I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”

24 ottobre 2017 | 10:18
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I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”
I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”
I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”
I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”
I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”
I sindacati riuniti: “Stop aumento dell’età pensionabile”

Massiccia partecipazione questa mattina (24 ottobre) al Polo Fiere, dove si è tenuta l’assemblea regionale di Cgil, Cisl e uil. In un luogo fortemente simbolico per il mondo del lavoro come l’ex oleificio Bertolli, le tre sigle sindacali riunite hanno annunciato una grande campagna di mobilitazione nazionale e di informazione in vista della discussione con il governo sulla manovra finanziaria per il 2018. Tra i tanti temi caldi che stanno a cuore ai lavoratori, su tutti, spicca il nodo delle pensioni, argomento che sarà al centro delle trattative con il governo.

Sistema previdenziale ma non solo: tra le istanze presentate questa mattina dai sindacati, anche la questione del lavoro per i giovani, la sanità ed il rinnovo dei contratti nazionali pubblici. Su molti di questi temi, fanno sapere i rappresentanti sindacali, la manovra attualmente in discussione in parlamento non da risposte soddisfacenti. Per questo i tre segretari confederali, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, invieranno una lettera al presidente del Consiglio per avere risposte chiare su questi temi. 
“Sulla previdenza, c’era stato un accordo con il governo concluso a settembre dell’anno scorso – afferma Maurizio Petriccioli della Cisl che a quella trattativa partecipò -. Quell’accordo ci dava la prospettiva di risolvere alcune questioni: per la prima volta dopo 20 anni, venivano portati 7 miliardi per le pensioni. Certo, rimangono aperte alcune problematiche. Da una parte, quella delle pensioni attualmente in essere. Siamo infatti in attesa della sentenza della Corte Costituzionale sulla restituzione delle perequazioni che furono tolte ai lavoratori dalla riforma dell’allora ministro Fornero. Dall’altra, oggi l’Istat dovrebbe dichiarare quanto e se è aumentata l’aspettativa di vita in Italia. L’aumento dell’aspettativa di vita, non solo potrebbe portare ad un aumento del requisito pensionistico che già ora è il più alto d’Europa e molto distante dalla seconda in graduatoria che è la Germania, ma influisce, ovviamente al ribasso, anche sul coefficiente di calcolo dei contributi versati su cui viene poi calcolata la pensione. Su questi due temi, i segretari sindacali porteranno al presidente Gentiloni una lettera in cui verrà richiesto, ne più ne meno, il rispetto degli accordi presi dal governo Renzi”.
“Chiediamo a gran voce – prosegue Petriccioli – il congelamento dell’aumento del requisito pensionistico basato esclusivamente sulla stima dell’aspettativa di vita media. 66 anni e 7 mesi sono già tantissimi ed inoltre, i lavori non sono tutti uguali: un edile non può avere gli stessi requisiti pensionistici di un docente universitario. Non c’è necessità di andare a lavorare da anziani, specie in un paese in cui i giovani faticano a trovare lavoro. Questa logica può essere spiegata solo con l’intento di fare cassa per ridurre l’ingente debito pubblico del nostro paese”.
Altri due temi caldi che stanno molto a cuore al rappresentante della Cisl sono i giovani e le donne: “Con l’attuale sistema, i giovani iniziano a lavorare molto tardi, quindi non possono sfruttare certamente il requisito dell’anzianità per andare in pensione. Inoltre, con un sistema interamente contributivo, c’è bisogno di versare i contributi tutti i mesi ma questo diventa molto difficile in un mercato del lavoro sempre più flessibile e precario. Il rischio è che si vada verso un tasso di restituzione dello stipendio intorno al 50 – 55%. Per questo, nella nostra piattaforma chiederemo al governo di inserire una ‘pensione di garanzia’. Forse non tutti sanno che, con l’introduzione del sistema contributivo, non esistono più le pensioni minime Inps. Questo comporta un notevole risparmio di risorse, risorse che potrebbero essere usate per integrare le pensioni di chi entra a lavorare molto tardi. Non capiamo perchè il governo non abbia la volontà di andare avanti su questo punto dato che non comporterebbe costi per il 2018”.
Altro tema fondamentale, quello delle donne: “Dobbiamo dirlo, le donne vivono una situazione molto complicata. Hanno un trattamento pensionistico inferiore di quasi un terzo rispetto agli uomini perchè, a parità di lavoro, hanno uno stipendio inferiore. Il pareggio degli stipendi tra uomini e donne è una questione fondamentale. Alle donne è stato chiesto di andare sull’Everest in ciabatte. Imporre l’aumento dell’età pensionabile da 60 a 65 anni e poi a 66 anni e 7 mesi, stravolge la vita delle persone. Inoltre, non viene minimamente considerato il valore sociale della maternità e della cura delle persone che quasi sempre è affidato a loro. C’è su questo punto – si chiede Petriccioli – la volontà del governo di valutare l’impatto sociale di questi due aspetti? Dobbiamo ricordare che questo lavoro di cura ha un impatto positivo sulle spese del sistema sanitario nazionale. Per questo l’anticipo pensionistico da 30 a 28 anni è un fatto positivo ma non sufficiente. Chiederemo al governo – conclude – una sensibile riduzione dei requisiti pensionistici per il lavoro di cura svolto a favore dei figli o di persone non autosufficienti”.
“Non è possibile – ha rincarato la dose Massimo Bani, segretario generale Cisl Toscana Nord – che si continui a posticipare la pensione indipendentemente dal tipo di lavoro. Ci sono settori in cui attendere 67 anni di età è improponibile: penso agli edili, ai turnisti solo per fare alcuni esempi. Ritardare la pensione vuol dire poi ritardare l’ingresso dei giovani sul lavoro, e questo è uno degli effetti negativi del meccanismo che deve essere cambiato”. 
Era presente all’incontro anche Federico Fontanini, segretario regionale di Fistel Cisl, cartiere e cartotecniche: “Stiamo continuando a pagare dazio per i gravi problemi irrisolti del settore: tra questi il costo dell’energia e quello dello smaltimento dei fanghi. Occorre una svolta coraggiosa, per un settore che, per fortuna, è riuscito a reagire di fronte ai colpi della crisi”.

Luca Dal Poggetto