Volontariato e cooperazione, in Toscana 6.400 enti attivi

19 giugno 2017 | 16:00
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Volontariato e cooperazione, in Toscana 6.400 enti attivi

Secondo i dati del sistema informativo regionale, che raccoglie l’anagrafica delle organizzazioni iscritte ai registri regionali di volontariato e promozione sociale e all’albo regionale delle cooperative sociali, al 31 dicembre 2016 risultano attivi oltre 6.400 soggetti: oltre 3.300 organizzazioni di volontariato (52% del totale), quasi 2.500 associazioni di promozione sociale (39%) e 581 cooperative sociali (9%). La diffusione complessiva del terzo settore formalizzato in Toscana è di oltre 17 organizzazioni ogni 10 mila residenti. In continua crescita dal 2008, sia a livello generale che nelle sue componenti: il volontariato è passato da 7 a 9 organizzazioni ogni 10.000 residenti; la promozione sociale da 4,3 a 6,7; la cooperazione sociale da 1,4 a 1,6.

Il territorio senese (21 organizzazioni per 10.000 residenti), quello lucchese e quello pistoiese (19 per entrambi) mostrano una maggiore presenza del fenomeno, seguiti da Grosseto e Livorno.
I settori di attività prevalenti delle organizzazioni di volontariato sono quello ‘sociale’ e quello ‘sanitario’, che coprono insieme, con quote analoghe, 2/3 del totale delle organizzazioni. Il 10% è poi rappresentato dal settore ‘culturale’ ed il 6-7% ciascuno per l’’ambientale’, il ‘sociosanitario’ e la ‘protezione civile’.
Nel settore ‘sociale’ prevalgono le attività rivolte ad ‘anziani’, insieme a quelle rivolte alle ‘famiglie’, alle ‘attività ricreative’ e all’’handicap’. Nel settore ‘sanitario’ risultano decisamente maggioritarie le attività di ‘donazione sangue’ e di ‘pronto soccorso’. Il settore ‘culturale’ è caratterizzato da attività di ‘educazione e promozione culturale’, di ‘archeologia’ e di ‘arte musica teatro e cinema’. Il settore ‘ambientale’ è tripartito tra ‘protezione animali’, ‘educazione ambientale’ e salvaguardia/recupero ambientale’. Le organizzazioni del settore ‘sociosanitario’ si occupano soprattutto di ‘patologie varie’, ‘salute mentale’ e ‘alcolismo’.
La promozione sociale, che comprende circa 2.500 associazioni, risulta maggiormente diffusa nei territori provinciali di Pistoia, Livorno e Pisa.
Il settore principale è quello ‘culturale-educativo’, che rappresenta il 43% delle associazioni iscritte, seguito da quello ‘sportivo-ricreativo’ (22%) e dal ‘sociale’ (21%). Residuale il settore ‘ambientale-turistico’ (6%). Guardando alle attività principali svolte dalle associazioni di promozione sociale secondo il settore di attività, si evince che il comparto ‘ricreativo-culturale’ ha una sostanziale bipartizione tra ‘arte musica teatro e cinema’ e ‘educazione e promozione culturale’. Il settore ‘sportivo-ricreativo’ si divide tra ‘attività sportive’ (64%) e ‘attività ricreative’ (36%). Il ‘sociale’ è molto composito ma registra una marcata prevalenza di ‘attività ricreative di carattere sociale’, attività rivolte agli ‘anziani’ ed attività rivolte alla ‘assistenza alle famiglie’. Hanno una consistenza significativa anche ‘adozione e affido’ e le ‘attività rivolte a minori e giovani’ mentre hanno un peso minore quelle rivolte a ‘handicap’ e ‘immigrati e profughi’. Nel settore ‘ambientale turistico’ hanno una netta prevalenza le attività di ‘educazione ambientale’ ed una buona consistenza quelle relative a ‘salvaguardia e recupero ambientale’.
Le cooperative sociali rappresentano la parte numericamente meno consistente, ma sicuramente quella più strutturata/professionalizzata e a più elevato protagonismo all’interno del Terzo settore formalizzato, in quanto maggiormente coinvolta nell’erogazione diretta di servizi sociali e socio-sanitari (complice il crescente processo di esternalizzazione della gestione di servizi da parte dei soggetti pubblici). Le 581 cooperative sociali hanno un diffusione sul territorio regionale di 1,6 organizzazioni ogni 10.000 residenti, con una marcata prevalenza nel pistoiese e nell’aretino. Le cooperative sociali di tipo A, impegnate nel settore socio-sanitario e educativo sono la metà del totale mentre quelle di tipo B, che si occupano di integrazione lavorativa di soggetti svantaggiati sono il 40%. Il restante 10% riguarda le cooperative sociali di tipo C, ovvero consorzi di cooperative, e la tipologia A+B.

