Tutela del patrimonio boschivo, successo per l’incontro a Bagni di Lucca

1 luglio 2024 | 16:07
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L’appuntamento è stata un’occasione per approfondire la conoscenza del territorio e del suo inestimabile patrimonio boschivo e forestale.

Sabato (29 giugno), in una sala Rosa del Circolo dei Forestieri al completo di pubblico, nonostante il caldo e l’imminente partita degli Europei, si è svolto l’incontro pubblico dal titolo I boschi dell’Appennino: quale futuro nella Valle del Serchio? organizzato dal Comitato Val di Lima e Val Fegana, I Custodi degli alberi e del suolo di Barga, Canyonatura Toscana, le Sezioni del Club Alpino Italiano della Valle del Serchio, dal Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano con il patrocinio del Comune di Bagni di Lucca.

“L’alto livello delle relazioni ha destato un grande interesse fra i presenti e dimostrato che il tema delle risorse boschive e la complessità degli ecosistemi forestali sta sempre più guadagnando l’attenzione della gente comune – dicono i promotori -. Che il bosco non sia più visto come ‘altro da noi’ ma ‘parte di noi’ e sicuramente come il nostro migliore alleato per il contrasto ai cambiamenti climatici in atto è ormai un dato di fatto. Non a caso questo evento è nato dal basso, grazie alla sinergia di più associazioni locali e enti attenti alle minacce ambientali in atto nella Valle del Serchio, sulla scia del controverso progetto di apertura della nuova strada forestale a 1200 metri di quota nell’oasi di protezione Orrido di Botri, a poche centinaia di metri dalla Riserva naturale statale Orrido di Botri. L’assessore Priscilla Valentino, in apertura della giornata e in rappresentanza dell’amministrazione comunale di Bagni di Lucca, ha sottolineato l’impegno del Comitato Val di Lima e Val Fegana nella costruzione dell’evento e l’importanza di iniziare un cammino di conoscenza e collaborazione, condiviso fra chi governa il territorio e le comunità che qui vivono e che devono, per questo, avere un ruolo centrale nell’orientare le azioni politiche”.

“Da questo ‘imparare insieme’ potrà sicuramente innescarsi un circolo virtuoso, capace di appianare i contrasti passati e produrre un nuovo promettente inizio – raccontano ancora -. La presidente del Cai Toscana Benedetta Barsi ha poi posto l’accento sul ruolo attivo e positivo dei movimenti impegnati anche su altri fronti ambientali aperti nella nostra regione, primo fra tutti l’estrattivismo sulle Alpi Apuane, ma anche l’anacronistico progetto della funivia Doganaccia-Corno alle Scale. Grazie a un lavoro di moderazione agile e puntuale da parte di Antonio Lopez, giornalista e divulgatore scientifico, siamo subito entrati nel vivo della materia di convegno. Alessandro Bottacci della Società italiana restauro forestale, ex forestale e professore universitario, ha illustrato, con ricchezza di immagini e concetti, le relazioni storiche uomo-foresta (in 15mila anni della sua storia l’uomo ha dimezzato le foreste originarie) ma soprattutto, smontando una visione antropocentrica, ha fatto ben comprendere che più le foreste invecchiano, meglio funzionano, acquistano resilienza e potere di assorbimento dell’anidride carbonica”.

“Un bosco di 80 anni è di fatto giovane (occorrono 600 anni di una pianta per paragonarli alla nostra vecchiaia) e se viene tagliato a raso ne interrompiamo le funzioni e la continuità, con grave danno per la sua ‘bio-complessità’, fatta principalmente di relazioni. L’espressione Wood wide web(l’ampia rete del bosco) indica l’interdipendenza fra gli elementi del bosco: le piante si scambiano dati, ma anche risorse, creando una rete sotterranea di comunicazione fitta e per noi invisibile (1 metro cubo di suolo contiene fino a 100 chilometri di radici fini, dette ‘fili micorrizali’ o ‘rete micorrizica’ la quale, tra l’altro, aumenta di 40 volte il potere assorbente del suolo stesso) – proseguono -. Tale rete, o ‘sinapsi del bosco’, è funzionale all’accesso ai nutrienti, ma non solo: all’interno di questa comunicazione, oltre allo scambio di carbonio, acqua e altri elementi, rientrano anche particolari segnali di difesa o avvertimento in caso di attacchi parassitari. In questo quadro, fondamentale per la sopravvivenza, che potremmo definire ‘cooperativa’, del bosco, anche il legno morto (‘necromassa’) ha una sua funzione importante e non è vero, come si sente spesso dire, che sia fonte di propagazione di infezioni”.

