No piro, Libellula: “Da Kme accuse bizzarre alla politica”

Ancora duro confronto fra la Kme e il comitato La Libellula sul tema del pirogassificatore. L’associazione interviene dopo l’ennesima replica della società, stavolta rivolta alla politica locale.
“Coi consueti toni per niente pacati e concilianti – si legge nella nota – Kmetorna a tuonare contro il nemico: questa volta il bersaglio è la mozione approvata in consiglio provinciale e presentata dal consigliere Pd Nicola Boggi, con la quale si chiede la costituzione di un tavolo istituzionale tra enti locali, Regione Toscana e ministero dello sviluppo economico e dell’ambiente per condividere un piano di rilancio dello stabilimento di Fornaci di Barga, che sia alternativo a quello proposto dalla stessa azienda e dunque che non preveda il tanto contestato pirogassificatore”.
“A parte i toni che caratterizzano questo come altri recenti articoli di Kme – prosegue La Libellula – toni a cui la popolazione della nostra Valle non è abituata e che non rispecchiano la sua cultura – ma tant’è – ci sono nel recente comunicato dell’azienda alcune affermazioni che ci colpiscono nel contenuto. Rivolgendosi ai proponenti della mozione, e al Partito Democratico in particolare, si dice “anticipateci alternative serie al nostro progetto e verremo ai vostri tavoli aperti”. In poche parole gli enti locali dovrebbero risolvere i problemi di competitività di Kme, proponendo soluzioni al (presunto) problema dei costi energetici”.
“Su una tale affermazione ci sono alcune riflessioni da fare – spiega il comitato – Kme è una multinazionale leader nel suo settore, con abbondante disponibilità di capitale, tecnologie e know how; ha bisogno davvero dell’aiuto della politica locale per risolvere un suo (presunto) problema tecnico? Qua non stiamo parlando di infrastrutture o di tasse ma di un aspetto meramente tecnico-aziendale, affrontato da tutte le aziende energivore. Affermare che non vi sono alternative alla soluzione proposta nel progetto di Kme è assai bizzarro anche per un non addetto ai lavori: forse che le aziende metallurgiche hanno bisogno di inceneritori e pulper di cartiera? Non l’avevamo mai sentito dire. Si potrebbe invece dire, paradossalmente, che è proprio il progetto di Kme a costituire un’alternativa rispetto alla normalità dato che al momento non ci risultano soluzioni simili adottate da nessuna azienda energivora al mondo. Ma è poi così vero che la politica non ha fatto nulla anche per questo specifico problema? Come tutti sanno, a partire dal 2018 un decreto del ministero dello sviluppo ha concesso un fortissimo sconto sull’acquisto di energia elettrica da parte delle aziende energivore; il famoso sconto da due milioni ammesso anche da Kme, e che a detta dello stesso ad Pinassi (marzo 2017) era proprio il gap competitivo che separava lo stabilimento di Fornaci da quelli tedeschi”.
“Per quanto riguarda le proposte di autoproduzione energetica – dice La Libellula – sappiamo che era stata comunque proposta la soluzione più comunemente adottata dalle aziende energivore, ovvero la produzione con turbina a metano e incentivi fiscali (i famosi certificati bianchi), ma che tale proposta è stata rifiutata. Pare infatti che il metano vada pagato, così come l’energia elettrica sulla rete, pur se fortemente scontati entrambi rispetto a quanto sono pagati dalle famiglie. Ma ci chiediamo: non è eccessivo, per un’azienda energivora, pretendere l’energia gratis e insieme un profitto al netto dei costi di esercizio del gassificatore di 3 o 4 milioni di euro l’anno? Fare business, infatti, vuol si dire mettere in conto ricavi, ma anche costi e questo non c’è certo bisogno di ricordarlo a una grande impresa come Kme. Si dice poi nel comunicato Kme, sempre riferendosi ai vertici del Pd locale, ai suoi rappresentanti nelle istituzioni locali e al loro atteggiamento che “con questo metodo si aprono tavoli e si chiudono aziende”: brutte parole queste ultime in particolare, che stonano parecchio con quanto avevamo letto nell’ultima intervista di Pinassi nella quale assicurava che “vogliamo riportare in attività gli attuali 65 esuberi, a prescindere dal nuovo progetto”; dal riassorbimento degli esuberi a parlare di chiusura, il passo ci pare troppo grande non è questo che la Valle si aspetterebbe di sentire da un’azienda che è stata così centrale per la sua storia. Vorremmo ricordare a Kme che la politica potrebbe benissimo anche non aprire alcun tavolo di confronto e bocciare la sua proposta di progetto a prescindere (parola ormai diventata un tormentone…), non si capisce proprio da dove provenga questo atteggiamento che sa quasi di pretesa o di aspettativa rimasta frustrata”.
“La politica locale poi, secondo Kme – prosegue l’analisi – dovrebbe “lasciar fare il loro lavoro agli enti preposti”, considerati da molti non si sa bene per quale motivo “infallibili” (quando la storia ci dice ben altro…) e dunque assistere passivamente al loro lavoro. È vero invece che le istituzioni locali rappresentano gli interessi della popolazione locale da cui sono state elette, di cui fanno parte e di cui devono difendere anche la salute per prescrizione di legge, come nel caso dei sindaci; la nostra concezione di politica e di partecipazione attiva a scelte di questa importanza è ben diversa e ben rappresentata dall’articolo che abbiamo già scritto a riguardo, con l’autorevole parere del dottor Bellonzi”.
“C’è infine – si conclude – nel comunicato stampa di Kme un altro passaggio assai discutibile e cioè il fatto che il ministero dello sviluppo abbia “già espresso il suo parere favorevole al progetto di Kme”. Sappiamo invece che l’accordo col Mise, datato 20 agosto, è di molto precedente all’uscita del progetto (6 novembre), riguarda la proroga della cassa integrazione straordinaria ed è molto generico facendo riferimento soltanto a una “piattaforma energetica Waste to energy” senza entrare in particolari; chissa se il ministro Di Maio e con lui il ministro dell’ambiente Costa, provenienti da una forza politica tanto avversa agli inceneritori, potrebbero mai approvare un progetto del genere ora che ne sono usciti i particolari? Ai posteri l’ardua sentenza”.