La Gambini Spa installa 49 telecamere di videosorveglianza, Fiom sul piede di guerra

6 marzo 2020 | 16:10
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La Gambini Spa installa 49 telecamere di videosorveglianza, Fiom sul piede di guerra

Gli strumenti sono ancora spenti nonostante l’ok dell’ispettorato del lavoro. Rossi: “Nessun accordo con l’azienda”

‘Tutela del patrimonio aziendale’, cioè prevenzione dei furti. Questa la giustificazione con cui la Gambini Spa di Altopascio ha installato nel proprio stabilimento dei dispositivi di videosorveglianza: 49 fotocamere con sensori in movimento, di cui 12 all’esterno.

Le restanti 37 punterebbero direttamente sulle postazioni dei circa 150 dipendenti, nel capannone di lavoro e in quasi tutti gli uffici.

Una decisione che risale al settembre, presa senza chiedere il dei sindacati, che secondo l’attuale normativa dovevano essere preventivamente informati dall’azienda sulla questione, per discutere e trovare un accordo. Ma delle 49 fotocamere, i lavoratori e l’Rsu interna ne sono venuti a conoscenza solo a posteriori: e solo a fronte delle loro proteste, la direzione aziendale ha bloccato l’attivazione dei dispositivi, rivolgendosi quindi all’ispettorato del lavoro.

“Lo prevede la legge – spiega Mauro Rossi, segretario generale della Fiom Cgil – Se l’accordo con l’Rsu interna non si trova, l’azienda può coinvolgere direttamente l’ispettorato. Che il 21 novembre ha rilasciato l’autorizzazione all’accensione delle fotocamere, dichiarando doppiamente il falso. Da un lato, ha detto di provvedere perché nella Gambini Spa non è presente l’Rsu. Proprio così si legge nel suo documento ufficiale, affermando inoltre di aver effettuato un’istruttoria, in realtà mai fatta. A meno che questa escluda una visita nell’azienda, e il tentativo di entrare in rapporto con i lavoratori. Nessuno è entrato nello stabilimento per studiare lo stato e la disposizione delle telecamere, né per parlarne con i dipendenti”.

“Un comportamento tanto grave quanto superficiale, quello dell’ispettorato. La nostra risposta – continua il segretario della Fiom – non poteva tardare: con una Pec inviata l’11 febbraio, ho chiesto un incontro per aprire un confronto ed esporre le nostre ragioni. Per spiegare cosa non ci ha convinto, perché non abbiamo approvato il progetto. E per ridiscuterlo insieme: ma oggi, il 6 marzo, a distanza di quasi un mese non abbiamo ricevuto nessun segnale di vita dall’ispettorato. Non si sono nemmeno degnati di risponderci”.

Se l’ispettorato non ha risposto dal canto suo la società ha aperto un canale di dialogo: “Di fronte al clima di agitazione – spiega Rossi – ha deciso di non attivare l’impianto, almeno fino a che non ci sia un accordo con i lavoratori. Cosa che noi sindacati, con molte altre aziende, abbiamo trovato senza difficoltà: ma si trattava di telecamere che avevano realmente a cuore il patrimonio aziendale, perché nella maggior parte situate fuori dagli edifici. Ma in questo caso, abbiamo una telecamera ogni tre dipendenti, e solo 12 delle 49 totali sono esterne. Cosa c’entra questo con la vigilanza? Sarebbe efficace contro furti e intrusioni? O si tratta di un sistema di controllo dei lavoratori?”.

D’accordo quindi con la necessità di tutela del patrimonio aziendale, purché non si danneggino gli interessi dei dipendenti. Questa la linea adottata dalla Fiom Cgil, disponibile su questa base a venire incontro alle esigenze della Gambini Spa: “Vorremmo trovare un’intesa sul numero dei dispositivi, perché 49 fotocamere sui circa 150 dipendenti è una quantità esagerata. E soprattutto, sulla loro collocazione: perché si possa realmente parlare di vigilanza e tutela, non di controllo del personale – afferma Rossi – Questo prevede la nostra trattativa: levare tutti i dispositivi posizionati sul posto di lavoro, principalmente. Raggiunto tale obiettivo, il problema resterà cercare di capire dall’ispettorato del lavoro il motivo delle sue dichiarazioni false”.

“Poi, se non dovessimo trovare un equilibrio fra le nostre esigenze e quelle della Gambini, non ci resterà che intraprendere specifiche iniziative di protesta – continua – Non accetteremo mai che si attivino quelle fotocamere. Non era mai successo in provincia di Lucca, che un’azienda pensasse di metterle all’interno del posto di lavoro. Un fatto grave, come grave è l’atteggiamento tenuto dall’ispettorato del lavoro”.