Lucca scende in piazza contro la legge di bilancio: “Penalizza le fasce più deboli”
Scatta lo sciopero generale Cgil-Uil: “Si fa una guerra, che noi non capiamo, al reddito di cittadinanza che è uno strumento che aiuta le famiglie ad arrivare alla fine del mese”
Anche a Lucca scatta lo sciopero generale, dei settori privati e pubblici, per venerdì (16 dicembre): lo proclamano Cgil e Uil, all’interno della mobilitazione nazionale dei due sindacati “contro una legge di bilancio iniqua socialmente, che penalizza il mondo del lavoro dipendente e mortifica le aree di precariato del nostro paese, in particolare su fisco, pensioni e trattamento salariale”.
Cgil e Uil Lucca per la giornata di venerdì organizzano una manifestazione in centro storico con partenza alle 9,30 da piazza Santa Maria. Il presidio attraverserà il Fillungo e arriverà in piazza San Michele.
Ad illustrare il programma sono stati i rappresentanti dei sindacati – il segretario provinciale della Cgil Lucca Rossano Rossi, assieme al segretario Fabrizio Simonetti, e il segretario generale della Uil Nord Toscana Massimiliano Bindocci e i segretari Giacomo Saisi (Uilm), Veronica Durante (Uila) e Guido Carignani (Uil pensionati)-, hanno presentato i punti centrali della protesta. – che questa mattina (13 dicembre) hanno spiegato anche le ragioni dello sciopero generale: “Venerdì, a livello provinciale, abbiamo indetto uno sciopero di otto ore come Cgil e Uil perché riteniamo che la manovra finanziaria fatta da questo governo sia iniqua e sbagliata – afferma Rossano Rossi, il segretario provinciale Cgil Lucca -. Invece di risolvere i problemi e cercare di mitigare le disuguaglianze che erano già presenti nel nostro paese, continua sulla stessa tendenza, ovvero a far pagare di più le fasce più deboli della popolazione. Sono tante le criticità che noi solleviamo verso questa manovra finanziaria. Siamo un paese con i salari più bassi d’Europa e abbiamo un’inflazione a due cifre. Noi chiedevamo che ci fosse una tassazione fino al 5% per rimpinguare un po’ le buste paga e che ci fossero meccanismi automatici di indicizzazione per aumentare le detrazioni e far crescere i salari, ma purtroppo non c’è stato dato nulla da questo punto di vista. C’è un problema salariale che il governo pare non vedere“.
“Poi ci sono altre problematiche importanti come la riforma fiscale: noi chiediamo semplicemente che chi ha di più paghi di più – prosegue Rossano Rossi -. Qui invece si fa una riforma in cui coloro che vanno da 65mila a 80 mila euro gli si fa una tassa piatta del 15%, mentre un lavoratore dipendente paga il 43%. A questa gente è stato messo in tasca qualcosa come circa 10mila euro a contribuente. Viceversa si fa una guerra, che noi non capiamo, al reddito di cittadinanza, che non sarà stato lo strumento migliore e che sicuramente era migliorabile, però in un momento difficile come questo ha permesso a tante famiglie di uscire dall’indigenza. A questa riforma è stato fatto un attacco con una cattiveria inaudita. Si sono messi in evidenza i furbetti del rdc, ma dati alla mano in due anni i furbetti hanno evaso per 164 milioni di euro. Ma questo è un paese che in due anni fa qualcosa come 250 miliardi di evasione. Basta falsità, è stato uno strumento che ha aiutato le famiglie ad arrivare alla fine del mese“.
“La gente non arriva a fare la spesa e il 10% di inflazione significa una mensilità e un pezzo persa per tutti i lavoratori dipendenti – commenta Massimiliano Bindocci, segretario Uil Nord Toscana -. Per i lavoratori dipendenti sopra i 20mila euro non c’è una beata minchia, lo dicono in televisione e lo dico anche io. Non c’è nulla. Come lavoratori dipendenti pagheremo il triplo di tasse a parità di condizioni rispetto ad una partita Iva o a un professionista. Giusto incentivare la produttività, ma non si fa così. Quindi c’è un regalo fiscale a tutta una parte della popolazione che è quella che paga meno e penalizzazione fiscale per i lavoratori dipendenti e pensionati. Sui più deboli c’è la cattiveria sul reddito di cittadinanza che era un modo per aiutare gruppi di disgraziati che non arrivava a fare la spesa. Diamo soldi alle grandi multinazionali, a chi evade gli si fa il bonus fiscale e a chi va a lavorare tutti i giorni, siccome è dipendente o pensionato, c’è la punizione. Neanche un centesimo. Questa è una cosa inaccettabile e un sindacato che difende dipendenti e pensionati non può che dire ‘non siamo d’accordo’. Noi non ci stiamo e il 16 – come abbiamo fatto l’anno scorso, il solito giorno con il governo Draghi – risiamo a fare una risposta”.
I sindacati, sottolineando il fatto che questa sia “una manovra iniqua e che avvantaggia chi evade le tasse“, mettono nel mirino anche il tema delle pensioni, degli extra profitti e della sanità: “Si investono solamente due miliardi sulla sanità, ma sono veramente briciole considerando il caro-energia – affermano -. Noi su una cosa lotteremo fino alla fine: la sanità deve rimanere pubblica“.
Le richieste dei sindacati
Aumento dei salari. “Va aumentato il netto in busta paga. Chiediamo la decontribuzione del reddito fino a 35mila euro dal 2 al 5%. Vanno detassati gli aumenti previsti con i contratti nazionali e la decontribuzione dei contratti aziendali e della tredicesima”.
Contrasto alla povertà. “In un Paese in cui le persone in povertà assoluta sono cresciute oltre i 5 milioni, è sbagliato, per far cassa, annunciare il superamento del reddito di cittadinanza”.
Contrasto all’evasione e fiscalità equa. “No alla flat tax, sì alla progressività fiscale. I lavoratori dipendenti e pensionati non possono essere tassati il doppio di coloro che hanno redditi tre volte superiori. Non a condoni che favoriscono solo chi le tasse non le ha pagate. Serve far pagare chi ha ottenuto gli extra profitti”.
Basta precarietà. “No alla reintroduzione dei voucher, che rappresentano una vera mercificazione del lavoro senza diritti e tutele”.
Garanzia dei diritti universali. “Servono risorse per il diritto all’istruzione, la sanità, i trasporti pubblici, i rinnovi contrattuali della scuola e del pubblico impiego”.
Pensioni giuste. “Vogliamo: l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età, l’uscita flessibile a partire dai 62 anni, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori,del lavoro di cura, delle differenze di genere, la pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e povere. Serve ripristinare il meccanismo di indicizzazione delle pensioni per garantire la giusta rivalutazione”.
Nuove politiche industriali ed energetiche. “Servono investimenti per la trasformazione digitale e la riconversione verde, per prospettare un nuovo futuro per il Paese”.