Giannino Distribuzione, qualche lavoratore è deluso: “Se avessimo saputo alcune situazioni avremmo fatto scelte diverse”



“C’è amarezza – dice uno di loro – Il sindacato si è apertamente schierato con l’azienda, tra le persone licenziate ci sono molti padri di famiglia in difficoltà a reinventarsi nel mondo del lavoro”
“C’è molta amarezza per come sono andate le cose, volevamo rimanere a lavorare e se sapevamo alcune situazioni che poi sono venute a galla, avremmo potuto fare delle scelte diverse”. A pochi giorni dall’accordo tra l’azienda Gd srl e Filcams Cgil, per il licenziamento di 37 lavoratori della Giannino Distribuzione, non tutti sono soddisfatti. Anzi, ad alcuni la questione proprio non va giù.
“Tra i lavoratori licenziati ci sono padri di famiglia di 40 anni. Salvo qualche lavoratore pensionabile che ha colto l’occasione per firmare l’accordo con l’azienda, per gli altri, come me, non c’è stata alcuna possibilità”. Sono queste le parole di un lavoratore deluso che ha firmato l’accordo tra l’azienda e la Filcams Cgil Lucca, l’unica organizzazione sindacale ad aver seguito da vicino la procedura di licenziamento.
“Ci siamo fidati – dice ormai l’ex lavoratore -, ci siamo fidati senza far intervenire un altro sindacato e senza far intervenire un altro sindacalista. Alla fine se guardiamo il percorso fatto, si nota che il sindacato si è praticamente schierato a favore dell’azienda. All’inizio quando ha ricevuto la prima Pec, ad esempio, neanche ci è stata mostrata. Al contrario ci era stato riferito che l’azienda avrebbe chiuso definitivamente tre reparti: il magazzino, le spedizioni e i camionisti della logistica. Ad oggi solo i camionisti della logistica si vedono chiudere il reparto, perché tutti in età di pensionamento, mentre negli altri settori c’è stato solo un ridimensionamento del personale. Siccome l’adesione all’accordo era su base volontaria, se avessimo saputo che c’era la possibilità di proseguire a lavorare, allora non avremo di certo firmato”.
L’azienda con il sindacato ha raggiunto un accordo da firmare su base volontaria. L’accordo prevede anche una buonuscita per i lavoratori che accettano, buona uscita che prevede 8 più 2 mensilità e 13mila euro di indennizzo psicofisico dovuto al licenziamento. Naturalmente la buonuscita varia a seconda del contratto del lavoratore.
“Anche l‘indennizzo non è sicuramente all’altezza delle aspettative – spiega il lavoratore licenziato -Nel 2013, quando ad essere licenziati furono altri lavoratori, riuscirono ad ottenere 30 mensilità di indennizzo e a noi invece ci hanno dato molto meno. Io, che lavoro in questa azienda da più di 16 anni, riuscirò a prendere sui 25-26mila euro, ma ad altri lavoratori spetta molto meno”.
Se l’accordo tra sindacato e azienda non fosse andato in porto e non si fosse riusciti a raggiungere il numero giusto di licenziamenti, la palla sarebbe passata alla Regione. “In quel caso, dopo 30 giorni la Regione sarebbe dovuta intervenire e questo sarebbe stato un costo per l’azienda, ma noi potevamo ottenere qualcosa in più a termine di legge, dove il massimo consentito sarebbero state 24 mensilità – dichiara il lavoratore licenziato -. Purtroppo ci sono state fatte numerose pressioni per firmare, pressioni che ci convincevano di fare la cosa giusta. Questa situazione, se avessimo avuto al nostro fianco più sigle sindacali, probabilmente non si sarebbe verificata”.
Il numero di lavoratori licenziati è di 37 di cui 35 provengono tutti dal territorio del paese del Tau e 2 invece da Castelfiorentino. Secondo il lavoratore però, l’azienda avrebbe saputo bene quali lavoratori sarebbero stati sacrificabili e chi no.
“Inizialmente i lavoratori che sarebbero dovuti essere licenziati erano 46 – spiega -, in realtà 10 di questi erano commessi e non rientravano nei settori che sarebbero dovuti essere soppressi. Non mi stupisce quindi che questi dieci licenziamenti non ci siano stati, perché a mio avviso erano soltanto uno specchietto per le allodole, per mandare via chi volevano loro. Tra di noi ci sono persone che sono padri di famiglia, se fossero stati considerati i termini di legge non saremo mai stati licenziati. Quindi, in sostanza, dal sindacato non è stato fatto nulla per salvare qualcuno”.
Se il reparto magazzino è stato ridimensionato nel personale, attualmente come fa ad andare avanti? “Secondo me la coperta è corta e chi hanno tenuto non riuscirà a fare due mansioni. Hanno sottovalutato la situazione. Noi dal canto nostro – aggiunge -, avremmo dovuto vendere più cara la pelle. La legge prevede criteri differenti, bisognava puntare su quelli, bisognava andare di fronte alla Regione. Tutte le nostre richieste sono cadute nel vuoto, non c’è stata volontà di salvare neanche una persona e ad oggi, dopo aver firmato, non rimane che prenderne atto”.
A questo punto che cosa farà? “Bella domanda, dopo più di 16 anni a lavorare per un’azienda, riuscire ad reinventarsi è molto difficile – spiega il lavoratore licenziato – Rimane tanta amarezza per il comportamento del sindacato”.