Ipotesi nuova Rsa privata a Castelnuovo, la Cgil: “Spesa che non ci convince”



Il sindacato: “Tante perplessità, la pandemia inoltre ci ha ricordato quanto servano le strutture pubbliche”
Tante le perplessità che arrivano dal gruppo della Cgil di Lucca in merito al progetto del Comune di Castelnuovo sulla nuova struttura socio sanitaria privata destinata all’uso come Rsa per circa 120 posti.
“Abbiamo appreso che il Comune vuole realizzare, assieme al gruppo Carron Impresa di costruzioni Generali spa, una nuova struttura socio sanitaria privata – scrive la Cgil – Negli anni in Valle del Serchio però, sono state già realizzate strutture congrue alle necessità della zona, con un numero di posti compreso tra i 25 e i 40, in modo da garantirne la funzionalità e il decentramento sul territorio, povero dal punto di vista dei collegamenti”.
“La seconda perplessità – scrivono i sindacati – riguarda l’ambito lavorativo del settore socio sanitario, in quanto le Rsa già presenti sul territorio della valle del Serchio garantiscono la risposta alle richieste dell’utenza, tanto che non ci risultano particolari problemi relativi alle liste d’attesa. Questo progetto da 80 posti Rsa, 20 di cure intermedie e 20 di assistenza alle carenze cognitive si porrebbe quindi come concorrenziale con queste piccole realtà già presenti. Peraltro l’attuale organizzazione di queste strutture, in cui sono coinvolte anche le misericordie locali, permette di finanziarne i servizi di soccorso”.
“Molte perplessità si pongono anche dal punto di vista occupazionale – spiegano – in quanto se gli ospiti previsti saranno effettivamente 120, il numero di 70 operatori è assolutamente inadeguato alla luce dei parametri regionali per il settore, che ne richiederebbe più di cento. Inoltre l’attuale carenza delle figure professionali richieste espone al rischio che si crei un mercato del lavoro concorrenziale di tipo predatorio nei confronti delle strutture più piccole. A creare ulteriori dubbi è l’economicità del progetto, in primis data l’apparente mancanza di un futuro gestore della struttura. Tramite l’esperienza maturata attraverso il confronto con altri imprenditori del settore, sappiamo che il canone di affitto delle Rsa si aggira mediamente attorno al 6/7 per cento dell’investimento. Se queste percentuali fossero valide anche in questo caso, per il nuovo gestore si prospetterebbero canoni d’affitto troppo elevati per la sostenibilità economica della struttura”.
“Infine, come Cgil, riteniamo che la pandemia abbia messo in evidenza la necessità di riportare quanto più possibile i servizi socio sanitari in ambito pubblico – commentano – e la necessità ripensare a un modello socio assistenziale non basandolo quasi esclusivamente sulle Rsa. Si ritiene quindi doveroso ripensare a un modello di assistenza basato sull’alternativa Rsa/’badanti’, progettando la costruzione di una rete di servizi di diverso livello di assistenza, integrati nel territorio e nella rete dei servizi e vicini ai cittadini. Concludendo, il progetto in questione, per come ne siamo a conoscenza, non ci convince. È venuto a mancare completamente il confronto con le parti sociali, che sul territorio rappresentano sia i lavoratori che i cittadini”.