
Il Giorno della Memoria, 27 gennaio, la ricorrenza internazionale che commemora le vittime della Shoah, è ormai una data ampiamente condivisa del nostro calendario civile. Nella città e nella provincia di Lucca ricordare quella vicenda significa soprattutto rievocare lo straordinario contributo fornito dalla Chiesa locale e dal suo arcivescovo, monsignor Antonio Torrini, nel promuovere tra il clero una pratica quotidiana e diffusa di accoglienza, condivisione e solidarietà verso le popolazioni vittime della guerra e verso i tutti perseguitati.
Oltre che attraverso le parrocchie, il progetto di assistenza agì attraverso l’opera dei sacerdoti Oblati dello Spirito Santo: don Arturo Paoli, don Sirio Niccolai, don Guido Staderini e don Renzo Tambellini. Nell’autunno 1943 prende contatti con loro, Giorgio Nissim, un ebreo pisano, rappresentante dell’opera assistenziale ebraica Delasem. Si crea così una rete di assistenza ebraico-cristiana che riesce a salvare molti ebrei italiani e stranieri, oltre che esponenti della Resistenza. La rete procura nuove identità, rifugi sicuri, assistenza morale e materiale: a questa azione contribuiscono resistenti, parroci, religiosi e religiose, appartenenti all’Azione Cattolica, lo stesso arcivescovo e molte altre persone rimaste sconosciute. Un lavoro imponente di assistenza e protezione che permette di salvare circa 700 ebrei italiani e stranieri: mani e volti amici che aiutano a resistere alla bufera e a dipanare, nonostante tutto, l’esile filo del futuro. La Chiesa lucchese, i suoi uomini e le sue organizzazioni non esauriscono, però, l’intero quadro dello straordinario agire delle migliori energie morali e intellettuali della città murata e non si può, quindi, non ricordare il dottor Frediano Francesconi, classe 1892, interventista democratico nella Grande Guerra, volontario e ufficiale degli Alpini. Medaglia d’argento al valor militare, repubblicano, fonda a Lucca, assieme all’amico Giorgio Di Ricco, il giornale, d’impronta mazziniana, Il Baluardo. Componente del Comitato antifascista dopo l’omicidio Matteotti è costretto dal fascismo ad allontanarsi da Lucca, dove torna dopo la specializzazione in otorinolaringoiatra, ottenuta a Torino. Nell’anno terribile del regime militare nazifascista, dal settembre 1943 al settembre 1944 Francesconi sostituisce nel Cnl lucchese, in rappresentanza del Partito repubblicano l’amico Giorgio Di Ricco, costretto a una fortunosa fuga a Roma, mentre per rappresaglia sono incarcerate in San Giorgio la moglie e la cognata. Insieme al Cnl e personalmente il medico lucchese, utilizzando il proprio studio professionale in piazza dei Cocomeri e la propria residenza di Coselli, svolge un’intensa attività di aiuto e di sostegno a favore di profughi, ricercati, sbandati, ebrei. Lo ricorda con devozione e affetto il comunista Giuseppe De Gennaro, presidente del Cnl lucchese dopo l’arresto del professor Augusto Mancini: “Ricordo ancora vivamente la figura del dottor Francesconi, che a me appariva come un patriarca, dato che per la sua età avrebbe potuto essere mio padre; ricordo il suo parlare di Mazzini come fosse un suo amico ancora vivente, ed il suo giovanile entusiasmo nell’esporre e utilizzare un sistema di finanziamento che era stato inventato da Mazzini e utilizzato nel Risorgimento”. Con altrettanta stima e rispetto, parla di lui don Renzo Tambellini, sacerdote lucchese, uno degli Oblati del Volto Santo, impegnato in prima fila nella solidarietà con i cittadini ebrei perseguitati in seguito alle infami leggi razziali del 1938: “Nonostante fosse un massone era sempre benefico con tutti”. Un impegno civile a tutto tondo quello del dottor Francesconi che non si esaurisce con la lotta di Liberazione, ma continua anche nel dopoguerra: nel sociale con la presidenza della Croce Verde lucchese; nella cultura come membro dell’Accademia lucchese di lettere, scienze e arti; nella politica, ricoprendo per il Partito repubblicano, incarichi nel consiglio comunale di Lucca, nel consiglio provinciale, nel consiglio comunale di Capannori. Proprio Capannori, il suo Comune di origine, nel maggio 2014, ha voluto dedicare al dottor Frediano Francesconi una targa commemorativa per la sua lunga e piena dedizione alla causa dell’umanità. Io c’ero e fu una bella cerimonia. Peccato che poco più di un anno più tardi, nel luglio 2015, a riprova di come la mamma degli imbecilli sia sempre incinta, qualcuno (un teppista in vena di bravate? Un neonazi in cerca di conferme intorno alla propria stupidità?) abbia pensato bene di infrangere quella targa che rendeva memoria di un uomo buono.
Luciano Luciani