Al Mecenate protagonisti per una sera i vini del Podere Le Boncie

A Castelnuovo Berardenga un presidio di resistenza contro la lavorazione industriale. Nel menu i sapori forti del territorio cucinati da Soledad
Un’altra serata di grande successo al Mecenate di Stefano De Ranieri. Ieri sera (27 aprile), a poco più di una settimana di distanza dalla cena fra mare e bollicine con la tenuta Mariani protagonista è stata Giovanna Morganti del Podere Le Boncie di Castelnuovo Berardenga.
Il vino della piccolissima tenuta, pochissimi ettari, dove si privilegia la qualità alla quantità, è stato presentato dalla stessa Giovanna che è una istituzione in Toscana, un presidio di resistenza, contro l’industria del vino e contro un’idea di sfruttamento della terra lontano dalla vera viticultura.
A sposare il vino la cucina di Soledad, un’altra istituzione dell’enogastronomia: un menu dai forti sapori di territorio, come il prosciutto di Matraia ed il formaggio di Monica di Valgiano, il patè di fegato di maiale di cinta ed i pici fatti a mano al piccione, i classisci spiedini e la famosa torta di verdura lucchese secondo la vecchia ricetta di famiglia.
In assaggio le nuove annate dei suoi vini 5 e Le trame, ed un bicchiere finale di una vecchia annata scelta da Giovanna.







Consensi dai commensali, a fine pasto, e un arrivederci al prossimo appuntamento con il buon cibo e il buon vino. O tutti i giorni, per chi volesse, con il menu del ristorante dei fossi, dove a regnare è la qualità della materia prima.
La tenuta Bonci
Siamo a Castelnuovo Berardenga, frazione di San Felice, profondo sud del Chianti Classico. Qui Giovanna Morganti conduce dalla fine degli anni Novanta una manciata di ettari (3,5) sottratti gelosamente allo stradominio dell’enologia industriale. È suo padre Enzo,
enologo negli anni Cinquanta e Sessante, a capire le potenzialità del Sangiovese e farlo diventare e conoscere come prodotto di qualità, svecchiandolo da un’immagine popolare e contribuendo ad assegnargli la giusta dignità. Col tempo sopraggiungono gli anni del vino di massa e industriale ed il Chianti Classico diventa irriconoscibile. Negli anni Ottanta il padre le lascia una piccola fattoria con uliveti, chiamata Le Boncie. Qui Giovanna Morganti pianta alcune varietà storiche della tradizione toscana raccolte da vecchi vigneti: Sangiovese ma anche Ciliegiolo, Colorino, Foglia Tonda, Mammolo e Prugnolo.
I terreni presentano un mix di limo (che dona al Sangiovese finezza) e argilla con alto calcare attivo (conferisce acidità). Le Boncie diventa un presidio di resistenza, contro l’industria del vino e contro un’idea di sfruttamento della terra lontano dalla vera viticultura. Pianta vigneti ad alta densità (7000 ceppi per ettaro) e ad alberello, tornando così ad un sistema di allevamento diffuso in passato e abbandonato per la difficoltà di conduzione ma ritenuto tra le poche forme che consentono maggiore sanità del legno con conseguente longevità del vigneto e maggior assorbimento di luce. Segue un lavoro di non-intervento in campo ed in cantina all’insegna di un’agricoltura naturale ispirata ai principi della biodinamica. In cantina la vinificazione è molto tradizionale con fermentazioni spontanee con lieviti indigeni per fare tesoro della ricchezza e della vita in vigna, svolte in piccoli tini aperti, senza controllo delle temperature e con macerazioni non lunghissime.