Paziente “fragile” aspetta da mesi la prima dose

15 dicembre 2021 | 14:53
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La denuncia della figlia: “Nelle sue condizioni se prendesse il Covid non sopravviverebbe”

Una grave forma di enfisema polmonare e bronchite cronica, un terzo piano in centro storico e una prima dose del vaccino contro il coronavirus che non riesce ad arrivare. Sono questi i tristi fattori della storia di un uomo lucchese di 81 anni, una persona che a tutti gli effetti rientra nella categoria ‘fragile’, che ancora però non è riuscito a iniziare il ciclo di vaccinazione. A raccontarla è la figlia, sconcertata e inerme davanti a un sistema che sembra non essere in grado di arrivare a una soluzione.

“Mio padre, 81 anni, ha una grave forma di enfisema polmonare e bronchite cronica, abita al terzo piano in centro storico insieme a mia madre anche lei ‘fragile’, si sposta a malapena con il deambulatore e da un anno non mette piedi fuori casa, se non con l’ambulanza per le visite di controllo – racconta Elisabetta Giannini -. Entra ed esce dalla rianimazione. Avevamo prenotato ben due volte il vaccino, prima dose a domicilio, ma in entrambe le date mio padre era ricoverato d’urgenza in ospedale. Abbiamo allora ripetutamente provato a chiedere al medico di base per sapere quando fosse stato possibile avere il vaccino a domicilio, così come era stato fatto per mia mamma. Ma il medico ci ha detto che i sanitari incaricati di vaccinare si spostano soltanto quando raggiungono un certo numero di vaccini da somministrare a domicilio. Il punto è che mio padre, a oggi, non ha ancora fatto la prima dose. E ogni volta che viene ricoverato in fin di vita i medici, increduli, ci dicono che deve essere vaccinato assolutamente perché nelle sue condizioni non sopravvivrebbe al Covid. Ma come è possibile tutto questo? Come è possibile che un anziano con apparato respiratorio gravemente compromesso, quasi paralizzato nelle gambe, non venga vaccinato? Ci sentiamo inermi, non sappiamo più a chi rivolgerci”.

Un grave disagio per la famiglia. Ma sono tanti i problemi che emergono sul fronte anche del monitoraggio e dello screening del coronavirus. I disagi sono dovuti a ritardi nelle comunicazioni dell’esito del tampone. E’ quanto accaduto ad un giovane studente di Capannori, come racconta suo padre: “In settimana scorsa – spiega – mio figlio ha avuto sintomi di diarrea perdurati un paio di giorni. Poiché si tratta di uno dei sintomi più subdoli del Covid, abbiamo provveduto a prenotare un tampone attraverso il portale della regione Toscana, da eseguire sabato mattina presso Campo di Marte. Fatto il tampone, l’infermiera ci ha comunicato che il risultato sarebbe arrivato in 48 ore”.

Non è andata esattamente così, secondo il racconto del genitore: “Le ore passano (siamo a sera di domenica 12), ma del risultato sul portale regionale neppure l’ombra – spiega -, e oltre al disagio lavorativo dei giorni passati, occorre aggiungere un altro giorno da passare con il bimbo in quanto, anche se il certificato fosse arrivato all’ultimo momento, il pediatra non sarebbe riuscito ad inviarci il certificato per tempo idoneo al rientro a scuola. A 48 ore dal prelievo procedo quindi a contattare il numero verde dedicato e, sorpresa, mi informano che la domenica i laboratori di analisi sono chiusi e, quindi, le 48 ore sarebbero scadute il martedì”.
Conclude il genitore: “Sono assolutamente consapevole delle difficoltà che sta vivendo la regione Toscana sul fronte sanità, ma da cittadino invito il presidente Giani e l’assessore Bezzini ad impostare un piano di elaborazione dei tamponi anche alla domenica, affinché i genitori di bambini in età scolare possano tornare a lavoro nel più breve tempo possibile evitando disagi agli stessi ma anche ai datori di lavoro, ma anche perché allungare l’invio dei risultati anche di sole 24 ore, permette a persone che risulteranno positive (vaccinate e non) di circolare liberamente ed essere potenzialmente veicolo d’infezione, specialmente in un periodo come quello attuale dove i numeri sono in continua salita”.