Le lavanderie industriali messe in ginocchio dal virus

Una categoria in affanno anche in Lucchesia: “Noi dimenticati anche dal decreto Cura Italia”
Una perdita secca e irrecuperabile. Con un calo di produzione fra il 95 e il 100%, il settore delle lavanderie industriali cola a picco, schiacciato dall’emergenza sanitaria: “3000 gli stagionali non assunti ma a rischio anche gli indeterminati . avverte il presidente di Assosistema Marco Marchetti – E si prevede un fatturato del 70-80% in meno rispetto al 2019”.
Dati estremamente preoccupanti, a fronte dei quali, tuttavia “non è stato previsto ancora nessun aiuto – spiega Marchetti su Il Sole 24 ore -. Chiediamo di essere inseriti nell’articolo 61 del decreto ‘CuraItalia’ come essenziali rifornitori del turismo”: un settore trasversale, che ha trascinato nella sua crisi in primis alberghi e ristoranti. E a catena tutte le imprese che li riforniscono, come le aziende specializzate nella sanificazione dei tessuti: le lavanderie industriali.
Nate per riempire un vuoto di settore, le lavanderie industriali a servizio dell’ospitalità appartengono a una vasta rete di aziende impegnate nella sanificazione tessile. Un giro d’affari di 4,2 miliardi, per un totale di oltre 35mila lavoratori molti dei quali a servizio di hotel e ristoranti, che oggi rischiano il posto a causa dell’emergenza sanitaria.
“Siamo legati a doppio filo con il turismo. Ne condividiamo la sorte, sia nel bene che nel male”, spiega Damiano, responsabile di produzione della lavanderia Donati, a Bagni di Lucca. “La sua è la storia di molte lavanderie oggi in cassa interazione, che senza ricevere aiuti concreti da parte delle istituzioni – avverte Marchetti – potrebbero non riprendersi più”.
Vanificando anni di sacrifici e dedizione: “Era il 1977 – racconta -, quando mio padre ha aperto la nostra attività. L’idea è nata da un’intuizione: lavorando per anni nella ristorazione, ha notato un vuoto nel settore. Tovaglie, asciugamani, lenzuola, federe, teli, tutto ciò che concerne l’ospitalità, gli alberghi e ristoranti se lo gestivano da soli, utilizzando le lavatrici di casa. Oggi offriamo un servizio che prima non c’era: siamo diventati un essenziale anello di congiunzione fra il settore tessile e il turistico. Lavoriamo su Viareggio, Camaiore, Forte dei Marmi, negli impianti del Monte Cimone e nelle strutture cittadine, coprendo in totale le province di Lucca, Pistoia e Modena. Ma ci occupiamo anche della sanità: un tempo rifornivamo gli ospedali di Barga, Castelnuovo e Campo di Marte; oggi varie residenze per anziani, grazie a cui riusciamo ad andare avanti. A sopravvivere”.
“Ma siamo un’eccezione alla regola. Molti colleghi sono stati costretti a fermarsi, il settore è in piena crisi: chi opera prevalentemente per i clienti dell’ospitalità si riprenderà forse a dicembre. Fino a questa data, c’è da scordarsi il turismo estero, il più redditizio in Toscana e nel resto d’Italia. Ma proprio quello che tornerà più tardi, dato che gli altri paesi sono partiti dopo di noi nella lotta al Covid-19. Sul litorale – continua Damiano – eravamo pieni di americani: gli inglesi e i francesi affollavano Bagni di Lucca. I russi, poi, Forte dei Marmi: un turismo d’élite, difficilmente sostituibile con quello italiano, e di cui non si vedrà neanche l’ombra per un bel po’ di tempo. I nostri ordini azzerati ci parlano di hotel completamente vuoti”.
Con un calo di fatturato del 73 per cento ispetto al 2019, per il settore alberghiero si prospetta una vera “catastrofe economica”, afferma il presidente di Federalberghi Nucara. Ma se le prenotazioni sono ormai un lontano miraggio, molti di questi hotel fantasma saranno riconvertiti in strutture sanitarie per l’assistenza ai contagiati. Sono 300 i posti letto previsti dalla regione Toscana, quattro le convenzioni sottoscritte o in corso di sottoscrizione a Pisa, Livorno, Lucca e Massa, per un totale di 74 posti nell’area della Asl Nord Ovest. A Lucca, dal 31 marzo l’hotel Bernardino è pronto ad accogliere pazienti.
