Gli “occhietti di Santa Lucia”, tra santità e sapori

13 dicembre 2017 | 10:44
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Gli “occhietti di Santa Lucia”, tra santità e sapori
Gli “occhietti di Santa Lucia”, tra santità e sapori
Gli “occhietti di Santa Lucia”, tra santità e sapori

Martire del IV secolo, tra storia e leggenda, la siracusana Lucia gode ancora, almeno a giudicare dall’onomastica diffusa, di un largo seguito popolare. Il suo nome, che contiene la radice della parola latina lux, luce, viene antifrasticamente festeggiato dalla Chiesa alla data del 13 dicembre, corrispondente nell’antico calendario giuliano al solstizio d’inverno, “il giorno più corto che ci sia”. Esemplare la storia della sua testimonianza di fede.

Dalla famiglia promessa in matrimonio a sua insaputa, Lucia, invece, per amore di Cristo, aveva fatto voto di castità. Ottenuto da un pellegrinaggio miracoloso sulla tomba di sant’Agata di Catania lo scioglimento del vincolo nuziale, fu però vittima della vendetta del fidanzato per nulla disposto a rassegnarsi facilmente al venir meno dell’impegno matrimoniale e alla possibilità di un’unione con una fanciulla di nobile e ricca famiglia. La leggenda vuole che per significare la sua totale fermezza nel voto Lucia si strappasse gli occhi e li inviasse al promesso sposo su un vassoio. Ma questo, non ancora soddisfatto, la chiamò in giudizio davanti al proconsole romano non solo per la rottura del fidanzamento, ma, accusa gravissima, per le sue frequentazioni con i temibili cristiani. Pascasio, il funzionario imperiale, la condannò, allora, a una pena infame: essere condotta e costretta a vivere in un lupanare per essere profanata nel corpo e nella dedizione a Cristo. Ma il rappresentante del potere romano non aveva fatto i conti con la forza dello Spirito Santo che rese la fanciulla pesantissima e, quindi, inamovibile. Solo dopo altre atroci torture, ferita mortalmente alla gola, Lucia spirò. Le sue spoglie sono conservate nella chiesa di Santa Lucia in San Geremia a Venezia, anche se un occhio della martire è venerato come preziosa reliquia a Napoli nel tempio cristiano di San Giovanni maggiore. A Lucca, alla intrepida fanciulla siciliana, fu intitolata, intorno alla metà del XIV secolo, la cosiddetta Cappella Guinigi, collocata nel complesso di San Francesco e originariamente destinata ad accogliere le sepolture dei componenti della nobile famiglia. Nel territorio della Diocesi lucchese alla santa protettrice della vista sono poi dedicate ancora due chiese: una in località Montigiano, nel Comune di Massarosa, risalente al X secolo, ma più volte ristrutturata; l’altra, Santa Lucia in Vegghiatoia, è situata nel Camaiorese. Edificata nel 1230, ma ampiamente rifatta nel Settecento e nell’Ottocento, della fabbrica originaria conserva solo una parte dell’abside romanica. E, last but not least, una semplice ricetta per ricordare, anche con una punta di piacere, la temeraria adolescente che più di millennio e mezzo or sono ebbe il coraggio di sfidare tutta da sola il potere immenso dell’impero romano.

Tarallini detti “occhietti di santa Lucia”
Occorono un chilo di farina di tipo 00, 200 grammi di olio extravergine, un pizzico di sale e 200 grammi di vino bianco secco. Impastare quindi la farina, l’olio, il vino e il sale fino a ottenere un amalgama dalla consistenza morbida. Andrà poi steso e con la pasta, bisognerà realizzare dei bastoncelli con cui confezionere dei tarallini da cuocere in forno a 150 gradi per circa 20 minuti. Completata la cottura, i tarallini vanno tuffati nella glassa e fatti asciugare.

Luciano Luciani