Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali

6 maggio 2021 | 15:34
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Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali
Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali
Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali
Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali
Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali
Cresce ancora il Birrificio Lucchese: il rilancio della tradizione locale passa dalle birre artigianali

Tre i cavalli di battaglia: una tre luppoli dalla personalità di Santa Zita, una per Lucida Mansi e una per Elisa Baciocchi

Una birra rivolta a tutti e che possa rappresentare al meglio Lucca. Questo è l’obiettivo di Simone Amato, Nicola Bortolotti e Manuel Lippi, fondatori del Birrificio Lucchese. Il tentativo di diversificazione consiste nel voler avvicinare la birra alle persone, ad ogni tipo di persona: puntare sulla tradizione e creare un connubio generazionale, cercando di coinvolgere sia i giovani che i più adulti. “La nostra – affermano i tre giovani – è volutamente una birra rurale, attaccata al territorio, per tutelarlo e diffondere la fierezza dell’essere lucchesi”.

Una sfida. L’idea è stata partorita alla fine del 2019 e l’intero progetto è stato pensato e studiato a tavolino durante il primo lockdown nel 2020. Nel corso dell’estate è stato messo a punto l’impianto produttivo e il tutto si è concretizzato per diventare operativo dal 15 febbraio.

“I nostri cavalli di battaglia sono tre birre dai sapori non esageratamente composti a livello di papilla gustativa, ma che hanno e vogliono rappresentare tre personalità diverse – spiega Nicola Bortolotti, il mastro birraio – La Lucida, birra bionda che ricorda la figura di Lucida Mansi, la Preziosa, ambrata in onore di Elisa Baciocchi e la Zita, a base di farro e in ricordo di Santa Zita. Tutte contengono almeno tre malti e tre luppoli”.

Nicola, spinto dalla sua passione per la birra, mentre ancora era un progettista d’interni ha iniziato a frequentare corsi di formazione e a produrre birra da casa, per buttarsi a capofitto in questo progetto imprenditoriale affiancato dai due amici, già imprenditori nel settore dell’edilizia. Continua costantemente ad aggiornarsi e il Birrificio gli ha dato modo di concretizzare la sua passione e farla diventare un lavoro. È stato proprio lui a creare la composizione delle ricette, sperimentando con molteplici ingredienti per decidere il giusto punto di amaro così come per dare la giusta aroma.

“Le nostre birre sono il risultato di numerose prove e ricerche – spiega Simone Amato – vogliamo essere riconoscibili per il nostro stile e far crescere nei nostri clienti un senso di appartenenza al nostro birrificio così come alla tradizione lucchese. Il nostro intento è far emergere fin da subito, dalla visione impattante della bottiglia, l’elemento storico e folkloristico caratteristico della città di Lucca, come se la bottiglia stessa raccontasse una novella, in grado di incuriosire un turista e farlo appassionare. Vogliamo esprimere una narrazione immediata con la nostra birra, comunicare qualcosa che va al di là, come se essa stessa possedesse un’anima. Desideriamo che la nostra birra sia in grado di parlare da sola, oltre che ovviamente puntare sul gusto. La scelta stessa della bottiglia, in vetro e dalla sua forma particolare, è stata volutamente atipica per destrutturare l’idea della birra. L’immagine fa la sua parte e una bottiglia del genere incuriosisce particolarmente. La nostra proposta consiste in una birra non stagionale, ma adatta ad ogni periodo, e non soltanto come potenziale sostituto del vino durante una qualsiasi portata. Vorremmo che potesse diventare un elemento di immediata associazione alla quotidianità. Ci teniamo a puntare sulla qualità piuttosto che la quantità”.

Della cotta, nome specifico dell’intero processo di preparazione della birra, si occupa Nicola, il capitano a livello produttivo. Per arrivare al prodotto finito il tempo richiesto è un mese e mezzo, periodo in cui lui segue personalmente tutti i processi: dalla macinazione del malto, all’ammostamento, dalla filtrazione alla bollitura con annessa aggiunta dei luppoli, per arrivare allo sviluppo degli aromi e della cottura del mosto, che diventerà poi la base che contraddistingue il prodotto del Birrificio Lucchese. I giovani imprenditori sottolineano che tutto avviene in maniera completamente naturale. Non c’è nessun additivo o composto chimico che possa creare la schiuma e anticipare il processo di fermentazione. Viene seguito un paradigma del tutto non industriale. La schiuma che si crea è dovuta interamente agli zuccheri presenti nel processo di fermentazione e non alla CO2 inserita.

