Braccini (Fiom Cgil): “Le morti sul lavoro non sono mai una fatalità”

Il segretario regionale della Toscana: “A fronte di molte aziende che investono in sicurezza ancora tante hanno un approccio cinico”
“La rivoluzione industriale in atto trasformerà profondamente i processi produttivi e sicuramente rivoluzionerà le imprese ed i modi di lavorare, ma il lavoro continua ininterrottamente ad uccidere: nel mondo ogni giorno si registrano oltre 5800 morti sul lavoro”. A dirlo è Massimo Braccini, segretario generale Fiom Toscana.
“Oltre 6000 persone in tutto il mondo muoiono ‘di lavoro’ ogni giorno, a causa di un incidente, o di una malattia professionale: è una cifra impressionante e sbalorditiva. Spesso si ricerca un guadagno facile a scapito della sicurezza, i morti sul lavoro sono una catena infinita e spesso sono anche bambini se guardiamo i dati a livello globale. Nel 2022 in Italia vi sono stati tre morti al giorno di media sui luoghi di lavoro. Un bollettino di guerra, di una guerra spesso silenziosa che abbiamo il dovere di fermare. Per una larga parte delle imprese la competitività si gioca sui costi e sui diritti, le principali cause degli incidenti sul lavoro sono dovuti alla precarietà e alla mancanza di garanzie. Più si abbassa la dimensione delle imprese più aumenta il tasso di incidentalità”.
“Come sindacato – abbiamo sempre messo al centro della la sicurezza, gli investimenti, gli orari di lavoro, l’organizzazione del lavoro, i rapporti di lavoro, la formazione, l’informazione e l’addestramento per i lavoratori. Tutti i giorni migliaia di rappresentanti sindacali e alla sicurezza svolgono un lavoro enorme nei luoghi di lavoro, ma la catena degli appalti e sub appalti senza garanzie, nonché il lavoro grigio o nero, lo sfruttamento ed il ricatto occupazionale grazie anche a leggi che hanno abbassato le tutele, spesso fanno venire meno le condizioni di garanzia dei lavoratori e la stessa formazione rischia di essere solo un atto burocratico. Va però ricondotta la responsabilità della mancata applicazione delle norme sulla sicurezza a chi ha gli effettivi poteri decisionali nell’organizzazione del lavoro e a chi ha il vero potere di spesa, andando anche a ricostruire la filiera degli appalti selvaggi. Spesso molti lavoratori se qualcuno li avesse informati correttamente sui rischi del lavoro non sarebbero successi molti incidenti, certe volte sarebbe bastato poco, e questo ci fa provare ancora più rabbia. Ci sono molte imprese che investono in sicurezza, ma altrettante che fanno anche calcoli cinici tra costi, benefici e rischi, come se la sicurezza e la vita delle persone potesse essere un mero calcolo di bilancio. Dietro ogni incidente o infortunio mortale vi sono sempre delle precise responsabilità. Le morti sul lavoro non succedono mai per fatalità, questo è anche il segno tragico di quanto sia svilito il lavoro. La sicurezza sul lavoro è una battaglia di civiltà e di dignità. Nei principi di quella dignità abbiamo il dovere di lottare per restituire al lavoro tutto il valore che merita”.