Fusioni, Villa di Castiglione non nascerà

21 maggio 2018 | 16:00
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Fusioni, Villa di Castiglione non nascerà

La fusione fra Villa Collemandina e Castiglione Garfagnana non si farà. Questo è quanto emerge dalle votazioni che si sono svolte ieri e oggi nei due Comuni per la nascita del municipio di Villa di Castiglione.

Il referendum, infatti, finisce con un risultato divergente: decisamente a favore la maggioranza dei votanti di Villa, per quarantaquattro voti avanti i “no’ invece a Castiglione. La valutazione del voto adesso spetta al consiglio regionale. Su 3153 elettori, alle urne nei due comuni si sono recati ieri e oggi in 1534, ovvero poco meno della metà degli aventi diritto: appena il 35,15 per cento a Villa e il 61,30 per cento a Castiglione. I sì – che prevalgono nel totale per 815 voti contro 710 – sono stati rispettivamente 342 (63,93%) a Villa Collemandina e 473 (47,78%) a Castiglione di Garfagnana, mentre i no 193 (36,07%) e 517 (52,22%).
Non nasconde la propria delusione per l’esito del referendum il sindaco di Villa Collemandina Dorino Tamagnini: “Prendiamo atto dell’esito della votazione e adesso attendiamo indicazioni dalla Regione. Sono felice che nel nostro Comune abbia vinto ampiamente il sì: i cittadini hanno capito la nostra battaglia e hanno compreso che in questa situazione storica bisogna cercare di mettere insieme le forze”. 
Nel caso in cui il sì, come è successo, avesse vinto in uno solo dei due paesi, la normativa prevedeva anche la possibilità per i due Comuni di procedere ugualmente alla fusione qualora la sommatoria dei voti favorevoli avesse superato i due terzi dei votanti, eventualità che non si è verificata essendosi i sì attestati di poca sopra la soglia del 50%. “Con il sindaco Gaspari ancora non ci siamo sentiti – conclude Tamagnini -. So che là c’erano altri tipi di tensione, di tutto si è parlato fuorché del referendum. Noi abbiamo fatto la nostra battaglia. Abbiamo la coscienza a posto”.
Si tratta del ventiseiesimo referendum dal 2012 ad oggi. Allora la Toscana contava 287 Comuni, che già in proporzione erano già molti meno che in altre regioni, effetto anche delle riforme settecentesche del granduca Pietro Leopoldo. Oggi sono 274, tredici in meno. A ciascuna fusione si è arrivati dopo un referendum consultivo. Fino al 2017 tredici volte hanno prevalso i sì e dodici i no. C’è chi è passato da gestioni associate di servizi e unioni di Comuni, altri si sono fuse senza tappe intermedie e la Regione ha incentivato ogni volta la scelta con 500mila euro l’anno (per cinque anni) di contributi straordinari, 250 mila euro per ogni vecchio comune. A queste risorse utili per dare fiato a progetti rimasti troppo a lungo nel cassetto o per tamponare tagli sui trasferimenti statali si sono sommate deroghe sulla spesa in bilancio e contributi statali straordinari, per di eci anni, pari al 50 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, fino ad un massimo di 2 milioni per ciascun beneficiario.