Dal Pnrr 20 milioni per la sanità territoriale, Rossi: “Case di comunità e assistenza domiciliare al centro”
Campo di Marte diventerà Ospedale di Comunità, previsti inoltre altri otto interventi di adeguamento
Si accende la discussione in commissione politiche sociali su come, con l’arrivo dei fondi del Pnrr, cambia il volto della sistema sanitario territoriale.
Nella seduta che si è tenuta stamani (4 febbraio), si è discussa la missione numero 6 del Pnrr, che riguarda la salute e le progettualità finanziate e declinate sul nostro territorio, con una riorganizzazione dei servizi territoriali e sulla domiciliarità delle cure, avanzando anche la possibilità che sia la dimora, il primo luogo di cura del paziente. Per raggiungere questo obiettivo, sarà necessario creare una rete di strutture e servizi dove il cittadino troverà tutte le informazioni sulle cure al di fuori della fase acuta, che comunque verrà trattata nelle strutture ospedaliere.
Presente alla riunione della commissione politiche sociale il dottor Luigi Rossi, direttore di zona distretto piana di Lucca azienda Asl Toscna nord ovest che ha mostrato i contenuti della missione sei del Pnrr e l’applicazione sul territorio di Lucca.
“Il tema della sanità è un tema molto sentito dalla popolazione e siamo qui per parlare di quello che si sta muovendo in ambito locale, regionale e nazionale – dichiara il dottor Luigi Rossi –. La missione sei del Pnrr è divisa in due parti, le azioni e le prospettive in termini di organizzazione e erogazione dei servizi”.
Le risorse destinate alla sanità provengono per 15,63 miliardi di euro dal Pnrr, i restanti da fondi complementari, 1,71 miliardi da React-Eu (acronimo ingelese per assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa) e 2,89 miliardi dal Fondo nazionale complementare, per un totale di 20,22 miliardi di euro, da spendere nel periodo che va dal 2021 al 2026.
“Ci sono due grandi tranche da tenere in considerazione, la costruzione o riammodernamento della parte territoriale e l’innovazione la ricerca e la digitalizzazione del servizio sanitari”, spiega Rossi.
Su tutto il territorio nazionale, come si legge dalle slide presentate durante la seduta, è prevista la realizzazione di 1288 nuove Case di comunità, di poter fornire l’assistenza domiciliare al 10 per cento degli over 65, realizzare 602 Centrali operative territoriali (Cot) per l’assistenza da remoto e l’acquisto di oltre 3133 nuove grandi attrezzature per le diagnosi e le cure.
“Nel Pnrr – prosegue il dottor Rossi – la missione 6, relativa alla salute, agisce in maniera sinergica ad altre missioni, la missione 1 sulla digitalizzazione di tutta la pubblica amministrazione e la missione 5 sulla inclusione e coesione, dove, se si legge le azioni, si parla di sostegno ma anche di progetti per la disabilità, che in Toscana e in altre regioni, fanno parte settore sociosanitario. I componenti della missione sei sono quindi: innovazione, ricerca e assistenza di prossimità, telemedicina. Quest’ultima è suddivisa a sua volta in tre interventi, rete delle case di comunità e presa in carico della persona, assistenza domiciliare con utilizzo anche di tecnologie, sviluppo di cure intermedie e di ospedali di comunità. Le regioni che per adesso sono partiti con le cure intermedie, l’hanno fatto tutte in maniera differente l’una dalle altre”.
Le modifiche a livello territoriale, nei circa 600 distretti italiani, con la costituzione delle case di comunità, hanno l’obiettivo di arrivare a prendere in carico più di un milione e mezzo di persone, costruire 600 centrali operative territoriali e realizzare ospedali di comunità.
“La Casa di comunità è il punto di raccordo per tutti i servizi sul territorio – precisa Rossi –, nella logica del sistema sarebbero di due tipi, un hub con più servizi e un spoke con meno, più tutta una serie di ambulatori periferici. Lo standard prevederebbe una Casa di comunità ogni 15, 25 e 50 mila abitanti, a seconda della tipologia, hub o spoke. All’interno ci saranno servizi di medicina generale, specialistica infermieristica di comunità e tutti gli operatori della salute e del sociale, dove si lavora in team, non si fanno poliambulatori. Sia che si tratti di strutture hub o spoke apertura, l’orario di apertura dovrà essere dalle 12 alle 24 ore per sette giorni a settimana. Il finanziamento del Pnrr è solo sulla parte strutturale, non su quella gestionale, c’è poi capire come riempirlo di contenuti”.
Altro cambiamento fortemente richiesto sia dai cittadini che dagli operatori sanitari, è il potenziamento delle cure domiciliari, a cui saranno destinati 3 miliardi di risorse aggiuntive.
