Violenza di genere, la Casa delle Donne parla sui social attraverso 4 avvocate

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In occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, la Casa delle Donne di Viareggio parla sui social network attraverso le avvocate che operano volontariamente all’interno del centro antiviolenza L’Una per l’altra: Federica Lucchesi, Valentina Zinzio, Elisa Stella Montemagni e Marina Dini.
Le legali offrono un’attenta analisi che spazia dalle problematiche circa il “non riconoscimento della violenza domestica nei tribunali civili e per i minorenni e nelle consulenze tecniche di ufficio fino a dare una panoramica sugli strumenti di tutela che il procedimento penale prevede per le donne vittime di violenza di genere”.
Federica Lucchesi, avvocata , vicepresidente della Casa delle Donne di Viareggio e componente del collegio delle garanti di D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) afferma: “Purtroppo nei nostri tribunali civili e per i minorenni, che spesso intervengono nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza delle donne che seguiamo come avvocate del centro antiviolenza, non viene riconosciuta la violenza. Questo ci viene detto proprio di recente, non solo dalla relazione dell’aprile del 2022 della commissione parlamentare sul femminicidio ma lo dicono a gran voce le avvocate che collaborano con i centri antiviolenza della rete nazionale D.I.Re in un loro rapporto per un’indagine svolta appunto nel 2021…purtroppo nei nostri tribunali civili il principio preponderante è quello di salvaguardare e conservare il rapporto della prole con entrambi genitori e quindi anche con il genitore maltrattante perché purtroppo la convinzione radicata è che il genitore maltrattante sia in realtà un buon padre e questo perché si vuol far prevalere ad ogni costo il principio della bigenitorialità rispetto al principio del migliore interesse del minore”.
“Questo – prosegue – comporta che nei nostri procedimenti civili si assiste allo stabilire un affidamento condiviso ad entrambi genitori nonostante gli episodi di violenza e le allegazioni che noi avvocati dei centri antiviolenza spesso facciamo con i nostri atti come ad esempio i referti del pronto soccorso, le denunce e addirittura le applicazioni di misure cautelari . Al tribunale dei minori assistiamo all’affidamento dei minori addirittura ai servizi sociali ,quindi ad un ente terzo . Questo significa che anche la donna che subisce violenza rischia di essere ritenuta un genitore inadeguato ,non in grado di prendersi cura dei propri figli . Tutto questo comporta un senso di frustrazione e di sfiducia nelle donne che vedono concretizzarsi tutte quelle minacce e quelle violenze psicologiche che magari da anni subiscono da parte del partner maltrattante ,come la classica frase che si sentono sempre dire “non sei una buona madre. Non ti affideranno ma i tuoi figli. Ti porterò comunque via i figli”.
Valentina Zinzio, avvocata, parla dell’importanza fondamentale rappresentata in primis dalle misure cautelari che sono costituite principalmente dall’arresto in flagranza che viene disposto dalle forze dell’ordine. “E’ importante in questo senso, non solo che la polizia giudiziaria abbia assistito direttamente alla realizzazione del reato, ma che sia intervenuta subito dopo la commissione del reato e che abbia riscontrato addosso all’autore del reato tracce riconducibili alla commissione del reato stesso ed una serie di elementi a corredo tra i quali ,appunto, anche lo stato psicofisico in cui vengono trovate le persone presenti ,anche i minori .Il fatto che magari i minori stessero piangendo potrebbe essere un sinonimo riconducibile alla pregressa commissione di un reato in ambito familiare e precedenti interventi delle forze dell’ordine e che comunque rilevano precedenti accessi al pronto soccorso”.
Marina Dini, avvocata, spiega che “le donne che si rivolgono a un centro possono contare sulla assoluta riservatezza in quanto sia le operatrici che le legali ,che operano all’interno del centro, hanno l’obbligo di mantenere la più assoluta riservatezza sui fatti di cui vengono a conoscenza . Anche nel caso in cui in tali fatti fosse riscontrabile la presenza di un reato, in nessun modo le avvocate e le operatrici possono sporgere denuncia contro la volontà della donna ,questo anche perché l’ideologia del centro si fonda sulla centralità della volontà della donna. Pertanto noi legali se vediamo che sono sussistenti degli estremi di reato, quello che possiamo fare è fornire una consulenza nella quale illustriamo alla donna i reati ed eventuali strumenti ma la decisione se sporgere querela o denuncia spetta alla donna che è stata sostenuta dal centro ed è comunque una sua decisione”.
Elisa Stella Montemagni, avvocata, sostiene che “la prima cosa importante è che il quesito che il giudice deve porre al c.t.u. faccia emergere il fenomeno della violenza e che permetta di dare rilevanza alle dinamiche familiari che si sviluppano in un contesto di violenza…nelle consulenze tecniche d’ufficio disposte dai tribunali civili il c.t.u. tende difficilmente a far emergere o quantomeno a prendere in considerazione gli episodi di violenza domestica . Tende a ritenere che questi debbano essere tenuti distinti dalla valutazione che lo stesso deve fare sulle capacità genitoriali del padre o della madre nonostante negli atti del procedimento ci siano e risultino depositate denunce verbale di pronto soccorso e ci siano riferimenti a procedimenti penali in corso per maltrattamenti”.