Confartigianato: “Decreto sostegni, ci aspettavamo più coraggio”

L’associazione: “I fondi messi a disposizione non bastano nemmeno a coprire gli affitti”
“Il decreto sostegni, varato dall’esecutivo di Mario Draghi, rappresenta per tutte quelle imprese che hanno subito una contrazione dei ricavi a causa del Covid – 19, una vessazione”. A dirlo è Confartigianato di Lucca.
“E’ vero che non si tengono più in considerazione i codici Ateco per corrispondere, in pratica a tutte le imprese, dei contributi a sostegno dei danni subiti – si legge in una nota -. Su questo aspetto Confartigianato Imprese Lucca esprime parere favorevole visto che, precedentemente, con i vari decreti ristori erano state fortemente penalizzate quelle attività facenti parte della filiera legata ad altre aziende costrette a chiudere per le misure tese a contenere la pandemia. Non altrettanto possiamo dire delle somme stanziate per gli aiuti alle piccole e medie imprese che vanno da un minimo di 1000 euro, per le persone private, (2000 euro per le società), in sù a condizione che il fatturato 2020 sia inferiore di almeno il 30% rispetto a quello, medio mensile, dichiarato nel 2019. Purtroppo con queste cifre non si paga nemmeno l’affitto, figuriamoci le utenze e i dipendenti”.
“Veramente ci aspettavamo, dal presidente Draghi – afferma Confartigianato – un atto più coraggioso a sostegno delle micro piccole e medie imprese anche a rischio di aumentare in maniera più pesante lo scostamento dal deficit di bilancio. Se non aiutiamo ora le aziende, queste chiuderanno, infatti non ce la fanno più a sostenere i costi anche per servizi di cui non hanno fruito o ne hanno fruito in misura ridotta come la Tari, la Tosap, il costo del personale ecc. e ciò nonostante la proroga dell’assegno ordinario (Fsba) e del trattamento della cassa integrazione in deroga per un periodo pari a 28 settimane. Il nostro fondato timore è che molte aziende, nell’impossibilità di licenziare, chiudano l’attività per non peggiorare ulteriormente la situazione. Alcune non lo faranno solo perché hanno delle esposizioni bancarie cui vogliono far fronte per non fallire”.
“Gli altri provvedimenti, come la proroga del periodo di sospensione della riscossione di tutte le entrate tributarie al 30 aprile – spiega Confartigianto – sono un semplice differimento del pagamento sul quale ci interroghiamo se si faccia bene o male perché prima o poi si dovrà pagare ciò che è rimasto in sospeso. Ricordiamoci inoltre che ci saranno aziende che subiranno ulteriori danni per pagamenti non eseguiti a fronte di servizi o prestazioni resi e che nei bilanci degli anni successivi diventeranno perdite su crediti. Ci sono poi alcuni provvedimenti quali lo stanziamento di 600 milioni di euro per la riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione e quindi diverse dagli usi domestici, dal 1 aprile fino al 30 giugno 2021 ed anche qui non ci sono riferimenti ai codici Ateco”.
“Inoltre – prosegue la nota – si riduce del 30% il canone speciale Rai per le strutture ricettive nonché per quelle di somministrazione e consumo di bevande in locali pubblici o aperti al pubblico. Ci sembrano però provvedimenti che sono ben poca cosa rispetto alle necessità delle nostre imprese. Oltre a queste misure sarebbe necessario, a nostro avviso, prevederne anche altre per tutte quelle aziende che operano prevalentemente nel manifatturiero e nell’artistico che hanno fatto consegne nel 2020 dei loro prodotti per la commercializzazione la quale poi è stata bloccata perché molte regioni, Toscana compresa, sono state dichiarate zona rossa per cui le attività commerciali, non essenziali, sono rimaste chiuse. I prodotti non si sono venduti, gli artigiani non sanno nemmeno se queste commesse verranno loro pagate ma quello di cui sono certi è che a febbraio 2021 non ci sono state nuove commesse di lavoro per cui hanno adottato Fsba per i lavoratori, ma non ce la fanno ad avere risorse per andare avanti”.
“Sono imprese – si sostiene – che non vogliono finanziamenti dalle banche perché poi sarebbero in difficoltà nel restituirli, ma hanno bisogno di 20 – 30mila euro a fondo perduto. E non sono, si badi bene, ‘aziende decotte’ o che non ce la faranno a riprendersi, sono imprese che hanno sempre fronteggiato le difficoltà e mantenuto fede agli impegni presi, ma questa pandemia le ha messe in ginocchio. Stato, Regione, poco importa, mettiamoci a ragionare su quello che si può fare anche per questa tipologia di aziende”.