“Mettiamoci anche noi in cammino”, il Natale dell’arcivescovo inizia dal carcere

L’intenso programma delle festività è un invito ad abbandonare il divano e abbandonarsi alla speranza
Inizia dal carcere di Lucca la vigilia di Natale dell’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti. La mattina del 24 dicembre infatti, celebrerà una messa a San Giorgio e poi nel pomeriggio al campo sinti alle Tagliate di Lucca. La sera presiede la veglia di Natale nel duomo di Castelnuovo Garfagnana alle 22,30. Il 25 dicembre, giorno di Natale, celebra alle 10,30 in cattedrale a Lucca poi alle 18 nella chiesa di Quiesa a Massarosa.
Inoltre domenica 29 dicembre ci sarà l’apertura del Giubileo nella Diocesi di Lucca, con l’impegno a mettersi in cammino. Per questo ci saranno tre punti di ritrovo alle 16 per i fedeli: alla chiesa di Sant’Anna per l’area della Versilia, alla basilica di San Frediano per la Valle del Serchio, alla chiesa dell’Arancio per la Piaana di Lucca. Da queste tre chiese, in processione, i fedeli raggiungeranno la cattedrale dove Giulietti presiederà la messa d’inizio dell’Anno Santo.
Continuando poi con le festività, Giulietti, il 31 dicembre, ultimo giorno dell’anno, presiederà il Te Deum di ringraziamento alle 17 a Lucca in cattedrale. Il primo gennaio, festa della Santissima Madre di Dio e Giornata mondiale della pace, l’Arcivescovo presiederà la messa alle 11 nel Duomo di Castelnuovo Garfagnana, alle 16,30 nella cattedrale di Lucca e alle 19 nella chiesa di San Paolino a Viareggio. Il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, alle 10,30 presiederà nella cattedrale di Lucca, alle 18 a Camaiore.
Gli auguri dell’arcivescovo
La Notte di Natale Papa Francesco aprirà la Porta Santa nella Basilica Vaticana, dando avvio al Giubileo in tutta la Chiesa. “Pellegrini di speranza” è il tema dell’Anno Santo. Pellegrini erano Maria e Giuseppe, sorpresi dal parto della Vergine lontani da casa e in un alloggio di fortuna; pellegrini diventano quella notte stessa i pastori, che lasciano gli stazzi e i focolari per attraversare il buio e andare a vedere quello straordinario Bambino; pellegrini, a centinaia di chilometri di distanza, si fanno i Magi, che indovinano tra le stelle un segno che impone di abbandonare tutto e partire, alla volta di un Incontro impagabile, la cui gioia si esprimerà nei doni dell’oro, dell’incenso e della mirra. Pellegrini, di lì a poco, dovranno farsi ancora i due sposi di Nazareth, dirigendosi in Egitto per sfuggire alla violenza di Erode, ma con la consapevolezza di dover tornare un giorno a casa.
I primi capitoli dei Vangeli di Luca e di Matteo sono caratterizzati da incessanti viaggi, preludio all’itineranza del Figlio dell’Uomo, ma soprattutto segno della forza salvifica della speranza. Non si tratta, infatti, del girovagare dei vagabondi o del girellare dei turisti: ogni passo, ogni decisione, ogni respiro sono guidati da una ricerca e da un’obbedienza. La ricerca di una meta capace di conferire senso all’esistenza; l’obbedienza a una Parola che assegna una missione, che fa capire di non essere al mondo invano, ma per uno scopo ben preciso.
In questo Natale saremo ancora assediati da immagini di guerre tra le nazioni e violenze tra le pareti di casa e sulle strade; vivremo la preoccupazione di veder scemare i riferimenti tradizionali, come la politica, la cultura, la famiglia, la religione… Non restiamo imbambolati davanti allo schermo della tv o dello smartphone: mettiamoci anche noi in cammino! Il divano è il terreno di coltura dell’ansia; la strada è maestra di speranza.
Ci mancano – è vero – le certezze di un tempo non troppo lontano in cui tutto appariva definito e stabile; non ci manca, però, il desiderio di un senso per il cammino della vita e l’intuizione che esista una meta capace di offrirlo. Varrà la pena abbandonare le proprie convinzioni per scommettere sulla Parola di Dio? Varrà la pena lasciare le proprie comodità per andare incontro a chi non ha nulla da offrirci se non la sua amicizia? Varrà la pena coltivare grandi ideali e imbarcarsi in esaltanti avventure, senza preoccuparsi del proprio tornaconto? Molte differenti persone, in quella lontana notte di Betlemme, hanno pensato di sì. Per questo la loro storia si racconta ancora, come canovaccio per interpretare le esistenze degli uomini e delle donne di ogni tempo, come opportunità di sottrarle al non senso. Smettere di vivere da persone “sazie e disperate” (G. Biffi) per divenire invece “pellegrini di speranza” potrebbe essere il dono più bello e prezioso di questo Natale, in cui Dio continua a venirci incontro nella semplicità di un bimbo e nella povertà di una mangiatoia. Lui, il “divin pellegrino” che da quella notte ci accompagna sempre in tutte le nostre strade, perché la stanchezza non abbia il sopravvento e non sbiadiscano gli ideali.