Giglio degli Incas, a Lucca l’ultima azienda che lo produce in Toscana

7 ottobre 2021 | 09:53
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Giglio degli Incas, a Lucca l’ultima azienda che lo produce in Toscana

L’astroemeria è uno dei tanti fiori a rischio ‘estinzione’ a causa della concorrenza dei prodotti di importazione. Campagna di Coldiretti per preferire il ‘chilometro zero’

Cresce in Toscana il Giglio degli Incas che non produce emissione di gas serra dovuti ai lunghi viaggi. L’astroemeria, così si chiama il fiore esotico originario delle Ande resiste, nonostante la concorrenza dei paesi stranieri, in provincia di Lucca, a San Pietro a Vico, dove è rimasta una sola azienda a produrlo. L’unica probabilmente in Toscana. Si tratta dell’azienda Fratelli Bevilacqua. Sono lontani i tempi in cui il solo distretto floricolo della provincia di Lucca e della vicina Pescia, produceva milioni di steli. Nonostante la sua bellezza, i suoi colori, la solarità e la sua duttilità che si sposano con tutti i contesti, da quello dei matrimoni all’ornamentale, l’astroemeria è un fiore a “rischio estinzione” così come il fiore di Dio, il garofano. 

A denuncialo sono Coldiretti Lucca e Affi, l’associazione dei floricoltori e fioristi italiani che puntano il dito contro l’effetto inquinamento dei fiori importanti dall’estero. “Ogni stelo di singola astroemenia consuma dai 2 ai 3 chili di anidride carbonica. – spiega Cristiano Genovali, presidente Affi – ll commercio mondiale permette a questo fiore di averlo a disposizione 365 giorni l’anno ma questa disponibilità ha un costo notevole in termini ambientali e di inquinamento. L’astromeria così come il garofano, sono due varietà che stanno lentamente sparendo dalle serre toscane. L’importazione di prodotti dall’estero, dove l’incidenza di voci come lavoro ed energia sono enormemente più basse, ha progressivamente costretto le aziende floricole a riconvertirsi verso altre produzioni. Il risultato è che oggi una sola azienda produce questo particolare fiore. È rimasta da sola a fare concorrenza all’astroemeria d’importazione”.

Un viaggio, quello di molti fiori che finiscono nelle nostre case, adornano eventi e matrimoni, che ha inizio nelle grandi aziende gestite da multinazionali dove sono denunciati trattamenti brutali contro i lavoratori e continua attraverso un percorso di migliaia di chilometri con l’inutile emissione di gas a effetto serra a danno del clima. Secondo una analisi della Coldiretti per trasportare un bel mazzo di rose da Lima in Perù fino all’aeroporto di Ciampino di Roma percorrendo 10800 chilometri su un Boeing 747 si consumano quasi 5 chili di petrolio e si emettono quasi 15 chilogrammi di anidride carbonica (Co2) con un dispendio energetico e un impatto ambientale negativo facilmente evitabile. Lo stesso trasporto da Nairobi in Kenia a Roma fa consumare, per i 5400 chilometri del tragitto, 2,5 chili di petrolio con emissione di quasi 8 chilogrammi di Co2.

La floricoltura arriva da un periodo durissimo che ha purtroppo accelerato il ridimensionamento di alcune varietà che fino a qualche anno fa vedevano nel distretto floricolo Lucca-Pescia, il principale polo produttivo. La pandemia ha fatto il resto. In questi mesi Coldiretti ha organizzato molte iniziative e momenti per far ripartire il settore. “Prediligere ed acquistare fiori a chilometri zero, freschi, locali, significa sostenere un comparto importante della Toscana e della nostra provincia che arriva da due anni durissimi a causa della pandemia e limitare enormemente l’emissione dei gas serra. – conclude Alessandro Corsini, direttore di Coldiretti Lucca Massa Carrara – Un fiore tricolore fa bene all’ambiente e al nostro futuro”.