Controlli Arpat nelle cave di marmo: irregolarità in gestione rifiuti in 11 su 16

Pioggia di controlli dell’Arpat sulle cave di marmo del comprensorio apuoversiliese. Li ha diffusi, assieme ai risultati, l’agenzia regionale. Nel 2014 sono stati effettuati 8 controlli da parte del dipartimento di Massa Carrara ed altrettanti da quello di Lucca. Delle 16 cave controllate, in 5 casi non sono state rilevate irregolarità di competenza dell’Agenzia (in un caso di questi è stato segnalato al comune problemi in merito alle comunicazioni in deroga per l’inquinamento acustico per l’utilizzo di esplosivi). In cinque situazioni è stata accertata la non corretta gestione del registro di carico e scarico dei rifiuti, ed in 7 caso irregolarità sempre nella gestione dei rifiuti (smaltimento marmettola, smaltimento fanghi, abbandono rifiuti in aree limitrofe, utilizzo di trasportatori non autorizzati per lo smaltimento dei rifiuti).
“I controlli – spiega Arpat – generalmente riguardano la gestione dei rifiuti, delle acque di processo, delle acque meteoriche, delle emissioni diffuse di polveri. Le criticità principali rilevate sono: aree di attività in continuo cambiamento per gli spostamenti del fronte di coltivazione, fatto che comporta lo spostamento e ricollocazione degli impianti nel sito; manutenzione dei mezzi meccanici: sono state rilevate irregolarità quando questa non è stata eseguita da ditte esterne le quali sono di solito più attrezzate per effettuare una gestione più attenta dei rifiuti prodotti; la gestione delle acque di lavorazione porta spesso a segnalare irregolarità per la mancanza di raccolta delle acque a piè di taglio, per l’assenza o il mancato utilizzo degli impianti di depurazione, per la presenza di fango in tutta l’area di cava in inverno o di polvere in estate, nonostante che i piani di gestione delle acque meteoriche approvati prevedano che i piazzali siano mantenuti puliti per evitare il dilavamento, come richiesto dalla normativa sia sulle acque meteoriche che sul contenimento delle emissioni diffuse. Tali situazioni provocano perdite di acqua ricca di fanghi nel sito di cava che formalmente non può essere definita “scarico”; questo si evidenzia ancora di più nei siti dove ci sono fratture nella roccia o in maniera più pericolosa quando siamo in prossimità di ravaneti anche considerando che alcune aree del territorio provinciale alimentano le sorgenti per uso potabile ubicate in provincia di Massa; altri impatti ambientali rilevati durante i controlli, spesso sottovalutati dai gestori delle cave sono, ad esempio: la mancata bonifica dei suoli in conseguenza di piccoli versamenti accidentali di sostanze oleose dai mezzi meccanici o dai depositi di materie prime nei casi previsti dalla legge; una gestione non corretta nell’utilizzo di trasformatori di energia elettrica, alcuni ancora contenenti fluidi con PCB; l’abbandono di macchinari in disuso, spesso contenenti ancora al loro interno lubrificanti o altre sostanze pericolose; la gestione dei fanghi (marmettola) e delle acque meteoriche che, soprattutto nella fase di ripresa delle attività dopo la pausa invernale o nella fase di avvio delle lavorazioni, avviene a volte in maniera non completamente conforme in quanto è necessario un ripristino delle condizioni di lavorazione; l’abbandono di rifiuti nelle cave dismesse situate in aree limitrofe a cave attive. Non è facile poter verificare i quantitativi di marmettola effettivamente prodotti e quindi possono sfuggire al controllo eventuali smaltimenti irregolari”.