“L’assistenza domiciliare sarà la grande novità di questo sistema,verrà definito un modello condiviso – aggiunge Rossi -, con l’utilizzo di nuove tecnologie e coordinamento con altri servizi sanitari, ospedali, rete di emergenza-urgenza. Assicurata dalla Centrale operativa territoriale. Lo standard prevede cure domiciliari per il 10 per cento degli over 60. Il 60 per cento di questo, deve rientrare nelle cure domiciliari di base, il 6 per cento per le cure palliative ecc. Per adesso, statisticamente, sul territorio nazionale siamo vicini allo standard, ma non siamo ancora perfetti. Il servizio di cure domiciliari dovrà essere attivo 14 ore al giorno, sette giorni su sette. L’Unità di continuità assistenziale, sarà il diretto successore dell’Usca, con la presenza di almeno due medici su un territorio come Lucca, per un’attività domiciliare a supporto, di medicina generale e infermieristica”.
Previste anche la Centrale operativa 116 117, per cure non urgenti: “E’ il numero telefonico per la popolazione volto alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie, il punto di raccordo per il cittadino, che potrà chiamarla per informazione e attivazione dei servizi. La centrale operativa territoriale sarà invece destinata agli operatori. La logica aziendale è di farne una a livello distrettuale”.
La propria abitazione diventerà il primo luogo di cura grazie alla telemedicina. Per fare ciò occorrerà realizzare progetti di assistenza domiciliare e monitoraggio da remoto, su standard di cura garantiti dalla tecnologia, con un sistema informativo in grado di rilevare i dati clinici in tempo reale.
Altro aspetto sono le cure intermedie e gli ospedale di comunità. Strutture territoriali a gestione infermieristica con la medicina generale come responsabile clinico, con circa 20 posti letto e un massimo di 40 (20 posti ogni 50 mila abitanti).
Ma Cosa viene realizzato a Lucca?
“Occorre ragionare fin da subito sulla parte strutturale ed è in questa fase che bisogna accelerare – dice il dottor Rossi -. Bisognerà fare interventi sul Pnrr e non solo, per rendere il tutto più omogeneo. Il punto di partenza è stato preso a fine settembre dello scorso anno. Sono state individuate, come possibili case di comunità, quelle che già ad oggi hanno al loro interno la medicina generale”. Sul territorio della piana di Lucca se ne trovano due, una a san Leonardo in Treponzio e una a Marlia, sei sono state individuate in Versilia.
“Le programmazioni prevedono un incremento e la realizzazioni altre Case di comunità sulla piana di Lucca fino a raggiungere il numero di 5 e 9 in Versilia, con 26 interventi in ambito regionale”.
La proposta di nuove Case di comunità, come finanziamento, cadrà sul Pnrr, ma quelle previste in Valfreddana, al Turchetto e a Campo di Marte, verranno finanziate attraverso l’articolo 20, oltre agli adeguamenti per le altre due strutture già presenti.
L’ultimo aspetto, tenuto in considerazione dalla missione 6, sono gli Ospedali di comunità. “Da noi è campo di Marte, vengono presi dei finanziamenti e si prevedono 8 interventi programmati a livello aziendale, per una spesa di 20 milioni di euro. In definitiva, il quadro è sicuramente complesso – conclude il dottor Rossi -, ma almeno da come viene presentato, risulta organico e funzionale. L’Ospedale deve diventare l’ultima ratio. La logica che va presentata, è quello di riconoscere la funzione degli Ospedali per curare forme acute senza che vengano utilizzate per chi ha bisogno di cure croniche”.
Ad intervenire con alcune domande tecniche è il Consigliere Alessandro Di Vito, che è medico in forza al pronto soccorso di Lucca e conosce a menadito la situazione della sanità pubblica del nostro territorio: “Devo fare una considerazioni politica – dice -, con questo Governo non arriverà niente di buono anche nel settore sanitario. Si parla di ospedale per acuti da 13 anni e per adesso non si è visto nulla, anzi si è peggiorato lo standard, perché abbiamo inventato un Ospedale per acuti, con una popolazione di cronici. Altro aspetto che ha creato grossi problemi al settore, è la legge costituzionale numero 3, la peggiore legge votata in un referendum, che ha portato alla regionalizzazione della sanità. O si parte da queste due basi per una riforma sanitaria seria, altrimenti sono soldi sprecati e debiti futuri. Questa pandemia, gestita malissimo fin dall’inizio, doveva mettere in primo piano la prevenzione che è stata abbandonata. C’è qualcosa nel Pnrr che porti alla prevenzione?
