Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio

27 novembre 2018 | 20:41
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Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio
Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio
Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio
Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio
Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio
Bagni, battaglia per dire no a impianto di compostaggio

“Dobbiamo ripulire l’impianto e metterci una catena per chiuderlo”. È questa la posizione espressa questa sera (27 novembre) da Claudio Gemignani (consigliere di Un futuro per Bagni di Lucca), Carlo Vivarelli (consigliere di San Marcello Piteglio) e Maurizio Marchetti, che hanno incontrato i cittadini a Fornoli ribadendo il no ad un nuovo progetto per la riapertura per l’impianto di compostaggio di Tana Termini. Prosegue così la battaglia di Un futuro per Bagni di Lucca per dire no alla riapertura dell’impianto: una lotta, appunto, portata avanti insieme a insieme all’opposizione del Comune di San Marcello Piteglio e il consigliere regionale Marchetti.

L’impegno di Un futuro per Bagni di Lucca era partito da un’interpellanza per dire no alla riapertura dell’impianto di compostaggio di Tana Termini. Il tutto in concomitanza con identica interpellanza di un consigliere comunale di San Marcello Piteglio, dove l’impianto ha sede, Carlo Vivarelli del Partito Indipendentista Toscano. Claudio Gemignani racconta la storia la storia dell’impianto: “Data la delicatezza e importanza del tema – commenta il consigliere di minoranza – è opportuna un po’ di storia e una ricostruzione degli ultimi fatti. La storia dell’impianto di compostaggio di Piteglio, parte all’incirca nel 2003: l’allora Comune di Piteglio, autorizza l’iter che porterà alla realizzazione di tale impianto, in un’area (furbescamente diciamo noi) confinante con un altro Comune, il nostro, lontano dal proprio centro abitato principale, sopra un’area che durante gli anni Settanta e Ottanta, era luogo di deposito di fanghi di cava, vicina a una statale e nell’alveo del Torrente Lima. Come può tale impianto che ricade su terreni a destinazione agricola, con vincoli idrogeologici, paesaggistici, e in fascia di rispetto stradale, aver ottenuto le autorizzazioni per partire? Ricordiamo le battaglie fatte dall’amministrazione comunale di Bagni di Lucca del tempo, col sindaco Contrucci che fece ricorso al Tar e l’allora assessore all’ambiente, oggi consigliere, Bianchi, a fare volantinaggio e battaglie in loco per impedire quello che anche noi, oggi riteniamo uno scempio. Infine l’ordinanza del sindaco Donati che vietava il passaggio di camion puzzolenti e gocciolanti attraverso il nostro centro abitato. Per precisare, come già dichiarato, non siamo pregiudizialmente contro a tali impianti. Ma debbono essere realizzati in luoghi consoni e col rispetto di tutte le norme ambientali. Cosa che non riguarda questo impianto. Per anni – prosegue – tale attività, non ha prodotto che puzza, problemi e ha dato profitti a una società fallita nel 2016, che, dato che il fallimento, non è stata chiamata nemmeno a pagare per i danni ancora in essere. Impianto che mai ha prodotto compost commercializzato. Noi non vogliamo più che i nostri meravigliosi paesi della Val di Lima siano riempiti di odori nauseanti. Non vogliamo che ci venga smaltita l’immondizia della Campania, di Santa Maria Capua Vetere ad esempio. Per questo ci siamo subito impegnati su questa causa: una cosa va detta, con la nostra interpellanza il Comune di Bagni di Lucca ha dichiarato la propria contrarietà alla riapertura dell’impianto, il sindaco si è anche impegnato a scrivere alla Regione. Sarebbe bello che tutta la politica di Bagni di Lucca si unisca per combattere questa battaglia”.
