Industria riprende. Preoccupano tagli a infrastrutture

14 dicembre 2018 | 13:59
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Industria riprende. Preoccupano tagli a infrastrutture
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Industria riprende. Preoccupano tagli a infrastrutture

Un 2018 sostanzialmente positivo per le imprese lucchesi anche se non mancano le preoccupazioni per le misure fiscali contenute nelle bozze della manovra, per l’andamento economico generale e per le infrastrutture che sembrerebbero essere state messe nuovamente in discussione. È questo in estrema sintesi quello che è emerso oggi (14 dicembre) a Palazzo Bernardini, dove i vertici di Confindustria Toscana nord hanno presentato il bilancio relativo al 2018. Molti i dati e gli spunti di riflessione venuti fuori durante l’incontro. Se da una parte, infatti, l’industria in provincia di Lucca registra un aumento della produzione, con alcuni exploit come quello della nautica, dall’altra ci sono settori, come la moda e l’edilizia, dove la crisi sembra tutt’altro che finita. Preoccupazioni riguardano poi anche altri aspetti, come le infrastrutture. Secondo Confindustria, servono tutte e c’è molta preoccupazione per possibili ulteriori stop, in particolare sul raddoppio ferroviario.
Gli industriali, inoltre vivono, con estremo disagio anche le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti, un settore in emergenza da mesi e che sta portando problemi a cascata. Da questo punto di vista però, Confindustria ha apprezzato il tavolo che ha aperto la Regione.

“L’economia lucchese è composta da quattro settori portanti – spiega il presidente di Confindustria Toscana nord Giulio Grossi -: cartario, metalmeccanico, nautico ed edile. I dati sono sostanzialmente positivi, anche se ci sono significative differenze tra settore e settore. Siamo molto preoccupati però perché non riusciamo a capire cosa sta succedendo. La notizia di ieri sul possibile taglio degli investimenti su un’opera strategica come il raddoppio ferroviario della linea Firenze-Viareggio ci lascia con l’amaro in bocca, senza dimenticare tutte le altre infrastrutture di cui questo territorio avrebbe bisogno e che non si stanno facendo. Vengono però mantenute nella manovra misure che non portano benefici alle imprese come il decreto dignità, il reddito di cittadinanza o quota 100”.
“Accanto a questo si aggiunge il problema fiscale – aggiunge Grossi -. Pare infatti che non verrà prorogato il superammortamento e che saranno rimodulati verso il basso iperammortamento e credito d’imposta, misure che avevano fatto bene alle imprese negli anni passati. A questo si aggiunge la fine del Quantitative easing da parte della Banca Centrale Europea e speriamo che questo non abbia ripercussioni”.
I dati. Durante l’incontro sono stati presentati anche i dati relativi alla produzione industriale nel terzo trimestre del 2018. La novità di quest’anno è stata un’indagine effettuata su un campione di aziende socie sul tema del fisco, in particolare sulle modifiche sostanziali che si stanno profilando nella manovra 2019 rispetto ai benefici fiscali per gli investimenti in beni strumentali (superammortamento al 130%, che non sarà prorogato), in beni strumentali avanzati 4.0 (iperammortamento al 250%, che rimane ma verrà rimodulato) e nella ricerca (credito d’imposta ricerca, che rimane anch’esso ma depotenziato), oltre che per l’immissione di capitale proprio in azienda, attraverso conferimenti o mancate distribuzioni degli utili (Ace, aiuto alla crescita economica, che sarà abolita e in parte compensata da benefici della cosiddetta mini-Ires). Alle aziende è stato chiesto di valutare quanto queste agevolazioni hanno inciso sulle operazioni condotte negli anni 2017 e 2018 e le risposte sono state chiare, per quanto diversificate a seconda dei vari strumenti e delle dimensioni aziendali: le opportunità sono state colte in misura significativa, addirittura – nel caso del superammortamento in aziende oltre i 50 dipendenti – da più della metà del campione. La domanda finale del questionario chiedeva di valutare vantaggi e svantaggi della manovra 2019, qualora questa confermi da un lato l’abolizione dell’Ace e del superammortamento, dall’altro l’introduzione della mini-Ires: il 57% delle imprese ha dichiarato di vedere prospettarsi una penalizzazione. Una percentuale, questa, che scende al 49% nel caso di imprese oltre i 50 addetti e sale addirittura al 61% per le imprese fino a 50 addetti.
