Altare Villa Collemandina, dura lettera del parroco a fedeli

12 settembre 2017 | 07:30
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Altare Villa Collemandina, dura lettera del parroco a fedeli

Nuova puntata per la questione dell’altare di Villa Collemandina. Il parroco della discordia, Don Dini, ha risposto per iscritto, consegnando una nota ai fedeli presenti alla messa di domenica, alle nuove polemiche per lo spostamento dell’altare della chiesa per cui si attende la risposta della Soprintendenza alle sollecitazioni del ministero dei beni culturali e ambientali.
Innanzitutto don Dini contesta la ricostruzione secondo cui si vorrebbe spostare l’opera del Civitali: “Non è esatto – scrive – L’opera del Civitali, datata 1519, in legno, è stata restaurata da parrocchia e belle arti nel passato. Ad essere spostata sarebbe la mensa, che non è affatto del Civitali, è in marmo ed è del 1700. I due manufatti vennero uniti solo dopo il terremoto del 1920”.

Nessuna responsabilità, secondo il parroco, nemmeno per lo spostamento del raduno bandistico nello spazio davanti alla chiesa: “Nessuno me lo ha richiesto – dice il parroco – Se questa persona esiste si faccia avanti e mi sbugiardi. Se non lo vedrò sarò spinto a pensare che nel nostro ambiente c’è facilità di inventare per dimostrare di avere ragione. Se poi la bugia non fosse originata da leggerezza ma da studiata programmazione, si tratterebbe di calunnia, cosa ben più grave”.
Don Dini interviene anche sulla mancata partecipazione alla cerimonia per i caduto: “Premetto con il dire – scrive – che questa cerimonia non è una finzione religiosa, può essere fatta senza il prete e il parroco non ha l’obbligo di parteciparvi. Con il mio comportamento ho volto e voglio dare un segnale alla nostra amministrazione comunale. Sono infatti costretto a qualificarla come nemica e persecutrice. Il tutto è iniziato per sua colpa e per tutto il resto è difficile giudicarla estranea. A me il comportamento lo suggerisce la sua religiosità”.
Sulla chiusura della chiesa Don Dini è categorico: “Non è stato bello – dice – ma necessario. I responsabili del settore esecutivo l’hanno voluto come condizione essenziale. Per la lungaggine dobbiamo ringraziare quelli che mettono il bastone fra le ruote”. E ancora sulla mancata celebrazione delle feste di San Sisto e Santa Margherita: “Non è stato bello – dice – ma corretto ed educativo sì. A parte il fatto che la chiesa chiusa ci impediva di allestire le cerimonie secondo le abitudini una motivazione di fondo lo scongigliava. Le feste dei santi titolari hanno, tra l’altro, una caratteristica: vogliono anche rendere visibile il buono che c’è nella comunità festante. A Villa in questo periodo non siamo una comunità che gode di bontà, concordia, cristianesimo che ci renda graditi ai nostri santi. Ci è più utile, rispetto alla gioia della festa il crogiolo della conversione”.
Don Dini spiega, infine, i lavori che si vogliono realizzare: “La mensa – dice – staccata dall’opera del Civitali, portata in avanti e completata, diventa la mensa voluta dalla riforma liturgica. Il vuoto prodotto viene chiuso da un paliotto in legno del 1700 restaurato e adattato all’esistente”.
Un lungo j’accuse, dunque, che ha lasciato sorpresi alcuni parrocchiani e che prelude con tutta probabilità a nuovi scontri nella comunità. In attesa di altre risposte dagli organi ufficiali e in particolare dalla Soprintendenza.