
Il quadro della Toscana che emerge dall’analisi dei principali indicatori economici nel terzo trimestre del 2017 è quello di una regione che prosegue lentamente la sua ripresa. Una ripresa che, confermando le tendenze del primo semestre, beneficia prevalentemente di una congiuntura positiva del ciclo internazionale legata ancora ai bassi tassi di interesse, al basso prezzo del petrolio e ad una crescita della domanda globale. Una dinamica positiva che porta a ritenere, in termini previsionali per il 2017, possibile una chiusura al rialzo delle stime del Pil regionale intorno all’1,4%. A crollare però, sottolinea la Cgil Toscana, è la qualità del lavoro, con l’aumento delle prestazioni di sostegno al reddito.
In questo quadro, per niente positiva la situazione della provincia di Lucca che presenta valori negativi rispetto a tutti i principali indicatori economici. Se, infatti, in tutte le altre province della Toscana le ore di cassa integrazione sono diminuite, questo non è accaduto a Lucca dove invece sono aumentate. Sono 2050 nella nostra provincia gli occupati equivalenti messi in cassa integrazione ripartiti tra il settore metalmeccanico (1250) e quello edile (200). Negativo anche il dato legato all’erogazione dell’indennità di disoccupazione, dove si registra un aumento superiore alla media regionale: mentre nel primo trimestre c’era stato un aumento quasi nullo, nell’ultimo trimestre c’è stato un aumento del 24,8% rispetto allo stesso periodo del 2016.
Saldo negativo infine, per quanto riguarda la bilancia dei pagamenti che vede un valore dell’import di circa 3,7 miliardi di euro e un export di circa 1,7 miliardi per un saldo negativo di 2 miliardi di euro.
A livello regionale, l’andamento positivo è trainato ancora dall’export che si attesta, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un segno più nella misura dell’8,8% in tutti i settori produttivi (agricoltura, meccanica, moda, industria estrattiva) seppur con diverse intensità a seconda dei settori e dei comparti interni a ciascun settore. Le performance più significative riguardano i mezzi di trasporto (+27,7%), il tessile/abbigliamento/calzaturiero (+7,3%), l’industria estrattiva (35,9%), l’altra industria (+19,3%) e infine l’agricoltura (+7,2%).
Anche i territori mostrano andamenti positivi e molto positivi con l’unica eccezione della provincia di Arezzo (-3,4%). In termini previsionali, l’export dovrebbe subire, sulla base delle stime Prometeia, un forte rallentamento nel biennio 2018/19. Una previsione che porterebbe, coerentemente, ad un’attenuazione del tasso di crescita che nel 2018 tornerebbe ad attestarsi poco sopra l’1% con una tendenza dei consumi delle famiglie ancora molto prudente per effetto della dinamica ancora modesta delle retribuzioni reali e di un potere d’acquisto fortemente condizionato da un’occupazione sempre più precaria.
Proprio il crollo della qualità dell’occupazione nel trimestre in esame rappresenta la più forte incognita sulla stabilità della ripresa in atto, già minata dal rallentamento dell’attività di investimento che segna una variazione negativa dell’1%. Tornando all’occupazione, positivo l’aumento, secondo i dati Inps, delle assunzioni per lavoro dipendente pari a 68 mila con un incremento del 22,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente ma si evidenzia il crollo delle assunzioni a tempo indeterminato che si colloca al 16,2%, cioè a meno di un quinto del totale con un forte aumento del lavoro a termine e dell’apprendistato.
Secondo i dati Istat, la disoccupazione porta ad un calo sensibile attestandosi al 7,5% rispetto al 9,1% dello stesso trimestre del 2016, ma se letto con le lenti della “disoccupazione amministrativa”, certificata dai centri per l’impiego, porta il numero dei disoccupati da 129 mila a 245mila con una percentuale di disoccupazione che passa dal 7,5% al 12,4%.
Diminuisce a livello regionale la cassa integrazione che si attesta al -31,8% con un calo di circa dieci milioni di ore rispetto allo stesso periodo del 2016. Una diminuzione che riguarda tutti i settori ed in particolare le province di Siena, Massa, Pisa e Firenze, ma che evidenzia una diminuzione comunque inferiore al dato nazionale del -40%.
