Giornata delle malattie rare, ecco la storia di Gabriele

28 febbraio 2019 | 12:27
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Giornata delle malattie rare, ecco la storia di Gabriele
Giornata delle malattie rare, ecco la storia di Gabriele
Giornata delle malattie rare, ecco la storia di Gabriele

Gabriele è il bambino delle storie. Ascolta, rapito, un racconto dopo l’altro. Non solo fiabe e favole, ma anche ricordi e aneddoti. Riconosce costellazioni e punti cardinali, sa tutto sui vulcani e sui movimenti della terra. Un giorno la sua mamma raccoglierà in un libro tutte le storie che Gabriele ama. Lei, che nove anni e mezzo fa, quando questo bimbo dagli occhi blu è nato, ha capito presto di essere una mamma al contrario: una di quelle che devono sperare di andarsene un attimo dopo il proprio figlio.

Sì, perché Gabriele è “un fiore blu in un campo di papaveri”. Ha una malattia rara dal nome complicato, polisomia xxxxy49. In Italia sono solo 8 i bambini con questa patologia di non semplice diagnosi, per la quale non esistono protocolli di cura. E oggi (28 febbraio), giornata internazionale delle malattie rare, vogliamo raccontare – senza alcuna pretesa di esaustività – quello che è stato il suo percorso, quelle che sono le difficoltà che la famiglia incontra ogni giorno e quei piccoli e grandi particolari che, nonostante tutto, portano energia buona nelle giornate di Gabriele e dei suoi genitori.

“Quando mio figlio è nato – racconta Chiara Franceschini – abbiamo dovuto elaborare un lutto: in quel momento abbiamo perso un bambino, e tutto quello che ci aspettavamo che l’essere genitori avrebbe portato nelle nostre vite e, al tempo stesso, abbiamo acquisito un figlio malato. È stato il dottor Domenici ad accorgersi di impercettibili dismorfie sul volto di mio figlio, che aveva solo pochi giorni di vita quando la diagnosi è arrivata. Rispetto a tanti genitori di bambini affetti da malattia rara, in questo senso, siamo stati fortunati. Abbiamo potuto dare un nome alla malattia di nostro figlio fin da subito, risparmiandoci quel calvario fatto di visite specialistiche su visite specialistiche, per arrivare spesso a un nulla di definito. Ad oggi ci sono tantissimi genitori orfani di diagnosi”.

“Certo, ci saremmo comunque accorti presto – continua Chiara – che qualcosa non andava, perché i disturbi di Gabriele si sono rivelati nella sua cruda oggettività. Ha manifestato da subito una complicata disfagia e quindi difficoltà nel deglutire. Ha iniziato a camminare a 4 anni e mezzo e ha potuto parlare meglio soltanto a 6 anni, quando la foniatra si è accorta della sua palatoschisi sottomucosa. Aveva il palato corto, il mio bimbo, e nessuno prima di allora se ne era accorto. È così che a 6 anni ha subito un’operazione delicata e dolorosa, che solitamente viene fatta a 6 mesi”. “Ricordo il suo chiedermi perché – prosegue Chiara – prima dell’operazione. Gabriele è un bambino violato in continuazione nel suo corpo, nella sua intimità, e se ne rende perfettamente conto perché è presente a se stesso. Ecco, quel giorno gli ho detto che ero orgogliosa di lui e che tutto quel dolore non era per colpa sua. L’ho visto rasserenarsi, come assolto da un peso che si portava dentro in silenzio”.

È così che spesso i bambini assimilano gli eventi che li fanno soffrire, facendosene carico, e Gabriele non fa eccezione. Lui, che bacia sul naso il cavallo Oberon e, dopo un’estate passata insieme, gli dice “mi mancherai”; lui, che è un appassionato di cartoni intramontabili, come Willy il Coyote e la Pantera Rosa; lui, che i compagni di classe coccolano e tengono per mano. Lui è Gabriele, un bambino come tutti e, come tutti, diverso da tutti.

“È opinione comune – continua mamma Chiara – che assolutamente non ci si debba affidare al web per farsi delle diagnosi. Questo però non vale quando si parla di malattie rare: internet è stata la nostra salvezza. È grazie alla rete se sono riuscita a mettermi in contatto con realtà d’eccellenza per la ricerca. Come il Children’s Hospital di Boston, col quale collabora la dottoressa Carole Sprouse. È stata lei a individuare un possibile percorso di cura per bambini da 0 a 14 anni, al quale si è interessato il professor Antonio Radicioni del policlinico Umberto I di Roma, uno dei nostri ‘angeli’. Ricordo – dice ancora Chiara – quando gli scrissi una lunga mail chiedendo un approfondimento e una riflessione critica sull’opportunità di considerare la patologia di Gabriele come indipendente e non come una variante di un’altra, il cariotipo classico 47 xxy. Radicioni ha chiesto una rivisitazione nosografica nei tavoli interregionali e ha ottenuto un codice di esenzione specifico per la malattia rara di mio figlio”.

