Lavoro, Fiom Cgil: “Senza l’aumento dei salari a rischio l’intera democrazia”

21 febbraio 2022 | 16:38
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Lavoro, Fiom Cgil: “Senza l’aumento dei salari a rischio l’intera democrazia”

Braccini: “Abbiamo il dovere di lottare affinché venga redistribuita la ricchezza”

Rivedere i parametri dei contratti nazionali dato l’aumento delle disuguaglianze. A chiederlo è il segretario Fiom Cgil Toscana Massimo Braccini.

“Le diseguaglianze sono aumentate ed i salari sono troppo bassi in Italia, anche in settori del lusso dove le aziende committenti hanno importanti margini di profitto – interviene Braccini -. Bisogna rivedere i perimetri contrattuali dei contratti nazionali, diminuirli e accorparli.
In tanti casi siamo di fronte a intere filiere produttive dove ai lavoratori che operano nello stesso luogo di lavoro vengono applicate tipologie di contratti nazionali diversi, fino ad arrivare ai contratti pirata. I livelli contrattuali riconosciuti ai lavoratori sono due, quello nazionale e il contratto integrativo aziendale, ma nel nostro paese, e anche in Toscana, abbiamo tante piccole e medie imprese, appalti e sub appalti, dove per la maggioranza dei lavoratori non c’è contrattazione aziendale. Bisogna cambiare lo stato della situazione, affinché venga riconosciuto ai contratti nazionali il ruolo di autorità salariale”.

“Le riforme del lavoro fatte dai vari governi che si sono succeduti, anziché stimolare l’occupazione, hanno favorito solo la flessibilità e la precarietà, rendendo i lavoratori più deboli contrattualmente – va avanti ancora Braccini -. La conseguenza è stata la compressione dei salari na distribuzione del reddito a favore dei profitti. Adesso il punto è chi pagherà la crisi pandemica, con il rischio che si possa uscire dalla
crisi con più ingiustizia sociale di quando ci siamo entrati. Gli Stati aumenteranno i debiti pubblici e come per magia ritornerà l’intervento dello Stato tanto avversato per decenni, ma magari per sostenere le banche e fare grandi acquisizioni statali al fine di cancellare i debiti privati e socializzare le perdite dei capitalisti privati. Se questi oneri ricadranno sui profitti o sui salari dipende dal tipo di politiche che i
governi adotteranno. Siamo di fronte a una disorganizzazione sistemica che ha determinato strozzature nelle catene internazionali della produzione”.

“Questo meccanismo sta comportando un rallentamento della produttività e un aumento dei costi. I lavoratori non solo non hanno più nulla da dare, ma stavolta le riforme dovrebbero partire non dal lavoro, ma dal capitale – conclude Braccini -. Abbiamo il dovere di lottare affinché venga redistribuita la ricchezza. Mai nel corso della storia contemporanea vi é stato uno squilibrio tale tra reddito e capitale, senza l’aumento dei redditi da lavoro il sistema economico andrà ulteriormente in crisi, e con esso la stessa democrazia”.