Adesso la notizia di un progetto pronto per la riapertura dell’impianto: “Siamo sbalorditi da questa notizia – prosegue Gemignani -. L’impianto è sprovvisto delle minime norme di sicurezza, fatto in un luogo abusivo non rispettando i vincoli ambientali. Chi acquisterà tale impianto, dovrà tra l’altro farsi carico di parte di materiale rimasto ancora lì, esattamente tra materiale ammendante, compost e sovvallo, una quantità totale di 4750 tonnellate, oltre al materiale legnoso contenuto nel biofiltro. Stupefacente il fatto che l’impianto non abbia più neanche l’Aia (autorizzazione integrata ambientale), tolta dalla Regione (col curatore fallimentare che ha fatto ricorso al Tar), nonché non abbia un impianto antincendio ed elettrico conforme alle normative. Anche la commissione parlamentare parla dell’impianto di Tana Termini: lo studio dichiara che gli incendi dell’estate del 2017 sono per autocombustione, quindi l’impianto è ancora pericoloso. Inoltre si specifica che la struttura non ha mai funzionato in modo regolare, è ubicato in maniera infelice. Una posizione, ricordo, che ha creato disagi e problematiche alle attività turistiche per i cattivi odori. Un danno ambientale fatto anche al fiume Lima dal versamento dei liquami. Tra l’altro, essendo tale impianto fatto su vecchi fanghi di cava, la parete di contenimento posta tra l’impianto e la Lima, sta cedendo e ne immaginiamo le conseguenze (vedi le foto). Ribadiamo la nostra posizione: siamo contrari alla riapertura di un impianto costruito in un luogo sbagliato”.
La questione ha visto l’impegno anche del consigliere regionale Maurizio Marchetti, che ha presentato interrogazione scritta all’assessore regionale all’ambiente Federica Fratoni: “Come è possibile fare un impianto in quella zona? Non riesco proprio a trovare un singolo elemento per condividere il progetto. Però l’impianto è lì, ed è pieno di rifiuti. L’impressione che ho avuto è questa: faccio il consigliere regionale da 6 mesi, ho fatto un interrogazione sull’impianto ma le risposte sono state imbarazzanti, alla Regione sembra non fregare nulla. Costruire l’impianto in quel posto è stato senza dubbio un errore, non si può continuare a sbagliare. Domani sarò in commissione che si occupa di rifiuti e sottoporrò la questione chiedendo una visita dell’impianto. Adesso è il momento di fare denunce: davanti ad una situazione del genere il sindaco deve tutelare i cittadini e la loro salute. È il momento di agire, il momento del dialogo è terminato: non è il caso di sederci ad un tavolo, dobbiamo ripulire l’impianto e metterci una catena per chiuderlo”.
Carlo Vivarelli, consigliere di opposizione del Comune di San Marcello Piteglio, prosegue la lotta per la chiusura dell’impianto: “Presenterò alcuni referendum consultivi, uno sicuramente riguarderà la chiusura dell’impianto di Tana Termini. L’impianto, a termine del bando, è stato venduto così com’è senza alcuna certificazione, autorizzazione ambientale. È uno scandalo. La ditta avrebbe già presentato un progetto di massima al Comune di San Marcello Piteglio, che vede il rifacimento dell’impianto di compostaggio e di biogas, con un nuovo impianto con tubature più grandi e 4 torri da 12 metri. Com’è possibile che la ditta che ha presentato il progetto spendendo 600mila euro senza avere le garanzie per utilizzare l’impianto? Non si spendono milioni di euro su una scatola vuota senza garanzie. Abbiamo il dovere di denunciare i fatti. L’impianto di Tana Termini si collega al pirogassificatore di Fornaci: fanno parte di un disegno della Regione. Il progetto prevede che l’impianto, oltre a non essere chiuso, verrà raddoppiato. Chiederemo al sindaco un assemblea pubblica sul tema, che tra l’altro aveva già preannunciato”.
Alla conferenza presenti anche membri di Legambiente, cittadini e i commercianti colpiti dai disagi causati dai cattivi odori dell’impianto. “Come cittadini appena ripenso al passato mi vengono i brividi – commenta Marco Nesti di Legambiente -. Non torniamo ad insistere su un terreno che oltretutto sta franando. Il nuovo progetto ci fa paura, l’impianto si trova davanti ad attività commerciali, che hanno avuto ossigeno dopo la chiusura della struttura. La riapertura ci fa rabbrividire: porterebbe una danno ambientale e non dimentichiamoci che la zona è pericolosa. Legambiente è favorevole a questo tipo di impianti, ma non vanno fatti in posti sbagliati”. A raccontare il proprio disagio sono i commercianti della zona: “È stato frustante vedere le persone, venute a cena, andarsene a causa dei cattivi odori causati dall’impianto – commenta il proprietario dell’agriturismo Il Rifugio dell’Arcobaleno -. Ben vengano gli impianti di compostaggio, però questa struttura va bonificata e chiusa”.

Claudio Tanteri