Una lettura, quindi, estremamente prudente tenendo conto del significativo aumento nei primi mesi del 2017 del numero di percettori di prestazioni di sostegno al reddito. Un aumento complessivo del 21,3% che, secondo Ires, rappresenta una spia preoccupante sul reale stato di salute dell’economia regionale. Uno stato di salute ancora, nella migliore delle ipotesi, convalescente come appare anche dal calo di oltre 21 miliardi di impieghi vivi che il sistema del credito ha erogato in regione con una dinamica più marcata nel 2017 rispetto al 2016 e con dati record negativi sia per le costruzioni che per l’industria e i servizi.
“I dati Ires ci forniscono una lieve ripresa – è il commento di Mirko Lami, responsabile del settore mercato del lavoro della Cgil Toscna -. Sulle assunzioni si rileva un lieve aumento ma aumenta il tempo determinato. I dati della cassa integrazione ci dicono che è in diminuzione, ciò dipende sicuramente da due aspetti, cioè la lieve ripresa e la fine di questo ammortizzatore sociale. Molti lavoratori dunque perdono posti di lavoro e a tempo indeterminato, fanno un periodo di cassa integrazione poi ritrovano lavoro a tempo determinato. Quindi cambia la qualità del lavoro e qui bisognerebbe davvero concentrarsi per capire quanto e come cambia questa qualità del lavoro. In aumento sono poi i depositi delle famiglie e questo non è un dato positivo perché significa che non si fidano nel fare investimenti. La forbice degli investimenti aziendali continua a seguire il pil: vuol dire che le aziende non investono a sufficienza”.
“Bene poi i dati dell’export – conclude Lami – che però non è sostenuto da attività creditizie delle banche. Quindi ci sarebbe da capire come hanno fatto le aziende a far fronte a questo. Un tesoretto? Prestiti extra banche? Crescono infine, come abbiamo visto nel Focus Ebret di lunedì scorso, le aziende artigiane legate all’Export. Non tutti i settori artigiani crescono ma sicuramente quelli legati alle esportazioni. Su questo dovremmo costruire una piattaforma regionale che vada al rinnovo dei contratti scaduti in quelle aziende artigiane che ora son ripartite”.
La Cgil Toscana aderirà alla grande manifestazione nazionale indetta per sabato (2 dicembre) che avrà come tema centrale le pensioni.
“Sulle pensioni il Governo al tavolo del confronto ha avanzato proposte insufficienti a rispettare gli impegni che aveva già sottoscritto con le organizzazioni sindacali, e questo è inaccettabile – afferma Dalida Angelini, segretaria generale della Cgil Toscana -. I conti non tornano perché non ci sono risposte adeguate sulla pensione dei giovani, sulle donne, sull’aspettativa di vita, sul lavoro di cura, sui lavoro gravosi. Il governo ha voluto tenere a riferimento solo i conti e non ha voluto affrontare i bisogni veri del paese e di quel mondo che ha pagato più degli altri il prezzo della crisi, cioè il mondo del lavoro. Questo pezzo di paese ha bisogno di risposte che ancora non ci sono. Per questo per il sabato la Cgil ha indetto una mobilitazione generale territoriale contro la proposta del governo: per cambiare il sistema previdenziale, per sostenere sviluppo e occupazione, per garantire un futuro ai giovani”.
“Ci saranno manifestazioni interregionali e in migliaia dalla Toscana andremo a Roma – conclude Angelini -. La Cgil come sempre è al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici: sentiamo fortemente la loro rabbia e la loro delusione, e rivendichiamo per intero i contenuti della piattaforma unitaria che chiedeva cambiamenti universali del sistema previdenziale, a partire dalla legge Fornero. È ora però importante, anche attraverso la manifestazione del 2 dicembre, dire con forza che la vertenza pensioni è aperta, che il Parlamento può ancora intervenire per dare risposte al mondo del lavoro: si è aperta infatti la fase degli incontri della Cgil coi gruppi parlamentari. La partita insomma è tutt’altro che chiusa. Dopo il 2 dicembre, si dovrà individuare anche la prospettiva di uno sciopero generale, perché vogliamo che la politica si assuma le proprie responsabilità e capisca che deve farsi carico dei temi del lavoro”.