Accidenti a quella rapa: tra proverbi e ricette

20 giugno 2018 | 16:32
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Accidenti a quella rapa: tra proverbi e ricette

La rapa da utilizzare come scorta invernale deve essere seminata tra la seconda metà di giugno e settembre, da sola oppure insieme a miglio, avena, granturco, grano saraceno, trifoglio, fieno greco e altre piante da foraggio. “Le rape – scrive Antonio Mazzarosa, un aristocratico lucchese dell’Ottocento, attento osservatore delle pratiche agricole della sua terra – si svelgono alla metà di novembre, e si pongono fitte fitte in linea sugli orli del campo convenientemente rincalzate di terra; ove continuano a vegetare, e servono alla famiglia per il broccolo, e alle bestie per la rapa ridotta in minuti pezzi e mescolata con la paglia”.

Non si dimentichi, dunque, il proverbio contadino per cui “tutto a suo tempo e rape in Avvento”. Non oltre i primi dieci giorni dell’ultimo mese dell’anno, infatti, le rape invernali andranno estratte dal terreno e avviate alla conservazione che avverrà in scatole di sabbia o terra asciutta. Anche per il poeta latino di origine iberica Marco Valerio Marziale (40 – 102) le rape raccolte a ridosso del solstizio d’inverno sono talmente buone che le mangia volentieri nientemeno che Romolo, leggendario fondatore e primo re di Roma: gaec tibi brumali gaudentia frigore rapa / quae damus, in caelo Romulus esse solet (eccoti le rape che si sono godute il freddo brumale / cibo abituale di Romolo lassù in cielo Xenia, liber XIII, XVI). La rapa estiva, destinata a un consumo immediato, si semina invece a partire da marzo e si raccoglie prima che le radici ingrossino troppo caricandosi di cellulosa e diventando così poco digeribili. Quando? Ce lo indicano due proverbi: “se vuoi la buona rapa per Santa Maria (15 agosto) sia nata”, oppure il toscano “accidenti a quella rapa se d’agosto ‘un è nnata”. I tipi estivi più apprezzati? La rapa bianca piatta di Milano e la bianca lodigiana. Oggi, nel nostro paese, la rapa si coltiva soprattutto nel nord – Italia e tra le province più “vocate” a tale coltura merita di essere ricordata quella di Cuneo; non disprezzabile, però, la produzione toscana e campana. All’estero spiccano alcune aree francesi, i Paesi Bassi e la Scozia.

Vitamine e minerali. Luci e ombre
Poco stimata sul piano nutrizionale il nostro ortaggio ha, invece, recentemente proprio su questo terreno conquistato parecchi crediti. Risulta, infatti, ricco di vitamina B6 e C e abbonda di sali minerali quali il calcio, il fosforo, il magnesio, il potassio, al punto che la scuola medica salernitana (XI – XII secolo) ne rilevava le proprietà diuretiche ed emollienti, depurative e rinfrescanti utili nella cura delle cistiti, gotta, litiasi, delle malattie della pelle e, mescolata con grappa e miele, dell’apparato respiratorio. Più problematico intorno ai benefici della rapa è stato Castore Durante da Gualdo (1529 – 1590), umanista, archiatra del terribile papa Sisto V e autore del prezioso Tesoro della sanità, breviario cinquecentesco della salute e della vita quotidiana, uno tra i primi esempi di letteratura divulgativa di argomento igienico – sanitario. Per il medico umbro il simpatico ortaggio “Genera ventosità e aquosità nelle vene, e opilazione nei pori. È di tarda digestione, e talora mordica il ventre e lo fa gonfiare, riscalda le reni: cruda è nemica allo stomaco; arrostite, e acconcie con aceto in insalata eccitano l’appetito”. Insomma, per il nostro volgarizzatore controriformista la rapa è più ombre che luci.
Naturaliter insipida, scipita, sciocca la rapa, che raccoglie pure le critiche della secolare saggezza del popolo romano: “Chi cià er pepe lo mette a le rape, e chi nun ce l’ha le magna sciape”. Un atteggiamento svalutativo nei confronti della nostra brassicacea ribadito anche da una quartina di area toscano/lucchese:

Disse Cristo agli apostoli suoi
non mangiate rape ch’è cibo da buoi
Rispose san Pietro ad altissima voce
maledette le rape e chi le coce

Come ti cucino la rapa a Lucca
Una ricetta tanto sapida quanto semplice che viena da Gombitelli, frazione del Comune di Camaiore sul versante lucchese del Montemagno, sposa le rape con le salsicce: uno dei prodotti, insieme a molti altri (lardo, pancetta, prosciutti, salami aromatiizzati e non…), di una secolare tradizione in materia di lavorazione delle carni di maiale ben presente ai bongustai di tutta Italia e anche oltre.
Padellata di rape e salsicce
4 salsicce; 1 chilo di rape; 3 spicchi d’aglio; olio, sale, pepe quanto basta.
Passa le rape per circa 10 minuti nell’acqua bollente. In una padella scalda un goccio d’olio e aggiungi le salsicce di Gombitelli ridotte a pezzetti. Cuocile a fuoco medio per almeno 10 minuti: per evitare di bruciare la salsiccia fai magari ricorso a un un cucchiaio d’acqua. A questo punto versa l’aglio spezzettato e fai rosolare per 5 minuti. Scola le rape e aggiungile alla padella con le salsicce e fai cuocere a fuoco brioso fino a completa cottura delle salsicce. Servi caldo con pane rustico. Un piatto invernale che dà soddisfazione tutto l’anno.

Luciano Luciani