“Questa indagine ha dato una risposta molto chiara: pur nelle incertezze che rimangono sulla manovra, si prospettano cambiamenti sfavorevoli agli investimenti delle imprese – commenta il presidente di Confindustria Toscana Nord Giulio Grossi -. Apprezziamo alcuni aspetti fiscali della manovra in via di definizione: per esempio l’aumento della deducibilità dell’Imu sui beni strumentali, misura che come Confindustria avevamo chiesto e abbiamo ottenuto. Però abbiamo detto a più riprese che i benefici fiscali per gli investimenti in ricerca e innovazione, strategici per il futuro del nostro sistema produttivo, dovevano essere casomai rafforzati e non certo depotenziati; lo stesso vale anche la patrimonializzazione aziendale. Invece è proprio questo che si sta profilando, con un approccio miope che danneggia le imprese e rende più difficile la loro attività. L’Italia e chi la governa dovrebbero avere una maggior consapevolezza dell’importanza decisiva del manifatturiero per l’economia nazionale. La manifattura italiana ha compiuto e continua a compiere dei miracoli. Operiamo in un Paese con tanti, troppi problemi: dalle carenze infrastrutturali all’eccesso di burocrazia, dall’inadeguatezza del sistema formativo alle normative pletoriche e sconsiderate, dal malfunzionamento della giustizia alla cattiva gestione del mercato del lavoro. Nonostante questa situazione caotica le nostre imprese riescono a realizzare risultati interessanti. C’è da chiedersi come sarebbe questo Paese se potessimo lavorare in condizioni almeno un po’ migliori: quale contributo, ben più grande di quello già enorme che stiamo dando, potrebbero fornire all’Italia le imprese manifatturiere? Il talento e il coraggio di chi fa impresa non ha la resa che potrebbe avere né per le imprese stesse né per il nostro Paese. L’Italia sta sprecando quelle formidabili risorse che sono i suoi imprenditori e i suoi lavoratori. E invece non può permettersi di sprecare niente”.
Il quadro complessivo che emerge è positivo, anche se ci sono significative differenze. A Lucca, come ha spiegato Daniele Chersi del Centro studi di Confindustria, la cartotecnica chiude i primi nove mesi dell’anno in sostanziale pareggio (+0,4%) ma con un’impennata proprio nel terzo trimestre, dove si è registrato un aumento del 4% per quanto riguarda gli ordini interni e dell’1,8% per gli ordini dall’estero. Ottima anche la prestazione della nautica con un +5,1% nel terzo trimestre e previsioni ancora migliori per i mesi successivi. Mantiene segno positivo anche il settore della produzione delle macchine con un +3,9%, in calo però rispetto alle prestazioni del trimestre precedente. Altri segni positivi si registrano nel settore alimentare (+0,3%), chimico (+2,4%) e della metallurgia (+6,2%). Segno negativo invece per la moda (-1,6%) e il lapideo/edile (-2,4%). 
“Questi dati sono influenzati anche da un rallentamento generale che si sta verificando in tutta l’Eurozona – spiega Chersi -. Ad incidere sono l’incertezza legata alla Brexit e la politica protezionistica degli Stati Uniti. A Lucca il dato sulla produzione è ancora buono ed anzi, se negli ultimi due anni il dato medio della provincia era inferiore al dato nazionale, adesso la situazione si è ribaltata. Questo è dovuto all’eterogeneità dei settori presenti che consente di subire meno la variabilità del mercato”.
Edilizia. Dal 2017 il settore edile in provincia di Lucca ha visto proseguire il calo di imprese e di operai. Nei primi 9 mesi del 2018 le ore lavorate sono risultate in calo dello 0,1%. Rimangono lontani, di conseguenza, i massimi del 2008: -36% di imprese (circa 400 in meno), -43% di addetti (circa 1.900 in meno) e di ore lavorate. Nel terzo trimestre del 2018 la flessione del numero di imprese si è consolidata mentre il calo di operai si è pian piano ridimensionato e si è registrato un lieve aumento delle ore lavorate.