Purtroppo, la terapia sperimentata a Boston, per Gabriele, è arrivata troppo tardi: “Eppure – racconta Chiara – per il periodo in cui gli è stata somministrata, il mio bimbo stava meglio, si ‘accendeva’. Sfortunatamente, però, questi farmaci entravano in conflitto con quelli che Gabri assume per la sua grave scoliosi. Tuttavia sono felice che le ricerche fatte, anche dalla mia caparbietà, per migliorare la vita di mio figlio, potranno avere conseguenze positive su quella di altri bambini. Come Pietro, un bimbo del Mugello nato 6 mesi fa, con la stessa malattia rara. Lui è arrivato al Meyer e ha trovato un protocollo di cura: inizierà nei tempi giusti la terapia studiata a Boston”.

Un punto messo a segno grazie alla collaborazione che il professor Stagi, dell’ospedale fiorentino, ha avviato proprio con Radicioni. “Noi genitori di bambini con malattie rare – commenta Chiara – sentiamo come propri anche i figli altrui, stabiliamo profonde connessioni emotive tra noi”. “Un altro ‘angelo’ incontrato in questi anni – prosegue – è stata la professoressa Consolini dell’azienda universitaria ospedaliera di Pisa. Dopo ben 9 polmoniti, Gabriele era sfinito. Ripeteva le analisi del sangue e sembrava che tutto fosse nella norma. Ma lei ha voluto vederci chiaro e ha visto che le difese immunitarie prodotte dal bimbo erano di scarsa efficacia. Così Gabri ha iniziato una cura domiciliare a base di immunoglobuline, un’infusione ogni 6 giorni che gli somministro direttamente io. Certo, non è semplice tenerlo fermo per due ore: ma almeno gli evito l’esperienza dell’ospedalizzazione. Questa terapia – spiega Chiara – ci ha cambiato la vita: adesso possiamo andare al cinema, uscire per il Carnevale, fare una passeggiata, senza temere a ogni refolo di vento che Gabri si ammali”.

È tanta la gratitudine che Chiara esprime per aspetti della vita quotidiana che, per tante altre persone, sono solo routine. “Sempre grazie al web – racconta – sono entrata in contatto con i genitori degli altri 7 bambini italiani affetti dalla malattia rara di mio figlio. Abbiamo fatto squadra, ci scambiamo consigli su come comportarci alla comparsa di alcuni sintomi. Questo ci rafforza, condividiamo esperienze e consulti medici ricevuti e ci sentiamo, così, meno soli”. E sul territorio di Lucca? “Nutro grandi speranze verso il punto di ascolto e ricerca per le malattie rare che sabato (2 marzo) sarà lanciato al Centro di sanità solidale. E, come me, i genitori con i quali sono in contatto: quando il dottor Faillace mi ha cercata per questo progetto, non credevo alle mie orecchie. Inoltre – continua – in questi anni, a Lucca, è stato fondamentale il supporto dell’Arca di Noè, associazione che mette in relazione, soprattutto, bambini disabili e animali. Durante un pomeriggio estivo di festa ho raccontato a tutti la storia di Lulù, il fiore blu nel campo di papaveri, scritta da me. Gabri ed io ci siamo anche vestiti da fiore”.

Chiara è una donna che ama scrivere, che lavora in banca, che segue suo figlio con dedizione. “Avremmo trovato anche un nostro equilbrio, se questa malattia non ci stesse portando via Gabriele giorno per giorno. A differenza degli altri bambini affetti da disabilità riconosciuta, per mio figlio – spiega ancora Chiara – c’è un margine di imprevedibilità molto alto. Non sappiamo come si evolverà la polisomia xxxxy49, non c’è sufficiente letteratura in merito. Certo, ci spaventa il ‘dopo di noi’, ma siamo molto concentrati sul ‘durante noi’ e speriamo di chiudere gli occhi un attimo dopo nostro figlio”.

Relazionarsi a Gabriele può non essere semplice, sulle prime: tende un po’ a isolarsi. Ma non appena si schiude la porta del suo mondo, ci si accorge di avere a che fare con un bambino di rara sensibilità: “Stiamo facendo esperimenti con i cristalli, in casa, e solo pochi giorni fa Gabri mi ha fatto un ‘rubino’ e me l’ha consegnato tutto orgoglioso ed emozionato”. L’impegno di Chiara è una battaglia per tutte le famiglie con persone affette da malattia rara: “Quello che chiediamo – ha concluso – è che il sistema sanitario nazionale comprenda che non si possono dare risposte standardizzate a bisogni specifici, come i nostri. Per questo occorre snellire le procedure e facilitare processi come l’erogazione dei farmaci, per esempio”. Un obiettivo sottolineato più volte dal dottor Faillace e che certo sarà centrale nell’attività del punto di ascolto e ricerca per le malattie rare.

Elisa Tambellini