“Parlare di boschi significa dunque parlare anche di suoli, base bio-fisica della vita delle piante, nei quali l’acqua filtra generando i depositi idrici di cui necessitiamo e di atmosfera, perché le foreste equilibrano le temperature e, in qualità di ‘pompe biotiche’, generano vapore acqueo che poi si trasforma in pioggia anche nelle lunghissime distanze – vanno avanti -. Il bosco è pertanto un ambiente dall’equilibrio tanto complesso quanto delicato e una risorsa basilare per la vita verso cui il nostro tradizionale approccio utilitaristico e semplicistico (‘bosco=legname’) deve essere rivisto e aggiornato anche soprattutto alla luce delle sfide che i cambiamenti climatici ci propongono con sempre maggiore frequenza. Proprio in Toscana, ha spiegato Bottacci, a causa dei tagli, dal 2021 al 2023 sono stati persi 96.500 ha di copertura forestale, pari all’8,9% della copertura boschiva presente nel 2000 e queste superfici, che fortunatamente in minima parte riguardano la Valle del Serchio, non a caso si concentrano in vicinanza delle strade che favoriscono il prelievo del legname e subiscono trattamenti tanto meno riguardosi dal punto di vista ambientale quanto più le ditte incaricate per i tagli vengono da fuori, senza legami con i territori. Fabio Cappelli, ex funzionario del Corpo Forestale dello Stato che ha a lungo esercitato la sua professione proprio nella Riserva Naturale di Botri, ha tratteggiato la storia di questa area protetta statale istituita nel 1971, partendo da fotografie degli anni ‘30 del secolo scorso che ritraggono l’alta Val Fegana priva di boschi, proprio per il secolare sfruttamento del legname e per il sovrautilizzo pascolativo, dunque soggetta a numerose frane”.

“Dagli anni Settanta l’opera di protezione e salvaguardia ha permesso un significativo ripopolamento vegetale e animale, come si addice a superfici demaniali nelle quali è doveroso lasciare invecchiare i boschi rendendoli organismi capaci di alto assorbimento di CO2 e uno spazio privilegiato per la biodiversità (fra l’altro in questi luoghi nidificano le aquile e i lupi hanno ritrovato il loro habitat) – ricordano ancora -. Esaminando il piano di gestione forestale che attualmente interessa circa 90 ettari di superficie della riserva, recentemente approvato dalla Regione Toscana e adottato dall’Unione Comuni Media Valle del Serchio, questo indirizzo di tutela viene però decisamente meno. L’adattamento/apertura dei tracciati stradali previsti si prospettano infatti come funzionali ai grandi macchinari di taglio dei boschi, tipo gli ‘Harvester’ e i boschi stessi sono definiti come ‘produttivi, in fase di attesa’ (leggi: da tagliare, non appena sarà possibile arrivarci con le strade). Questo prospettato ‘assalto alla macchia’, non in linea con i piani europei inerenti i boschi vetusti, va decisamente nel senso opposto a ciò che i relatori e gli organizzatori dell’incontro vorrebbero”.

“Lo stesso Cappelli ha auspicato che un piano del genere non venga attuato e, rilanciando sul grande valore naturalistico della area, si spinge quantomeno a prospettare la creazione di una più vasta Riserva Naturale Orientata Regionale. Una nuova formula di tutela forestale portata avanti dal Parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano è stata infine testimoniata da Willy Reggioni, dal 2018 responsabile del Centro Uomini e Foreste del Parco nazionale nell’ambito del quale coordina diversi progetti inerenti la mitigazione e il contrasto al cambiamento climatico e responsabile del Gruppo di Certificazione di Gestione Forestale Sostenibile e Responsabile Appennino tosco-emiliano – concludono -. Nel suo intervento ha infatti illustrato come la remunerazione economica data dai crediti di sostenibilità per foreste certificate secondo standard europei possa di fatto incentivare la loro conservazione piuttosto che spingere verso l’utilizzo tradizionale del bosco per ricavarne biomassa. Aziende che devono compesare le proprie emissioni di CO2 in atmosfera sono disposte ad acquistare i crediti di sostenibilità e i beneficiari sono gli stessi proprietari dei boschi verso cui vanno azioni di cura e mantenimento. Tutti i contenuti del convegno convergono in un unico messaggio: arrivati a questo punto di crisi ecologica, il prendersi cura dei boschi, aumentarne la resilienza anche con la diversificazione della biodiversità vegetale, è di gran lunga preferibile al loro taglio. Il valore dei servizi ecosistemici offerti dalle foreste appenniniche è nettamente superiore a quello del loro legname”.