Il vasto universo del no profit: la fotografia del censimento 2011

Per comprendere quanto sia numericamente più consistente il complesso universo no profit rispetto alla parte ‘formalizzata’ dello stesso, si pensi che nel 2011 sono state censite da Istat oltre 300.000 istituzioni non profit in Italia e 23.899 in Toscana (una cifra quasi quadrupla rispetto alle organizzazioni iscritte ai registri regionali).
Il confronto con il censimento 2001 evidenzia un chiaro aumento in tutti gli aspetti che interessano il no profit toscano: le istituzioni sono passate da 18.344 a 23.899 (+30%, da 52 a 65 istituzioni ogni 10.000 residenti). Le risorse umane del no profit – addetti, lavoratori temporanei ed esterni, volontari – sono passate da 335.221 a 491.302 (432.000 volontari, 40.000 lavoratori dipendenti, 19.000 lavoratori temporanei ed esterni) per un aumento del 46%. I volontari sono passati da 299.702 a 432.185 (circa il 90% delle risorse umane complessive) con una crescita del 44%. Il settore di attività nettamente prevalente, di fatto egemone, è quello ‘culturale, sportivo e ricreativo’ con il 68% delle istituzioni. A seguire assumono una significativa rilevanza gli ambiti ‘assistenza sociale’, ‘relazioni sindacali e rappresentanza di interessi’, ‘sanità’ e ‘istruzione e ricerca’. La presenza del no profit in Toscana è tra le più alte in Italia (65 istituzioni ogni 10.000 residenti, contro una media italiana di 50). La diffusione degli addetti del non profit (109 addetti ogni 10.000 residenti) è inferiore a quella media italiana (115), evidenziando forse un livello di strutturazione delle organizzazioni sottodimensionato rispetto al dato medio nazionale. Si registra una spiccata propensione al volontariato (1.177 volontari ogni 10.000 residenti), tra le più elevate in Italia e ben superiore alla media nazionale (800).
In una recente ricerca del Cesvot del 2015, cui hanno aderito 1.715 organizzazioni di volontariato (il 51% del totale organizzazioni presenti nell’archivio del Centro di Servizio Toscano), ben il 94% delle risposte dichiara di offrire e svolgere servizi alla popolazione: il 97% di quelle che operano in ambito sanitario e socio-sanitario e il 96,5% di quelle che operano in ambito sociale. Dalla stessa indagine emerge un orizzonte di ambiti e di impegni che lascia stupefatti, tale e tanta è la capacità del volontariato di coprire i più diversi bisogni emergenti sul territorio. La cosa ancor più interessante è che la realizzazione di tali servizi avviene non in modo alternativo o complementare rispetto a quanto fatto dall’istituzione pubblica, ma in modo integrato: un carattere che rende unica l’esperienza toscana nel Paese.
Il censimento degli enti no profit realizzato dall’Istat consente di osservare che il 49,6% del non profit toscano ha avviato patti o intese con le amministrazioni locali, per un totale di 11.850 transazioni. Più consistente rispetto a quella Toscana vi è solo la percentuale registrata in Emilia-Romagna, pari al 50,43%. Sempre in Toscana, il 35% circa degli enti non profit ha realizzato convenzioni o contratti con le amministrazioni pubbliche, percentuale che pone la nostra Regione ai vertici più alti nella classifica dei processi di esternalizzazione e di incorporazione del Terzo settore nella “sfera pubblica allargata”, dopo Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna.
Le organizzazioni di volontariato (OdV) che hanno convenzioni con il Comune passano dal 36,2% nel 1998 al 49,7% nel 2010, mentre quelle che hanno convenzioni con le Ausl passano dal 43,9% nel 1998 al 50,3%. Nel 2015, le OdV che hanno un rapporto organico e convenzionale con vari enti pubblici costituiscono il 47,4% sul totale delle OdV; per quasi un terzo delle OdV, il 31,6%, quella pubblica è la fonte d’entrata prevalente. Questa percentuale era pari al 50% nel 2004 e il 39% nel 2010.
Questi dati sono particolarmente interessanti, perché segnalano, da una parte, l’aumento del coinvolgimento del volontariato all’interno della sfera pubblica, cosa più “ovvia” per la cooperazione e l’impresa sociale, ma nel contempo una riduzione dell’incidenza della fonte pubblica in termini di entrate. Secondo l’ultima indagine del Cesvot, il 42,6% delle OdV toscane segnala la riduzione dei fondi disponibili per le proprie attività, come effetto della crisi economica degli ultimi dieci anni (Salvini, Psaroudakis, 2015). Il che significa che questo maggior coinvolgimento del volontariato nel sistema di welfare è finanziato essenzialmente da fonti non pubbliche e da un utilizzo “intensivo” dei volontari. Sono aspetti che rendono particolarmente conveniente dal punto di vista istituzionale “affidarsi” al volontariato stesso e in generale al Terzo settore per l’effettuazione di un numero sempre più consistente di servizi.
I modi attraverso cui le organizzazioni di Terzo settore svolgono questa azione complessiva sul territorio hanno da sempre costituito, e ancora oggi costituiscono, un carattere peculiare della loro presenza; in particolare, il Terzo settore ha maturato una specifica capacità di ascolto, osservazione, interpretazione dei processi sociali, culturali ed economici delle comunità, proprio per il fatto di esserne espressione attiva e dinamica. A questo si aggiunge una specifica capacità di tradurre quelle virtù in proposte progettuali metodologicamente innovative dal punto di vista degli interventi, e coerenti con i bisogni del territorio sul piano degli obiettivi sostanziali perseguiti. In altri termini, una specifica capacità di generare e mobilitare risorse in modo efficace e tempestivo, attraverso la valorizzazione della dimensione prevalentemente (se non esclusivamente) volontaria di quella mobilitazione, che garantisce nel contempo flessibilità e puntualità degli interventi. Più recentemente si è sviuppata una specifica disponibilità a collaborare, in forme più o meno intense, con gli enti locali sul territorio, generando sinergie che si pongono come effetto moltiplicatore dell’efficacia degli esiti.