“L’unica nostra salvezza, ad oggi, sembra legata alla riconversione degli hotel in strutture sanitarie – spiega il responsabile della lavanderia Donati – Quando Conte ha chiuso ristoranti e altre attività escludendo gli hotel, sono rimasto perplesso. Ma adesso ho capito il motivo: la loro requisizione per i convalescenti. Potrebbe essere questo il prossimo futuro lavoro per me e le lavanderie industriali. Un’attività che forse garantirebbe una possibilità di salvezza, dato che la nostra categoria non è stata nemmeno menzionata nell’articolo 61 del decreto CuraItalia. Un provvedimento che prevede la sospensione dei versamenti fino al 30 aprile per determinate categorie di imprese, fra cui quelle attive nel turismo, nella ristorazione e nel settore alberghiero: nessuna indicazione per le aziende di sanificazione tessile.
“È questo che non capisco. Perché non siamo stati inseriti nel decreto CuraItalia. Perché non debbano valere anche per le lavanderie industriali questi aiuti: siamo fra le imprese maggiormente colpite, ma completamente ignorate in questo momento di crisi. I ricavi nazionali sono vicini allo zero, sul nostro territorio sono sempre di più le attività che si fermano – avverte Damiano – Adesso servono risposte concrete, in maniera metodica e significativa”.
“Ma in generale e soprattutto, chiediamo più rispetto e attenzione da parte delle istituzioni. Perché siamo un settore fondamentale per il turismo – spiega Donati – e per l’economia italiana, che gravita intorno a questo settore. Sono le lavanderie industriali che riforniscono hotel e ristoranti di tutta Italia. Sono loro che permettono e incentivano il processo di riutilizzo, eliminando gli sprechi e l’inquinamento. Va molto di moda, giustamente, parlare di ecologia: perciò, bisogna mettere anche in risalto il ruolo delle lavanderie, che riducono tutti quei processi di smaltimento altamente inquinanti”.
“Basta pensare che se una tovaglia di cotone dura 50 lavaggi, quella di carta va buttata via subito – osserva Damiano – Siamo un settore di professionisti altamente qualificati e un’avanguardia nell’ecologia: ci spendiamo per un servizio senza eguali in Europa, offrendo il top della gamma a livello sanitario e igienico con l’utilizzo di prodotti non invasivi, molto controllati e naturali. La lavanderia Donati ne è un esempio: ci sottoponiamo ogni mese a controlli accurati da un punto di vista batteriologico su dipendenti e macchinari, disponendo inoltre di una certificazione a livello europeo, rilasciata a seguito di un’ispezione annuale sul lato sia amministrativo che produttivo, della durata di due giorni. Le istituzioni italiane dovrebbero riconoscere il valore delle nostre attività, e considerarle un vanto. Ma la realtà è ben differente: lo testimonia il fatto che nel primo provvedimento anti contagio preso dal governo indicando le attività che potevano continuare a esercitare, noi apparivamo solo nell’ultima pagina. Le lavanderie industriali si meritano una considerazione differente”.
“Senza contare, ovviamente, l’importanza del nostro ruolo in questo preciso momento storico – continua Damiano – Senza una lavanderia industriale, come farebbe la sanità pubblica e privata ad occuparsi della sanificazione di camici, lenzuola, strumenti medici a contatto costante con i malati di Covid-19? Nel nostro settore ci sono aziende specializzate nella disinfezione e igienizzazione di materiale sanitario, essenziali nelle strutture che curano i contagiati. Noi stessi che lavoriamo per molte rsa, siamo seguiti da due chimici e disponiamo di due ‘lavacontinua’, enormi lavatrici concentriche con camere circolari, larghe due metri l’una”.
“Con queste non abbiamo problemi nei confronti del Covid-19: la biancheria entra e esce in maniera totalmente diversa – spiega Donati – Questo dovrebbero capire le istituzioni: che siamo fondamentali in generale, ma adesso più che mai. Non possiamo accettare di non essere inseriti nel decreto CuraItalia. Chiediamo un aiuto economico proporzionato alla crisi che si prospetta per il nostro settore. Ma anche rispetto, considerazione e valorizzazione. La nostra categoria ha diritto a una maggiore valutazione del proprio ruolo da parte del governo. Ci auguriamo di ottenerlo, con questa emergenza sanitaria”.