Naspi negata per tre volte alla lavoratrice, Filctem contro l’Inps

Il sindacato: “Addotte motivazioni incoerenti per respingere la pratica”
Si è vista negare per ben tre volte la disoccupazione e ora l’odissea di una lavoratrice lucchese sta diventando un caso. Perché Filctem Cgil punta il dito sostenendo che l’Inps di Lucca abbia addotto motivazioni “incoerenti”.
“Ogni volta che è stata inviata la pratica di richiesta Naspi – si annuncia in una nota anticipando una conferenza stampa che si svolgerà domattina -, l’Inps di Lucca ha risposto adducendo a motivazioni confutate inappellabilmente nella successiva domanda di riesame della pratica inviata dalla Filctem Cgil. La prima volta è stato fatto riferimento al fatto che l’ex dipendente non ha cessato il proprio rapporto di lavoro. Dopo aver fatto notare l’errore – spiega il sindacato -, la risposta conteneva una seconda motivazione per cui la suddetta lavoratrice non avrebbe avuto diritto alla Naspi, cioè il non raggiungimento delle 30 giornate effettivamente lavorate nel corso di 12 mesi. È stato quindi fatto notare all’ufficio competente che in caso il lavoratore in questione si trovi in cassa integrazione, ordinaria e/o straordinaria, con sospensione dell’attività a zero ore, o anche in caso di malattia o infortunio sul lavoro, il periodo di tempo in cui ricercare le 30 giornate lavorate va ampliato”.
Ma l’odissea non è finita qui, secondo il sindacato: “Dopo questa ultima correzione, l’Inps ha risposto nuovamente in maniera negativa, adducendo al fatto che per avere diritto alla Naspi è necessario che ci sia un accordo collettivo aziendale firmato dai sindacati più rappresentativi a livello nazionale, mentre nel caso oggetto sarebbe presente ‘solo un accordo sindacale, nonostante la Filctem Cgil sia il sindacato più rappresentativo a livello nazionale, nonché l’unico per questa categoria lavorativa. Questo, secondo loro, avrebbe portato alla respinta di tutte le richieste degli ex dipendenti della solita azienda, che in realtà risultano già autorizzate e messe in pagamento.
Data l’assurdità di tale affermazione, che dovrebbe comportare la revisione e il conseguente ritiro delle autorizzazioni già concesse e il recupero delle somme già ricevute dai lavoratori, viene da domandarsi il perché di tale accanimento verso la singola pratica in oggetto. La situazione è diventata attualmente intollerabile”.