Infrastrutture. Un elemento emerso in maniera chiara ed inequivocabile durante l’incontro è la necessità e l’urgenza di realizzare nuove infrastrutture, dal raddoppio ferroviario agli assi viari, dal ponte sul Serchio fino al problema degli aeroporti. “È veramente sconcertante che oggi, dopo 20 anni che aspettiamo, vengano di nuovo messe in discussione queste opere – dice Stefano Varia, presidente di Ance Toscana nord -. Invece sento parlare di analisi costi-benefici. Se un’opera serviva già 20 anni fa, oggi servirà ancora di più e magari potenziata, non è che non serve più. Anche sugli assi viari siamo preoccupati. Ci risulta cha Anas stia andando avanti con il progetto recependo anche le indicazioni dei Comuni, però temiamo che possano esserci tagli ai fondi da parte del Cipe. Senza gli investimenti in infrastrutture però, raggiungere l’1,5% previsto dal governo è impossibile. Basterebbe investire su questi settori per rimettere in moto l’intero settore dell’edilizia, invece nella manovra di tutto questo non c’è traccia. Servirebbe una programmazione degli interventi da fare: il ponte Morandi ad esempio è una tragedia annunciata. Non si può pensare che un opera concepita negli anni 60 possa funzionare ancora oggi dove le portare sono quasi raddoppiate. Questo è un problema che abbiamo in tutta Italia e che non riguarda solo le strade ma anche le scuole e gli edifici pubblici. Le scuole, ad esempio, per il 60-70% sono fuori norma, senza parlare della messa in sicurezza del territorio per quanto riguarda il dissesto idrogeologico”.
“Le infrastrutture sono indispensabili – aggiunge Mauro Celli, componente della sezione metalmeccanica e del gruppo meccanica per la Carta di Confindustria Toscana nord -. In questi giorni, ad esempio, è stata rilanciata la contrapposizione tra gli aeroporti di Pisa e Firenze, una contrapposizione che io trovo surreale. Non è possibile che in Toscana non ci sia un aeroporto degno di questo nome, ci troviamo di fronte a strutture indegne. Lucca è considerata la capitale mondiale del tissue, qui grazie ai nostri sforzi vengono persone da tutto il mondo e non è possibile pensare che non ci siano infrastrutture adatte. Questo è un problema che riguarda 3 milioni di toscani perché non avere infrastrutture porta danni economici alle imprese e di conseguenza a tutti i cittadini. Dobbiamo andare avanti, non possiamo più aspettare”.
Tutto questo ha delle ricadute negative anche sulle aziende lucchesi: “Le aziende edili sono passate da 1140 nel 2008 alle 726 attuali e il numero sta continuando a calare – spiega Varia -. I motivi sono molti, primo tra tutti l’assenza di investimenti pubblici”.
Smaltimento. Un altro tema caldissimo è quello dello smaltimento degli scarti di produzione in particolare nel cartario dove l’emergenza rimane. “Abbiamo chiesto alla Regione Toscana che si assuma la responsabilità di realizzare un piano di siti dove poi i privati potranno costruire gli impianti – spiega Claudio Romiti, vice direttore di Confindustria Toscana nord -. Il tavolo è partito e sta andando avanti in maniera positiva. Speriamo che a breve possano esserci degli sviluppi. In questo momento il sistema è al collasso: l’assenza di impianti costringe gli imprenditori a spendere per riempire i vagoni di rifiuti da mandare all’estero dove qualcuno ci fa profitto. Per questo siamo favorevoli all’apertura di nuovi impianti, incluso quello di Fornaci, purché siano di dimensioni tali da giustificare l’investimento, altrimenti si va in discarica che dovrebbe essere l’ultima ratio ma al momento non c’è soluzione. Per altro, impianti di grandi dimensioni, oltre ad essere più gestibili, riescono meglio a rispettare le normative ambientali. Oltretutto questi impianti consentirebbero di ridurre drasticamente il numero di camion che circolano tutti i giorni sulle nostre strade”.
Investire all’estero. L’incontro ha rappresentato anche l’occasione per tornare sull’invito rivolto alle aziende ad investire negli Stati Uniti arrivato dall’ambasciatore degli Usa in Italia e nella repubblica di san Marino, Lewis M. Eisenberg. Un appello sicuramente da raccogliere. “Sicuramente è una grande opportunità da raccogliere – afferma Mauro Celli -. Gli Stati Uniti sono la prima economia del mondo ed offrono sicuramente grandi opportunità. Ci sono però anche alcuni problemi. Ad esempio, la è difficilissimo trovare mano d’opera dato che i tassi di disoccupazione sono bassissimi ed inoltre non hanno la nostra esperienza e le nostre capacità. I nostri tecnici rappresentano un valore aggiunto che da altre parti non si trova. È per questo che siamo ancora legati al nostro territorio a mandiamo da loro i nostri manager anziché trovarli direttamente sul posto”.
“All’estero apprezzano moltissimo la nostra capacità imprenditoriale e l’abilità a far fronte ai problemi. Per questo ovunque andiamo ci fanno ponti d’oro – gli fa eco Claudio Romiti -. Non possiamo dire che avvenga lo stesso in Italia”.

In allegato la tabella con i dati nel dettaglio