
Le aziende del futuro dovranno essere per forza di cose ecosostenibili. Da questo dogma parte tutta la rivoluzione che sta riguardando attività di ogni settore, pronte a trasformarsi in aziende ecosostenibili.
Secondo gli esperti un’impresa ecosostenibile è una realtà organizzata considerando il paradigma delle tre P, illustrato per la prima volta nel 1994 da John Elkington. Le tre P stanno per “Planet”, “People” e “Profit”, ovvero pianeta, persone e profitto. Possiamo definire questi tre termini come le fondamenta di un’impresa eco sostenibile. Infatti, quest’ultima dovrebbe pensare, progettare e agire a livello ambientale (pianeta) e sociale (persone), senza mettere da parte tutto ciò che riguarda le entrate economiche.
Al giorno d’oggi, l’ecosostenibilità in Italia è importante anche nell’ambito imprenditoriale. Pertanto, ogni imprenditore dovrebbe imparare a considerare le tre P e ad inglobarle nella propria politica e filosofia aziendale. Per essere ecosostenibili, come abbiamo detto, occorre erogare servizi riducendo al minimo l’impatto ambientale. Nello specifico, una produzione ecosostenibile può essere accompagnata dall’uso di materiali riciclabili e da ridotte emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.
Al giorno d’oggi, non mancano le certificazioni che attestano se un’azienda è eco-friendly oppure no. Gli stessi certificati ci mostrano sulla carta quali sono le sue caratteristiche. Un piccolo spunto su cosa voglia dire per un’azienda essere ecosostenibile, può essere trovato a questa pagina: https://it.pg.com/sviluppo-sostenibile/. Dal lato sociale, un’impresa ecosostenibile è anche in grado di supportare la comunità locale e di tutelare i diritti di coloro che risiedono nei dintorni della struttura aziendale. In termini di tutela dei diritti dei cittadini, vengono inclusi inoltre dei validi interventi a favore dello sviluppo sostenibile del territorio.
Gli obiettivi del futuro
Le aziende dunque guardano al futuro strizzando l’occhio all’ambiente. Uno dei primi settori a subire questo cambiamento è quello del packaging che ormai viene realizzato con materiale riciclabile. Altre puntano a ridurre l’impronta della filiera di produzione. Per una simile trasformazione è sicuramente necessaria una convergenza di intenti tra tutti i soggetti in gioco. Un segnale importante è arrivato dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), la quale ha annunciato che a partire dal 2021 non finanzierà più i progetti volti allo sfruttamento dei combustibili fossili e che i finanziamenti finora dedicati a tale settore saranno invece interamente destinati al contrasto ai cambiamenti climatici e alla salvaguardia ambientale. Si tratta di una svolta epocale, che avrà impatti su tutti i futuri progetti di approvvigionamento energetico dell’Unione Europea, di cui la BEI è il braccio economico-finanziario. I riflessi però dovrebbero essere ancora più ampi e contagiare tutto il settore bancario, come si inizia a intravedere in Italia.
Le aziende quotate con personale superiore alle 500 unità e quelle di interesse nazionale sono già obbligate a redigere un bilancio di sostenibilità, e tra gli obiettivi che devono perseguire c’è anche quello di fare in modo che l’intera filiera di produzione e distribuzione sia sostenibile. La necessità di ottenere un buon rating ESG si estende quindi all’intero indotto.
Secondo gli esperti, inoltre, puntare sull’ecosostenibilità consente anche di aumentare i posti di lavoro. Oggi in Italia ci sono circa tre milioni di professionisti della green economy. Rappresentano il 13,4% degli occupati complessivi, in aumento di 100mila unità rispetto al 2017; la crescita complessiva negli ultimi cinque anni è stata del +5,3%. La domanda di green jobs è in crescita: nel 2019, il numero di contratti di attivazione prevista dalle imprese che riguardano questo tipo di profili è di circa 521.747 unità.
A confronto col dato del precedente GreenItaly, il valore è in decisa crescita: infatti, lo scorso anno erano 473.500 unità. I green jobs in Italia sono caratterizzati da un più elevato livello dei titoli di studio richiesti: in un caso su tre (35,2%) si richiede un livello d’istruzione universitario; una bella differenza rispetto alle altre figure professionali (9,8%). Dai “professionisti verdi” le imprese si aspettano non solo formazione più elevata, ma anche una esperienza specifica nella professione.
Si conferma anche per il 2020 il fatto che queste figure si caratterizzano anzitutto per una maggiore stabilità contrattuale: le assunzioni a tempo indeterminato, infatti, superano il 49,2% nel caso dei green jobs, quando nel resto delle altre figure tale quota scende a 25,7%. Occorre segnalare, però, che resta sempre molto accentuata per i “lavori verdi” la difficoltà di reperimento, che arriva al 41,1% per essi, contro 24,5% nel caso delle professioni non green.
L’edilizia sostenibile diventa un settore sempre più interessante in termini di green economy: da qui la presenza del promotore edile di materiali sostenibili. È un ruolo di consulenza e di supporto tecnico per favorire un corretto ed esteso utilizzo di materiali edili naturali, nell’applicazioni di tecnologie e tecniche costruttive per la riqualificazione energetica degli edifici, tutto volto ad abbattere gli impatti ambientali e verificare la congruità con gli obiettivi di budget.