Pieretti (Assocarta): “Termovalorizzatori sono necessari”

Il presidente di Assocarta torna a parlare dell’annosa questione dello smaltimento dei rifiuti derivanti dal ciclo produttivo del settore cartario
“Oggi siamo di fronte ad una situazione veramente drammatica per quanto riguarda la smaltimento dei rifiuti. Abbiamo bisogno dei termovalorizzatori. La carta chiede che vengano applicate le normative europee in tema di rifiuti combustibili”. Così Tiziano Pieretti, presidente di Assocarta, ritorna sulla questione dei termovalorizzatori a margine della presentazione del bilancio 2019 di Confinustria Toscana nord.
“Le aziende lucchesi sono estremamente performanti e un’eccellenza a livello mondiale – afferma Pieretti -. Il 2019 è stato un anno complicato a causa di un aumento inatteso e inspiegabile del costo della materie prime, in particolare la cellulosa. Un trend iniziato negli ultimi mesi del 2018 e proseguito poi nel 2019. La situazione adesso sta migliorando: la riduzione dei prezzi ha infatti dato un po’ di respiro a tutto il settore”.
“Per rimanere competitivi però – insiste Pieretti – servono i termovalorizzatori. A Lucca produciamo oltre 1 milione e 200 mila tonnellate di carta l’anno tra tissue e packaging. Di questa produzione il 90% viene riciclato e il restante va smaltito. Oggi da questo punto di vista ci troviamo di fronte ad una situazione veramente drammatica eppure smaltire questo 10% sarebbe estremamente semplice. Basterebbe applicare le normative europee che affermano che il rifiuto con un determinato potere calorifero deve andare al termovalorizzatore. Ci chiediamo perché impianti di questo tipo non siano stati realizzati in provincia di Lucca, eppure avrebbero benefici per tutti: ci sarebbero delle enormi economie di scala e ci sarebbero anche dei benefici per l’ambiente dato che i termovalorizzatori sono molto meno impattanti rispetto ad altre soluzioni”.
“Siamo molto attenti all’impatto ambientale – aggiunge il presidente di Assocarta -: il nostro è uno dei centri dove si fa maggiore utilizzo di materiale di custodia (materie prime provenienti da aree certificate dove viene garantita la riforestazione), inoltre il nostro ciclo produttivo utilizza molta meno acqua ed energia rispetto alla media delle imprese italiane”.
“Lucca è un fiore all’occhiello per quanto riguarda l’economia mondiale ma per poter restare competitivi abbiamo bisogno di risposte dalla politica – conclude Pieretti -. Invece la sindrome ‘Not in my backyard’ ha inasprito le posizioni dei comitati paesani e determinato un blocco a livello politico”.
“Abbiamo bisogno di termovalorizzatori sul nostro territorio – gli fa eco il presidente di Confindustria Toscana nord, Giulio Grossi -. Non capiamo perché la Regione non voglia investire sulle infrastrutture come i termovalorizzatori che aiuterebbero non solo il settore cartario ma tutto il comparto delle imprese lucchesi. Interventi di questo tipo invece rimangono un tabù, in omaggio a pregiudizi pseudo-ambientalisti che non ci si preoccupa di ricondurre a valutazioni corrette e razionali ma che è molto più facile assecondare e avallare. In teoria la sostenibilità dovrebbe mettere tutti d’accordo, visto che le imprese hanno sempre dimostrato sensibilità al tema che rappresenta anche una leva competitiva importante. Però è evidente che anche su questo piano siamo fuori strada quando, per esempio, il problema della dispersione della plastica nell’ambiente è visto nella fabbricazione della plastica stessa e non nei comportamenti incoscienti di chi la abbandona senza farsi scrupoli. Risultato, una tassa che penalizza le aziende senza risolvere niente. Ugualmente, i problemi ambientali legati alla gestione degli scarti di lavorazione non si risolvono rimandando norme end of waste assolutamente necessarie; e tantomeno si gestiscono al meglio i rifiuti in quasi totale assenza, in Toscana, di impianti di termovalorizzazione. Se questi ultimi ci fossero, allevierebbero un po’ anche gli oneri altissimi rappresentati da quella autentica palla al piede dell’industria italiana che sono i costi energetici, che riusciamo solo parzialmente a contenere attraverso le attività consortili”.