“Non vogliamo industrializzarci – prosegue Amato – così come chimicamente la birra si va a perdere nel momento in cui si velocizzano i processi e si includono sostanze chimiche che ne distruggono l’essenza, noi è esattamente quello che non vogliamo fare. Noi vogliamo rallentare le cose. In questo periodo di frenesia, il valore aggiunto è la qualità. Piuttosto rimaniamo in ginocchio per un po’ ma pur di consegnare un prodotto che non soddisfi le nostre aspettative non lo vendiamo”.

Niente è lasciato al caso, ogni dettaglio ha il suo perché. “Oltre alla bottiglia in vetro che è alquanto inusuale per la birra, l’etichetta è inserita da noi ed ha la caratteristica di essere in carta stampata e, a seconda del tipo, con una delle tre grandi signore lucchesi raffigurate dalla mano del grafico Riccardo Pieruccini – spiega ancora Amato -. Il cartellino con la cordicella, il lotto di produzione e persino i tappi sono inseriti su ciascuna bottiglia da noi, una per una. Particolare attenzione anche al timbro che viene riportato sul cartellino e sulle scatole e che contraddistingue il nostro Birrificio. Il logo inoltre nasce dallo scudetto lucchese ripensato come un calice di birra da cui trabocca la schiuma. La bellezza dell’artigianalità e dell’imperfezione dei dettagli di ogni singola birra poiché è impossibile ricrearne una completamente identica all’altra: è proprio questo da apprezzare”.

“L’intero operato è stato concepito con un’idea di sostenibilità di fondo – interviene Lippi -. L’impianto produttivo è totalmente elettrico e anche il materiale utilizzato è riciclabile. Abbiamo voluto creare un progetto che camminasse pari passo con l’eticità”.

“Il nostro è un punto di partenza, non un punto di arrivo. C’è già stato un grande lavoro alle spalle, ma aspiriamo a crescere. La birra è un prodotto che vuole legare le persone, creare una comunità, raggiungere tutti. E piano piano stiamo arrivando a tutti – va avanti Amato – il lockdown in qualche modo per noi è stata un’opportunità, che ha consentito una graduale crescita dell’attività concedendoci il lusso di fare piccoli errori, che sono stati possibili proprio per la gradualità della richiesta che è andata aumentando. Non tanto problemi legati alla produzione e allo smercio ma legati all’amministrazione e ad aspetti burocratici che hanno rallentato la partenza effettiva. Ad oggi già diversi clienti si sono affezionati alla nostra birra: la Pizzeria Da Ninni, che ha abbinato la nostra birra alla sua pizza Gourmet, Vino e Convivio, lo Shaker. Lista che va ampliandosi, non solo a livello di distribuzione locale ma anche online. Durante il periodo di chiusura abbiamo lavorato anche sulla parte social e ci siamo attivati con live Instagram, per aver maggior raggio d’azione e cercare di arrivare veramente a tutti”.

“Ciò che vogliamo comunicare tra le righe ai nostri clienti è che essere giovani è un valore aggiunto. Si può fare qualcosa di interessante, basta battere i pugni e intestardirsi, andare avanti e non fermarsi al primo ostacolo. Ci vogliono idee, genuinità, voglia di fare e soprattutto grande forza di volontà. Dietro questo progetto ci sono persone vere con emozioni e sentimenti, che cercano di far trapelare l’umanità che si trova dietro il ciclo produttivo e dietro il prodotto stesso – conclude Amato -. Abbiamo voluto fare qualcosa anche per sentirsi bene in quest’Italia che vede una numerosa fuga di cervelli. Uno dei nostri tentativi è rilanciare la tradizione locale, incentivando anche collaborazioni sul territorio per creare anche potenziali posti di lavoro un domani”.