Fiom: Snai licenzia ma aumenta stipendi ai manager

15 marzo 2017 | 11:02
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Fiom: Snai licenzia ma aumenta stipendi ai manager

E’ bufera tra i lavoratori Snai dopo l’ok del cda al cambio di denominazione in Snaitech e il via libera “ad un piano di incentivazione per l’amministratore delegato e i dirigenti del gruppo”. A polemizzare contro le decisioni del gruppo è Massimo Braccini, delegato della Fiom Cgil alla vertenza nazionale di Snai, che proprio la scorsa settimana ha confermato 55 esuberi alla sede di Porcari.

“Da questa lunga crisi che ormai ci accompagna da molti anni a livello generale abbiamo imparato tante cose, in particolar modo dalle imprese che l’hanno superata facendo specifici accordi sindacali e che oggi magari stanno di nuovo assumendo. Tutti questi accordi – osserva Braccini – hanno un qualcosa in comune, sono tutti improntati a lavorare meno, ma lavorare tutti in modo da evitare licenziamenti e soprattutto basati sulla riduzione degli stipendi e incentivi dei manager. La Snai, ora Snaitech dopo che il cda ha approvato la proposta di mutamento di denominazione sociale, nello stesso tempo ha anche deliberato un piano di incentivazione per l’amministratore delegato ed i dirigenti del gruppo. L’azienda con questa delibera dimostra la piena insensibilità e mancato rispetto dei lavoratori – aggiunge Braccini – che stanno vivendo momenti difficili dopo l’annunciato piano di esuberi, manca proprio di etica, di un’idea del valore del lavoro improntata al reciproco rispetto, perché un conto è ridursi gli stipendi a cominciare da chi guida l’azienda ed in modo da dimostrare che il risanamento inizia dai vertici, ed un conto è fare il suo contrario. Alla base vi dovrebbe sempre essere una responsabilità solidale, l’impresa non ha una funzione astratta, deve garantire sempre la dignità dei lavoratori. Ormai si ragiona in termini magari di andamenti non solo aziendali, ma in rapporto alla borsa, al titolo, al come si traghetta un’azienda da un passaggio societario ad un altro per renderla più appetibile sul mercato presentandola con meno lavoratori. Su queste basi sembra si stia perdendo di vista il vero valore aggiunto: le persone che lavorano e su come possono essere formate per fare magari nuove mansioni, su come si crea una prospettiva in un gruppo che cambia e si sta trasformando. L’azienda con queste decisioni denota una linea improntata al formalismo, all’applicazione delle norme che le limitate leggi prevedono per gestire una strana crisi. Riteniamo la questione con l’Inps ancora aperta, ma non permetteremo che la crisi la paghino a senso unico i lavoratori. L’azienda quanto sta portando avanti anche in termini di organizzazione aziendale tra le varie sedi di Roma, Milano e Lucca non ci convince per nulla. Continueremo a lottare affinché vi sia un’organizzazione adeguata che garantisca gli attuali livelli occupazionali, ma anche perché la gestione aziendale non si svolga in contrasto con l’utilità sociale”.