Analisi e prospettive
Il primo rapporto sul Terzo settore realizzato dall’Osservatorio sociale regionale per comprendere caratteristiche e consistenza dei soggetti che vi operano, ci parla di una galassia dinamica, in continua trasformazione, rivolta ai cambiamenti sociali, economici e culturali, che spingono verso nuovi modelli di welfare locale. Cooperative sociali, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale sono antenne sensibilissime ai nuovi bisogni e contribuiscono in modo determinante alla coesione della nostra società. In estrema sintesi è questo il quadro che emerge dai dati contenuti nel Rapporto, che è stato al centro della Conferenza annuale sullo stato delle autonomie sociali in Toscana.
E’ stata Paola Garvin, responsabile dell’Osservatorio, ad illustrarli brevemente nella Sala delle Feste di Palazzo Bastogi. In Italia si è iniziato a parlare di Terzo settore alla fine degli anni ’80. L’allora Comunità Europea inventò questo termine nel 1978 per indicare quel soggetto separato dallo stato e dal mercato, che contribuisce, alla pari dei primi due, al benessere, alla coesione sociale ed al progresso della società. Un soggetto, quindi, strutturato e organizzato di natura privata volto alla produzione di beni e servizi a valenza pubblica o collettiva.
Un soggetto che oggi viene collocato nell’area del no profit, organizzato per tipologia e status giuridico, operante in modo diffuso nel sistema di welfare italiano e toscano, tanto da essere diventato ormai indispensabile non soltanto per i servizi che fornisce, ma anche per i valori che riesce a produrre ed a riprodurre nelle società locali nelle quali opera. C’è il mondo della cooperazione sociale, più vicino all’idea di impresa sociale, e il mondo del volontariato e della promozione sociale, più legato alla dimensione della gratuità e del dono. Giacomo Bugliani (Pd), presidente della commissione Affari istituzionali, ha sottolineato che molte delle risposte alle esigenze dei territori vengono dall’intervento attivo del Terzo settore. “I dati sono significativi: il dato formale parla di oltre seimila unità – ha osservato – ma il mondo no profit, formale e informale, raggiunge la soglia di quasi ventiquattromila unità, un dato importante anche dal punto di vista delle risorse umane, coinvolte in circa 490 mila unità, di cui 430 mila volontari”. Il presidente della commissione Affari istituzionali ha sottolineato la difficoltà che le istituzioni incontrano nell’adattarsi ai cambiamenti della società. “La Regione Toscana deve continuare nel suo impegno, soprattutto di carattere economico, perché il Terzo settore possa continuare a dare risposte all’uomo e all’individuo, a ciascuno di noi, per il suo sviluppo nella società – ha concluso Bugliani –. Spero che la collaborazione istituzionale tra la Conferenza per le autonomie sociali e la mia commissione possa svilupparsi sempre più, anche nella fase di programmazione”.
Una prospettiva condivisa. “Dobbiamo pensare al Terzo settore come ad un attore sociale ed economico fondamentale, portatore di una cultura solidaristica e di servizio, in grado di contrastare una crisi che ancora ha difficoltà ad essere superata”. Lo ha sottolineato Serena Spinelli (Articolo 1-Mdp) della commissione Sanità e politiche sociali, sottolineando che la vera sfida per i volontari è quella di “essere cittadini accanto a cittadini”.
Il rapporto tra Terzo Settore e amministrazione pubblica è stato più volte, nel corso del dibattito, al centro di analisi e riflessioni, anche alla luce delle novità normative in arrivo.
“La riforma del Terzo settore apre l’opportunità di mettere a sistema tutte le organizzazioni del Terzo settore e valorizzarle nel loro ruolo all’interno della società – ha sintetizzato la presidente Eleonora Vanni – Certo, intervenendo su un settore così complesso e diversificato, possono nascere interrogativi per le singole realtà, anche per il modo in cui questo è avvenuto. La Copas intende aprire un confronto su questo”. In particolare Vanni ha precisato che dopo il 3 di luglio, termine di scadenza della delega, cui seguirà la pubblicazione dei decreti attuativi, la Conferenza “proseguirà nella sua azione di monitoraggio, insieme ai forum e gli altri organismi istituzionali, per fare in modo che gli esiti della riforma nazionale possano coordinarsi al meglio con la normativa e l’attività della Toscana”.