Sanità: com’è cambiato il modello di cura col San Luca

Ospedale ad intensità di cura e territorio: un modello assistenziale nuovo che fatica ancora oggi – dopo 5 anni dall’apertura del San Luca – a essere compreso dai cittadini, in gran parte spaesati per l’assenza del vecchio ‘reparto’. A mettere in evidenza punti di forza e di debolezza del sistema è stata questa mattina (18 gennaio) la dottoressa Michela Maielli, responsabile dei presidi ospedalieri di Lucca e Valle del Serchio. Un ulteriore approfondimento sulla sanità propedeutico al consiglio comunale aperto, voluto dalla commissione sociale del Comune di Lucca presieduta da Pilade Ciardetti (Sinistra con Tambellini), dopo quelli con il dottor Marco Farnè, direttore delle cure primarie e responsabile della medicina territoriale, del 21 dicembre (leggi) e dell’11 gennaio (leggi).
“Ci sono tre livelli assistenziali: l’alta intensità di cura, la media intensità di cura e la bassa intensità di cura. Il primo è rappresentato, sostanzialmente, dalla terapia intensiva e subintensiva; il secondo dai setting di medicina ospedaliera; il terzo è sul territorio, ed è a sua volta articolato su tre livelli: ci sono le strutture satellite accreditate, come le cliniche Santa Zita e Barbantini, i posti letto al Campo di Marte delle cure intermedie e le Rsa. In ospedale oggi – ha sottolineato Maielli – non esistono più i reparti ma setting, unità di degenza. Sono i medici specialistici a visitare i propri pazienti a seconda delle necessità. Questo comporta anche una suddivisione di responsabilità medica diversa: prima – ha ricordato Maielli – accadeva che, quando il reparto non era in grado, per numero di posti letto, di soddisfare alcuni bisogni, i degenti venissero ‘appoggiati’ in posti letto di altri reparti. Tuttavia il paziente rimaneva sotto la responsabilità del primario del reparto di appartenenza e non di quello del reparto d’appoggio, con diversi disagi anche logistici di spola del personale medico tra un reparto e l’altro. Oggi non è più così, e questo facilita anche la continuità di gestione del paziente e la riduzione di posti letto vuoti o di sovraffollamento di reparti. È un sistema ‘senza barriere’ che dà più garanzie di cura al paziente”.
Tuttavia, qualche criticità emerge: a sottolinearle, chiedendo possibili scenari risolutivi alla dottoressa Maielli, l’intervento di alcuni consiglieri. Come Nicola Buchignani (Fdi), che ha osservato: “Il rischio con questa organizzazione dell’ospedale per acuti è che il San Luca sia percepito come un grande pronto soccorso e che il cittadino si senta lasciato solo, forse anche per la poca informazione che è stata fatta sui servizi del territorio”. Anche Cristina Petretti (Pd), consigliera con delega alla sanità, ha preso la parola: “Questo modello è stato, sul nascere, osteggiato sia dagli operatori della sanità sia dai cittadini, sebbene a livello assistenziale riesca a dare maggiori garanzie. La costituzione verticistica in aree vaste, poi, ha allontanato il territorio dai livelli direzionali: sul piano regionale qualche ripensamento, in questo senso, potrebbe divenire operativo a breve. Si va, infatti, verso una restituzione di autonomia ai territori”.
Critico sul modello per setting il consigliere Alessandro Di Vito (Siamo Lucca), forte anche della sua esperienza come medico del pronto soccorso: “Sarebbe stato sufficiente introdurre una norma che limitasse le facoltà del primario nell’assegnare posti letto nei reparti, per ottimizzare le richieste e redistribuire le responsabilità. Vorrei che da questa commissione uscisse la precisa richiesta di valorizzare le unità di medicina, affinché possano accedere ai posti letto dell’intensità di cura evitando così che una pancreatite, per esempio, vada a ingolfare il pronto soccorso”.
L’accento è stato posto, infine, sulla carenza di personale che, con il blocco delle assunzioni, ha peggiorato la situazione: in particolare, mancherebbero sia gli anestesisti, sia i radiologi, sia i medici di pronto soccorso: “È importante – ha evidenziato Petretti – mettere in campo nuove competenze con la collaborazione delle università. Puntare sulla qualità del nuovo personale, oltre che sulle unità”. “Una volta conclusi questi approfondimenti – ha detto il presidente Pilade Ciardetti – vorremmo poter trasferire le conoscenze acquisite sui territori: organizzare cioè incontri informativi, perché emerge soprattutto un problema di conoscenza nella popolazione di quello che è il nuovo modello assistenziale”. Nella prossima seduta della commissione sociale saranno ascoltati i rappresentanti dei comitati cittadini che si occupano di sanità.
Elisa Tambellini