Inoltre, lo standard posti letto, sono i peggiori in tutto il mondo e di conseguenza anche in Europa, avevamo uno standard di tre a sette posti letto per mille abitanti. Questo standard non è stato ancora approvato ed è fermo, per questo andrà tutto male. Se si fa un calcolo sul nostro territorio – precisa Di Vito -, abbiamo uno standard che dovrebbe arrivare a 510 posti letto, il san Luca è 340 posti letto. Questo è un dato di fatto. Lei dottor Rossi ha parlato di 30-40 posti letto ogni 50 mila abitanti, che non aggiunge niente alla situazione che abbiamo ora sul nostro territorio. Io sono molto arrabbiato con questo Pnrr e sono sicuro non si arriverà a niente. Sono circa 15 anni che dovevamo fare una centrale operativa unica dell’emergenza il 112 io nel Pnrr non la vedo”.
Il direttore Rossi, cerca di rispondere alle domande e alle problematiche avanzate dal Di Vito: “Il Dipartimento di prevenzione ha delle colpe, che conosco bene venendo da quel mondo, perché si è fatta scappare una serie di attività e settori che sono diventasti appannaggio degli specialisti singoli. Adesso l’interesse a rafforzare il dipartimento di prevenzione sembra esserci, in particolar modo in Toscana. Sui posti letto, il numero di ospedale di comunità sarà 0,4 posti letto per mille abitanti e invece il numero di 3,7, dovrebbe mettere assieme anche l’ospedale per acuti. Il Pnrr fa chiarezza sull’Ospedale di comunità, si parla proprio di quello, poi bisogna capire come le Regioni si organizzeranno”.
Una delle questioni principali sulle criticità della nuovo settore sanitario viene presentata dal presidente di Commissione Pilade Ciardetti: “Occorre che ci sia un cambio di mentalità, perché appena si avverte un primo problema, si pensa subito all’ospedale. Oggi non dovrebbe essere così”.
Altra questione basilare è affrontata dal Consigliere Leonardo Dinelli: “Per raggiungere questi obiettivi, c’è bisogno del personale. Allora mi chiedo, per reggere questa nuova struttura, basta il personale presente negli ospedali o si deve fare delle assunzioni”?
“La domanda è difficile – ammette il dottor Luigi Rossi -, è una delle problematiche centrali di questo nuovo Pnrr. Da un parte bisogna pensare a cosa ci può dare la digitalizzazione e da un’altra all’allocazione delle risorse, in cui la sanità è abituata ad arrivare dopo. Se servono una quantità di infermieri per mantenere il sistema, allora ci vogliono e basta. Sul fatto delle assunzioni non saprei rispondere in questo momento”.
Il sistema sanitario nazionale, ed anche quello Toscano, in questi ultimi anni, ha visto un progressivo rallentamento di fondi ottenuti, preferendo altri settori di investimento. Adesso però si fanno i conti con le scelte del passato e uno degli elementi più delicati è proprio la mancanza di personale. Personale specializzato che va non solo assunto, ma anche formato adeguatamente.
Secondo Di Vito l’Ospedale è diventato il punto di riferimento per i cittadini perché non è mai stata data loro un’alternativa: “Le necessità del cittadino sono state messe davanti nel Pnrr? La visita secondo me è un atto medico che va fatto. Se fin’ora il cittadino ha l’ospedale come punto di riferimento, come facciamo a fargli cambiare idea? Noi abbiamo chiuso due poli sanitari, Marlia e Lucca, non abbiamo avuto l’intelligenza di tenerle attive. Riusciremo a superare questa dicotomia tra ospedale e territorio?
E’ critica anche la Consigliera con delega alla sanità del Comune di Lucca, Cristina Petretti, anche lei medico del territorio: “Quello che vedo è che c’è una dicotomia sul sistema, che non si è adeguato alla situazione demografica. Siamo un po’ indietro e ci abbiamo girato intorno. Uno dei nodi principali penso sia la medicina generale, naturalmente ci sono problemi che coinvolgono anche il personale, il cambiamento vero deve essere culturale e di base e anche la medicina generale ha bisogno di un cambiamento. L’alternativa non viene percepita dal cittadino, il progetto del Pnrr offre qualcosa di nuovo, ma il problema vero è quello delle risorse umane, che devono avere oltretutto una preparazione adeguata. Non so se si riuscirà a consegnare completo questo modello nel 2026, rendendolo operativo. Questa è una delle cose che non mi fa essere ottimista”.
Concorda anche il dottor Rossi, consigliando di orientare ed informare il cittadino che vive e subisce i cambiamenti senza capire quale sia la logica che vi sta dietro. Anche informare sui percorsi è molto importante e a questo scopo sta alla politica intervenire.