Sisma, volontari lucchesi: “C’è voglia di stare uniti”

Cossito è una piccola frazione di Amatrice, da cui dista circa 5 chilometri. Solo poche case si sono salvate dal sisma che ha colpito il centro Italia lo scorso 24 agosto e oltre il 90% del paese è stato raso al suolo o irreparabilmente danneggiato. È a Cossito che abita la mamma di Stefano Serracchiani, un giovane ingegnere che dopo gli studi all’università di Pisa ha scelto Lucca per vivere e lavorare. La sua testimonianza diretta restituisce la misura di una comunità forte, che ha deciso di rimanere a Cossito perché i luoghi sono identità e nell’emergenza, quando per le cronache le storie delle persone fanno numero, l’identità è un presidio da difendere, come la vita.
A Cossito gli abitanti non hanno voluto lasciare incustoditi i loro animali, da compagnia e da allevamento. Così hanno allestito un campo, con l’aiuto repentino di volontari inglesi e francesi dell’associazione non governativa Sos Attittude, in un luogo verde molto caro a tutta la comunità: un parco che il paese ha sempre utilizzato per feste e ritrovi chiamato ‘le castagne’. Un’area inizialmente privata e poi acquistata dall’intero paese, che ha unito le forze per comprarla quando la proprietà ravvisò la volontà di venderla. Una bella storia di valorizzazione degli spazi comuni che, in questo momento, si carica di un significato paradigmatico: “I paesi hanno bisogno di essere ricostruiti dove erano e le persone non vanno separate, anche se dal punto di vista logistico l’organizzazione degli aiuti si fa più complessa, lo capiamo – raccontano Stefano Serracchiani e la sua compagna, l’ingegnere Michela Guidi, che si è recata con lui a Cossito nei giorni scorsi – ma è fondamentale tenere vivo il senso di coesione e di comunità che l’emergenza ha rafforzato. I volontari di Sos Attitude hanno raggiunto fin dalle primissime ore il campo allestito spontaneamente dagli abitanti del paese, portando le tende che costituiranno un rifugio più che accettabile per le prime settimane dell’emergenza, prima dell’arrivo del freddo. ‘Keep it simple, do it now’, cioè ‘fallo semplice, fallo adesso’: è questa la filosofia del loro intervento, che si è rivelata particolarmente adatta a far fronte alle esigenze degli abitanti superstiti di Cossito. Persone che non vogliono allontanarsi dal paese e nel campo possono essere continuamente raggiunti dagli amici e dai parenti, soprattutto romani”. Un paese in autogestione, che volentieri accetta gli aiuti esterni e che nell’emergenza ha saputo ricostruire immediatamente un equilibrio fatto di relazioni e di fiducia nell’altro. “Capiamo la richiesta delle autorità di non recarsi immediatamente e in massa nei luoghi del terremoto. Eppure, non possiamo non ringraziare tutti coloro che ci hanno raggiunto portando sostegno e aiuti concreti. Secondo la nostra esperienza – continuano Serracchiani e Guidi – i piccoli paesi hanno bisogno di chiunque voglia andare a dare una mano, ma a una condizione fondamentale: ascoltare cosa vogliono le persone, senza imporre scelte che sarebbero vissute come una violenza ulteriore. Tra i tanti, ad esempio, a Cossito nei giorni scorsi sono arrivati Filippo ed Elisa, due ragazzi di Rimini, senza etichette, senza associazioni di riferimento: hanno fatto la spola due volte per portare ai terremotati quello di cui avevano bisogno e la comunità li ha accolti come una benedizione”.
La necessità di ricostruire laddove il sisma ha cancellato i contorni delle città e dei borghi, senza tendopoli e senza ‘new town’ ma con cantieri leggeri, è stata espressa dal senatore Renzo Piano e anche l’assessore all’urbanistica del comune di Lucca, Serena Mammini, ha ripreso e ampliato questa riflessione (Leggi). La testimonianza di Stefano e Michela, autentica e calda, conferma che gli sforzi devono concentrarsi nel tenere vivi tutti i luoghi identitari, tutti i piccoli paesi – anche se abitati soltanto da 15 persone, come Cossito.
Elisa Tambellini