per cento industria, -33,8 per cento edilizia, +221,7 per cento artigianato, +255,6 per cento commercio, +343,6 per cento settori vari.
Dati provinciali
Le ore autorizzate nelle province toscane a gennaio 2016 rispetto a dicembre 2015 hanno seguito questo andamento: Firenze +11,1%, Arezzo -62,2%, Grosseto +733,2%, Livorno 644,5%, Lucca -28,7%, Massa Carrara -58,%, Pisa -53,3%, Pistoia -77,8%, Prato -65,2%, Siena -81,9%.
“Questi dati dimostrano che parlare di ripresa economica è pura fantasia – è il commento del segretario generale della Uil Toscana Francesca Cantini – La verità è che ci sono alcune zone del paese che non riescono a uscire dalla crisi. Basta guardare i numeri di province come Grosseto e Livorno, ma non solo. La costa toscana non può pagare la mancanza cronica di una politica industriale a livello nazionale”.
“Mancano risorse sufficienti per finanziare la cassa in deroga, oltre alle solite lungaggini burocratiche per autorizzare la casa ordinaria e straordinaria – aggiunge Cantini – Invece che fare proclami trionfali di ripresa economica, il governo dovrebbe pensare a rafforzare il sistema di protezione sociale attraverso gli ammortizzatori sociali perché, come si vede, la crisi non è finita e a pagarne il prezzo sono sempre i soliti: i lavoratori”.