Come il tabacco arrivò a Lucca

22 novembre 2017 | 14:56
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Come il tabacco arrivò a Lucca

Ebbene sì, lo confesso, tutte le mie giornate sono intrise dal fumo del toscano, inteso come sigaro. Una consuetudine che viene da lontano, dalla storia familiare e che mi accompagna, direi piacevolmente, da più di mezza vita. E a quanti – persone care, familiari, amici – esprimono qualche preoccupazione intorno agli effetti che tale abitudine (o, se si vuole, chiamiamolo pure vizio) potrebbe avere sulla mia salute mi permetto di obiettare rifacendomi all’autorità di una piccola pubblicazione apparsa a Napoli nel 1842: traduzione dal francese di un Trattato del caffè e del tabacco, un libello opera di Kruger, medico di palese formazione positivista, da cui risulta che il tabacco “diminuisce i tormenti della fame e della sete”, “possiede preziose virtù per il mal di denti”, “libera dagli umori superflui”, “calma il priapismo” e, sempre sulla stessa lunghezza d’onda, “quando vi sono persone tormentate dopo il pranzo da Venere, questo è il modo di scacciarlo, fumando tabacco”.

“Buono e utile” il tabacco “anche nell’apoplessia, nel letargo e nell’epilessia per non parlare dei suoi benefici effetti lassativi”. Informazioni un po’ amene e un po’ eccentriche ricavate dalla sterminata bibliografia sul tabacco che potrebbe essere grossolanamente suddivisa nei libri che ne lodano le virtù e in quelli che lo denigrano. Migliaia e migliaia di pagine partigiane e avversarie di una battaglia che si combatte da quasi mezzo millennio con studi, saggi, poesie, romanzi. La pianta, come è noto, era largamente usata dai popoli indigeni americani ora nelle cerimonie religiose, ora come droga medicinale per stimolare il sonno oppure come impiastro per curare infiammazioni e contusioni. L’uso di fumare il tabacco, inizialmente riservato alle sole cerimonie religiose, divenne ben presto un’occupazione fine a se stessa, e naturalmente, i primi a contrarre questa abitudine furono proprio i sacerdoti, così che il nuovo ‘vizio’ rimase per un certo periodo un piacere riservato alla loro casta, anche perché il tabacco era considerato un’erba sacra. Gradualmente, però, tale usanza finì per coinvolgere anche persone estranee alla cerchia religiosa, si laicizzò, e passò ai rappresentanti di rango e censo più elevati tra la popolazione. Poi, piano piano, l’uso di fumare si democratizzò e si estese a tutti. La ‘nicotiana tabacum’ Cortez la vide usare nell’isola di Tabasco e nel 1518, mezzo millennio fa, il feroce conquistatore la inviò all’imperatore Carlo V. Tant’è che, circa alla metà del XVI secolo, Fernandez de Toledo ne introdusse la coltivazione in Spagna e Portogallo. Così che l’ambasciatore francese in Portogallo, Giovanni Nicot, faceva dono di alcuni campioni della pianta a Caterina de’ Medici, regina di Francia che ne divenne fin da subito un’entusiasta consumatrice e propagandista. La fiutava e la usava come rimedio per parecchi mali: infatti, la regina, soggetta a frequenti emicranie, trovava un immediato sollievo nel fiutare tabacco. La corte, naturalmente la imitò: tale comportamento divenne segno di distinzione e il tabacco fu chiamato l’Erba della Regina. In Italia la introdusse a Roma il cardinale Santa Croce, legato papale a Lisbona; a Firenze la portò nel 1570 Niccolò Tornabuoni, per cui il tabacco assunse ancora un altro nome: Herba Tornabuona. 
Da Firenze a Lucca. Città dove il tabacco avrebbe stretto una secolare alleanza che, tra alti e bassi, dura proficuamente ancora oggi. Anche se, come scrive nella seconda metà dell’Ottocento Salvatore Bongi, direttore e illustre archivista dell’Archivio di Stato lucchese, “sarebbe impossibile ritrovare notizie precise del tempo e del modo con cui l’uso di fiutare e fumare il tabacco dell’America si introdusse nel territorio che già fu dell’antica Repubblica Lucchese”. E risale a poco prima della metà del secolo XVII, al 5 gennaio 1649, una relazione dell’ufficio delle entrate con cui si indicava la possibilità di fare provento (guadagno) dei nuovi generi di consumo, in particolare del tabacco. Per il cui accollo era già stata fatta una ragionevole offerta. Il compratore di esso provento (che per la prima volta si concedette senza incanto) fu il milanese Silvestro di Bernardo Marselli, “il quale si impegna a pagare 140 scudi lucchesi a patto di poter, lui solo, nella città e Stato di Lucca vender tabacco o farlo vendere a chi più gli piaccia. Obbligandosi però a dare sempre tabacco vero, buono e mercantile, senza inganno o frode al prezzo di bolognini 15 la libbra”.

Luciano Luciani