Kme, il Comitato per l’Attuazione della Costituzione: “No inceneritore, serve intervento dello stato”

30 giugno 2018 | 07:06
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Kme, il Comitato per l’Attuazione della Costituzione: “No inceneritore, serve intervento dello stato”

“La vicenda dell’inceneritore della Kme è ad un passaggio decisivo. Due notizie degli ultimi giorni ci dicono che questo è il momento di imporre una svolta, di cambiare strada prima che sia troppo tardi sia per la tutela della salute che per la salvaguardia dell’occupazione”. Così si esprime il Comitato per l’Attuazione della Costituzione della Valle del Serchio.

“Mentre la giunta Rossi – dice – ha dato il benestare della Regione all’inceneritore del pulper a Fornaci, infischiandosene bellamente di ogni considerazione sulla salute e sull’ambiente (ma in questo Rossi è un autentico specialista), il progetto della Kme è andato a sbattere brutalmente con la realtà nell’incontro svoltosi al ministero dello sviluppo economico lo scorso 25 giugno. In quella sede, a conferma di quanto sosteniamo da sempre, l’inconsistenza di quel progetto ai fini del rilancio produttivo ed occupazionale dell’azienda è emersa in tutta evidenza”.
“Come Comitato per l’attuazione della Costituzione – prosegue la nota – abbiamo messo al centro della nostra azione due articoli della Carta del 1948. L’articolo 32, che inizia affermando che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…” e l’articolo 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza…”. Purtroppo queste fondamentali norme costituzionali sono spesso disattese. Da questo punto di vista il comportamento del governo regionale è semplicemente indecente, sordo alle istanze popolari, indifferente ai problemi della salute in una zona che già paga le conseguenze di un inquinamento secolare, prono agli interessi di lorsignori al punto da avallare un esperimento sulla pelle della popolazione, arrivando perfino a promettere finanziamenti all’inceneritore Kme in quanto “opera di interesse strategico regionale”. I membri della giunta Rossi sanno bene che non esistono inceneritori sicuri, che questo in particolare utilizzerebbe un materiale assai pericoloso come il pulper, che l’impianto proposto è di tipo sperimentale (con tutti i rischi del caso), che le normative europee escludono simili impianti in una valle chiusa come la nostra: eppure hanno deciso di dire sì a Kme. Una decisione vergognosa, presa perfino in spregio a quanto previsto da una mozione approvata dal Consiglio regionale poche settimane fa, che obbligava ad informare preventivamente il Consiglio e la commissione competente”.
“Una decisione – quella della Giunta regionale – prosegue il comitato – tesa a tirare la volata a Kme per ottenere altri soldi pubblici dallo Stato, come il testo dell’accordo ammette candidamente: “La Regione Toscana si impegna a sostenere l’azienda nel progetto di accreditamento presso il Ministero dello sviluppo economico ed il Gse ai fini dell’ottenimento delle agevolazioni previste dalla normativa (es. i cosiddetti certificati bianchi)”. Insomma, soldi pubblici per avvelenare la valle. Poi qualcuno si chiede come mai i cittadini siano imbufaliti… Sta di fatto però che al ministero si siano mostrati piuttosto freddi (il nostro è solo un gentile eufemismo) con il progetto Kme. E qui veniamo al nodo occupazionale, che a noi interessa al pari di quello ambientale. La verità è che con il futuro dell’occupazione nello stabilimento di Fornaci di Barga il pirogassificatore c’entra quanto i cavoli a merenda. L’abbiamo detto e lo ripetiamo: quello di Kme è solo un ricatto. Un ricatto che va respinto non solo in nome della salute ma anche in quello del lavoro per i 570 occupati della fabbrica. Legare il futuro dell’occupazione alla realizzazione dell’inceneritore non regge, la Kme ha ben altre difficoltà di quelle energetiche. E, del resto, mentre il valore industriale della produzione energetica (calcolato sul prezzo di mercato a megawattora) si attesterebbe attorno ai 5 milioni annui, quello dovuto allo smaltimento dei rifiuti ne varrebbe circa 10. Se a questo sommiamo i finanziamenti pubblici attesi, si capisce chiaramente dove stia il business. Altro che rilancio della produzione del rame. Ecco allora la svolta che si impone. E qui parliamo alle amministrazioni locali, alle forze politiche e a quelle sindacali. Noi pensiamo che non sia più possibile l’attendismo, tanto meno l’andar dietro alla strategia di Kme. Per quella strada non si va da nessuna parte e di certo non si difendono i posti di lavoro. Posti di lavoro in fabbrica che vanno invece salvati, insieme a quelli delle attività turistiche, agricole e commerciali che verrebbero di certo colpite dalla trasformazione della Valle del Serchio in un centro di smaltimento dei rifiuti cartari (e magari non solo quelli)”.
“Concludiamo allora con un ragionamento che proponiamo a tutti in maniera aperta – conclude la nota – Se il percorso fin qui seguito ha condotto in un vicolo cieco, quale altra strada è possibile prendere per salvaguardare ambiente e occupazione? Noi pensiamo che ci si debba rifare anche qui alla Costituzione, al già citato articolo 41 e non solo. Noi crediamo che anziché finanziare un inceneritore, sarebbe assai meglio utilizzare i soldi pubblici per indirizzare diversamente la politica industriale della Kme. In sostanza siamo per un intervento dello Stato. Forse qualcuno si scandalizzerà per questa nostra idea. Che si scandalizzi pure, magari spiegandoci come mai non si è scandalizzato quando sei anni fa un intervento pubblico di 150 milioni, finalizzato a favorire alcuni investimenti, ha preso la strada di un’altra importante azienda della valle che il caso ha collocato proprio di fronte alla Kme. La questione che poniamo riguardo al futuro di questa azienda è dunque assai semplice: è meglio andare avanti in maniera stentata, con continui ma modesti interventi pubblici, comunque inadeguati a risollevare lo stabilimento di Fornaci; o non sarebbe meglio pensare ad una soluzione radicale, che immagini un intervento statale in grado di invertire sul serio una rotta che se dovesse proseguire porterebbe inevitabilmente alla progressiva chiusura della fabbrica? La risposta parrebbe semplice. Noi comunque ci aspettiamo che possa aprirsi un dibattito serio ed all’altezza della gravità della situazione”.